N. 90 - Giugno 2015
(CXXI)
PASSAGGI REMOTI
LE PORTE SPARITE DELLE MURA SERVIANE - PARTE VI
di Federica Campanelli
Sul
colle
più
meridionale
di
Roma,
l'Aventino
–
compreso
entro
le
mura
già
dal
VI
secolo
a.C.,
ma
escluso
dal
pomerio
fino
al
principato
di
Claudio
(41-54)
–
partendo
da
Sud
e
proseguendo
in
senso
antiorario
si
aprivano
tre
porte:
Naevia,
Raudusculana
e
Lavernalis.
Porta
Naevia
A
Est
del
piccolo
Aventino,
una
delle
due
creste
del
colle,
si
apriva
la
porta
Naevia,
di
cui
non
rimane
alcuna
traccia
ma
che
si
pensa
fosse
collocata
nello
spazio
compreso
tra
largo
Fioritto
e le
basiliche
di
San
Saba
e
Santa
Balbina.
Presso
quest'ultima
è
parzialmente
conservato
un
lungo
tratto
di
cinta
muraria
(50
metri
circa)
in
opera
cementizia,
originariamente
con
paramento
tufaceo
in
opera
quadrata
(quasi
del
tutto
perduto).
Il
nome
della
porta,
come
riporta
Marco
Terenzio
Varrone
nel
libro
V,
cap.
34
del
De
Lingua
Latina,
è
dovuto
alla
sistemazione
della
stessa
in
nemoribus
Naevii,
nei
'boschi
Naevii',
un’area
periferica
in
cui
probabilmente
un
esponente
della
gens
Naevia
vantava
alcuni
possedimenti.
A
essa
giungeva
il
vicus
portae
Naeviae
e ne
usciva
l'antica
via
Ardeatina.
La
fama
della
porta
è
altresì
legata
a un
importante
episodio
dell'assedio
etrusco
di
Roma
intrapreso
da
Lars
Porsenna
in
seguito
al
rovesciamento
della
monarchia.
Nel
508
a.C.
(secondo
anno
della
Repubblica)
i
Romani
guidati
dai
consoli
Publio
Valerio
Publicola
e
Tito
Lucrezio
Tricipitino
tesero
una
violenta
imboscata
agli
Etruschi
assedianti.
Tito
Lucrezio,
appostato
a
Sud,
insieme
ad
alcuni
legionari
organizzati
in
manipoli,
sferrò
l'attacco
proprio
attraverso
la
porta
Naevia.
Scrive
Tito
Livio
in
Ab
Urbe
condita,
libro
II,
11:
"[...]
Consulum
alter
T.
Lucretius
porta
Naevia
cum
aliquot
manipulus
militum
egressus.;
ipse
Valerius
Caelio
monte
cohortes
delectas
educit,
hique
primi
apparuere
hosti.
Herminius
[Tito
Erminio
Aquilino]
ubi
tumultum
sensit,
concurrit
ex
insidiis,
versisque
in
Lucretium
etruscic
terga
caedit;
dextra
laevaque,
hinc
a
porta
Collina,
illinc
ab
Naevia,
redditus
clamor;
ita
caesi
in
medio
praedatores,
neque
ad
pugnam
viribus
pares
et
ad
fugam
saeptis
omnibus
viis.
Finisque
ille
tam
effuse
evagandi
Etruscis
fuit".
"Dei
due
consoli T.
Lucrezio uscì
dalla porta
Nevia con
alcuni
manipoli,
mentre
Valerio
guidò
personalmente
sul
monte Celio delle
truppe
scelte
che
per
prime
sarebbero
state
viste
dal
nemico.
Appena
Erminio
capì
che
lo
scontro
era
iniziato,
uscì
dal
suo
nascondiglio
e
piombò
sulle
retrovie
degli
Etruschi
che
invece
erano
rivolti
nella
direzione
di
Lucrezio.
A
sinistra
dalla
porta
Collina,
e a
destra
da
quella
Nevia,
gli
rispose
un
coro
di
voci:
i
predatori
furono
circondati
e
fatti
a
pezzi,
inferiori
com'erano
di
numero
ai
Romani
e
oltretutto
tagliati
fuori
da
ogni
possibile
ritirata.
Questo
episodio
segnò
la
fine
delle
scorribande
etrusche".
Porta
Raudusculana
La
porta
Raudusculana,
a
Ovest
della
precedente,
si
apriva
tra
piccolo
e
grande
Aventino,
nell'attuale
piazza
Albania,
dove
è
altresì
presente
uno
dei
settori
più
ampi
e di
certo
attraenti
delle
mura.
Qui
il
muro,
un
tempo
dotato
di
terrapieno,
ha
una
lunghezza
di
circa
40
metri,
un'altezza
di 8
e
uno
spessore
di
4,25.
L'interno
è in
opera
cementizia,
mentre
il
paramento
è in
opera
quadrata
con
blocchi
di
tufo
perlopiù
di
Grotta
Oscura.
Di
questo
tratto
si
apprezza
soprattutto
l'arco
a
tutto
sesto
in
conci
radiali
– di
certo
l'opera
di
un
intervento
di
ricostruzione
compiuto
nel
I
secolo
a.C.
–
oggi
a
estradosso
quasi
del
tutto
nudo,
interpretato
come
apertura
di
una
camera
per
la
balistica.
.
Mura
serviane
in
piazza
Albania
Parallela
a
piazza
Albania
corre
via
di
Sant'Anselmo,
da
dove
è
possibile
osservare
l'altro
versante
della
porzione
di
cinta
muraria
sopra
descritta;
risalendo
la
via,
all'incrocio
con
via
dei
Decii,
è
visibile
un
altro
tratto
di
mura,
lungo
quanto
il
precedente,
costruito
totalmente
in
tufo
di
Grotta
Oscura.
.
Mura
serviane
in
via
di
Sant'Anselmo
Della
porta
Raudusculana,
tuttavia,
non
v'è
traccia
archeologica,
ma
sappiamo
che
il
suo
nome
deriva
dal
sostantivo
raudus,
traducibile
come
'pezzo
di
bronzo
non
lavorato',
'bronzo
grezzo',
così
come
suggerisce
Varrone
(De
Lingua
Latina,
L IV,
34),
ma
anche
lo
storico
Valerio
Massimo
(Factorum
et
dictorum
memorabilium,
L V,
6),
il
poeta
Festo
e
Aurelio
Vittore.
In
accordo
tra
loro
sulla
radice
etimologica
raudus
(talvolta
rodus),
questi
si
riferiscono
alla
porta
chiamandola,
rispettivamente,
Rauduscula,
Raudusculana,
Roduscolana
e
Rudusculanae,
in
probabile
riferimento
a
un'effige
bronzea
posta
sulla
porta
in
commemorazione
del
pretore
Genucio
Cippo
(III
secolo
a.C.).
Il
vico
uscente
dalla
porta
andava
immediatamente
a
congiungersi
con
la
via
Ostiensis,
che
anticamente
si
originava
dalla
porta
Trigemina,
tra
Aventino
e
Palatino.
Porta
Lavernalis
Sul
grande
Aventino
si
apriva
infine
la
porta
Lavernalis,
che
si
suole
collocare
poco
a
Sud
della
chiesa
di
Sant'Anselmo
all'Aventino.
L'appellativo
deriverebbe
dalla
vicinanza
della
porta
al
boschetto
sacro
e
all'ara
dedicati
alla
dea
Laverna
("Hinc
Lavernalis
ab
ara
Lavernae,
quod
ibi
ara
eius",
scrive
Varrone),
antica
divinità
ctonia
dalle
oscure
origini,
poi
tramandata
alla
storia
principalmente
come
protettrice
dei
ladri,
dei
furti
e
degli
inganni.
Link
Parte
I
Link
Parte
II
Link
Parte
III
Link
Parte
IV
Link
Parte
V