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ANTICA


N. 89 - Maggio 2015 (CXX)

PASSAGGI REMOTI
LE PORTE SPARITE DELLE MURA SERVIANE - PARTE V

di Federica Campanelli

 

Dalla porta Celimontana le mura dovevano proseguire lungo il declivio sud-occidentale del colle Celio; tuttavia, non è stata possibile l'identificazione dell'esatto tracciato murario per mancanza di testimonianze archeologiche emergenti dall'area in questione.

 

 

Porta Capena

 

Nella piana compresa tra i colli Celio e Aventino, nel corso di una campagna di scavi avviata nel 1868 (poi ripresa in più fasi fino al 1877) dal ricercatore inglese John Henry Parker, sono stati rinvenuti i resti di alcune interessanti costruzioni pertinenti all'antica cinta muraria, più sistemi di acquedotti, e alla collocazione della porta Capena.

 

L'area era occupata dal vasto orto del monastero di San Gregorio al Celio (VIII-XVIII secolo) dove, fino alla seconda metà dell'Ottocento, era visibile un gruppo di fabbricati un tempo adibito ad abitazione del vignaiolo dell'orto e deposito di merci. Ancora evidente è il rudere di quella che era la dimora del vignaiolo: una torretta quadrangolare di 5,65 x 5,25 metri addossata a un piccolo vano di 5,80 x 2,15 metri. Sottostante la torretta vi era la cantina, e a ridosso il fienile. Proprio nella zona occupata da queste costruzioni si svolsero gli scavi ottocenteschi del Parker. Tra i mesi di maggio e agosto del 1868 gli scavi portarono alla luce, oltre che le tracce di più acquedotti, un muraglione in tufo largo 3,60 metri circa e due lastricati stradali sovrapposti (perpendicolari rispetto l'asse murario), riemersi uno a 6 metri di profondità e l'altro a 3,65.

 

Si ritiene che quei basolati corrispondano alla via Appia, evidentemente ripresa in più fasi. Dalla sua presenza s'ipotizzò che porta Capena dovesse trovarsi in quel punto e che da essa, quindi, iniziasse l'Appia antica. Il Parker, allora, volle far coincidere la cantina sottostante la torre-abitazione del vignaiolo con una delle due torri laterali della porta urbica. L'ipotesi è che sopra le rovine dell'antica porta Capena si sia installato quel complesso di edifici medievali pertinenti all'orto monastico. 

 

Le indagini degli anni a venire portarono a nuovi ritrovamenti che si rivelarono fondamentali per la ricostruzione sia della porta sia dell'antico tracciato delle mura e degli acquedotti precedentemente scavati. Nel 1969, dagli scavi effettuati a ovest dell'abitazione del vignaiolo, riemersero ulteriori tracce della cinta muraria e degli acquedotti e nel '71, stavolta a Est della torretta-abitazione, fu rinvenuto un secondo fornice della porta.

 

 

Il nome della porta si fa risalire al termine Camenae, ossia arcaiche divinità acquatiche protettrici della terra, dei nascituri, dell'arte poetica. L'area appena trattata era in antichità riconosciuta come sacra per la presenza della Fons Camenarum, la Fonte delle Camene (ne è un ricordo il toponimo "Valle delle Camene" riferito al percorso parallelo a viale delle Terme di Caracalla). Da qui si deduce che porta Capena esistesse già in età arcaica.

 

Alla porta è legato un episodio leggendario dell'epoca di Tullo Ostilio (VII secolo a.C.). Protagonisti sono i tre celebri fratelli romani Orazi, che in nome di Roma e al fine di decretare il destino della città di Alba Longa duellarono con gli albani Curiazi. Narra Livio che presso la porta Capena Publio Orazio, unico sopravvissuto allo scontro, incappò nella propria sorella in lacrime e disperata per la perdita del suo promesso, uno dei Curiazi. Risentito della reazione della sorella, l'Orazio la uccise e per questo fu processato... e assolto.  

 

"[...] Alla testata dei Romani marciava Orazio col suo triplice bottino [i tre corpi dei Curiazi, n.d.a.]. Di fronte alla porta Capena gli andò incontro sua sorella, ancora nubile, che era stata promessa in sposa a uno dei Curiazi. Appena riconobbe alle spalle del fratello la mantella militare del fidanzato che lei stessa aveva confezionato, si sciolse i capelli e in lacrime ripeté sommessamente il nome del caduto. Il suo pianto, proprio nel momento del tripudio, irrita l'animo del giovane impetuoso che, estratta la spada, trafigge la ragazza [...]" (Livio, Ab Urbe condita, I, 26).

 

Sempre dalle parole di Livio emerge un altro interessante aspetto di porta Capena. Presso di essa, infatti, era la sede di uno dei senacula di Roma, spazi adibiti ad assemblee "straordinarie" del Senato. Del ruolo di senaculum della porta scrive lo storico latino:

 

"I consoli si divisero tra loro gli eserciti. A Fabio [Quinto Fabio Massimo, n.d.a.] toccò quello di Teano [...] a Sempronio [Tiberio Sempronio Gracco] gli schiavi, che erano colà, e venticinquemila soci. Al pretorio Marco Valerio furono assegnate le legioni che sarebbero tornate dalla Sicilia [...]. I consoli decretarono poi che quando avrebbero convocato il Senato si adunassero presso la porta Capena i senatori e quelli che in Senato avevano diritto di parola. I pretori a cui era affidata l'amministrazione della giustizia posero i loro tribunali presso la piscina pubblica" (Livio, Ab Urbe condita, XXIII, 32).

 

Livio si riferisce ai provvedimenti militari adottati a fronte del crescente successo di Annibale nel Sud della penisola, dove molti centri cittadini alleati di Roma, avendo il comandante punico trionfato nella Battaglia di Canne (216 a.C.),  disertarono e passarono dalla "parte del nemico".

 

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