N. 4 - Settembre 2005
LA
TOMBA FRANÇOIS.
UNA GUIDA, V
Il
grande affresco iliaco
di
Antonio Montesanti
IL
SACRIFICIO DEI PRIGIONIERI TROIANI
(TRUIALS,
ACHLE, CHARUN, VANTH, HINTHIAL PATRUCLES, ACHMENRUN,
AIVAS TLAMUNUS, AIVAS VILATAS)
Il
doppio pannello di Nestore e Fenice è direttamente
ricollegabile al lungo pannello del sacrificio dei
prigionieri troiani: Fenice, su ordine di Nestore,
viene inviato con un’ambasceria per placare Achille
furioso poiché Agamennone gli aveva tolto Briseide
concessa come bottino di guerra in un primo momento.
L’eroe avrebbe voluto vendicarsi immediatamente
uccidendo il capo supremo degli Achei e l’avrebbe
fatto se non fosse intervenuta sotto mentite spoglie
Atena a placarlo. Per questo attenderà senza
combattere nella sua tenda furioso, per farlo
desistere dalla sua ira Nestore propone nell’Assemblea
dei Principi (Il. IX, 162 ss.) di inviare un drappello
di uomini perché ritorni a combattere. Questo è
probabilmente l’atto rappresentato sul doppio pannello
speculare: Nestore invia dunque un gruppo di persone
alla tenda del Pelide e "Che Fenice, il preferito di
Zeus, vada per primo come comandante!".
Se
questa intermediazione fosse andata a buon fine e si
fosse placata l’ira di Achille e questo fosse tornato
a battersi contro i Troiani si sarebbe evitata la
morte di Patroclo.
Zeus
lascia che vincano i Troiani e che Patroclo
spacciandosi per Achille, coperto dalle sue armi,
affronti Ettore in duello. L’armatura troppo grande e
scomoda impedisce i movimenti e per questo viene
facilmente battuto e ucciso dal principe troiano, che
lo spoglia delle armi. Una volta ottenute le nuove
armi forgiate da Efesto, Achille (ACHLE) affronta e
sconfigge Ettore, facendone scempio del corpo, e
cattura una moltitudine di prigionieri troiani (TRUIALS),
dodici dei quali vengono sacrificati durante i giochi
in onore di Patroclo. Questo assiste, come entità
astratta, come ombra (INTHIAL PATRUCLES), con un
mantello azzurro, è fasciato dalla benda mortuaria che
dovrebbe coprire, all’altezza del petto, la ferita
provocata da Ettore, appoggiata alla sua gamba
sinistra un clipeo ‘fiorato’ di grandi dimensioni.
Alla
sua destra e all’estrema sinistra si trova il re
Agamennone (ACHMENRUN) di Micene, “pastore di popoli”,
appoggiata alla spalla e parallela al corpo tiene una
lancia porta l’himation bianco con una
bordatura porpora. Di carnagione molto scura, porta la
barba e i capelli lunghi sulle spalle ed osserva la
scena centrale. Il dio etrusco dei morti Caronte (CHARUN)
assiste e presiede all’uccisione di un prigioniero
troiano (TRUIALS) da parte di Achille (ACHLE).
Caronte ha la carnagione blu, il colore dei morti: il
volto con il pizzo arricciato, sopracciglia irsute,
naso aquilino, digrigna i denti, le orecchie e il
copricapo a punta tenuto da una goliera ben serrato.
Nelle mani, ed appoggiato sulla spalla, tiene ben
stretto il lungo martello. Questo è l’attrezzo con il
quale da il colpo di grazia agli uomini trascinandoli
di fatto negli inferi. Indossa una cortissima veste
smanicata che copre il busto ed una lunga sottoveste
che ne copre le gambe: la prima di color rosso vivo
presenta delle decorazioni sul bordo a tondi bianchi
su striscia marrone ed in mezzo al corpo tondelli
sullo stesso stile; la seconda invece di colore
arancio presenta una semplice bordatura porpora.
Achille (ACHLE) chinato in avanti sta sgozzando un
prigioniero troiano (TRUIALS) seduto davanti al suo
piede sinistro, tenendolo per i capelli. È ancora
vestito da battaglia con la corazza anatomica, che
copre il corto chitone, gli schinieri e i parabraccia.
Gli occhi vuoti trasmettono odio e vendetta, la cui
personificazione Vanth è alle sue spalle. La
divinità infernale femminile alata lo guida
nell’azione, indossa un lungo chitone rosso e porta
sul polso destro un bracciale a forma di serpente come
Persefone.
A
destra della scena sacrificale si appropinquano i due
Aiace: Telamonio (AIVAS TLAMNUS) e Oileo (AIVAS
VILATAS). Sono molto simili, benché il primo molto più
grande di statura: provvisti di corazza, lancia, spada
e schinieri, forse da parata. Telamonio indossa un
elmo con lungo cimiero. Spesso ricordati insieme
nell’Iliade, conducono legati altri due prigionieri
troiani (TRUIALS) ambedue simili, con le mani legate
dietro la schiena, l’atteggiamento sommesso e le cosce
ferite e grondanti di sangue. Il destino dei
prigionieri si legge nei loro atteggiamenti, i quali,
avviliti, vengono condotti al sacrificio rassegnati
nello spirito e nei corpi feriti.
Il
pittore, o l’officina pittorica, nell’ultimo
prigioniero di sinistra condotto da Aiace Oileo si è
proteso in uno splendido virtuosismo stilistico che va
necessariamente analizzato.
Il
prigioniero sulla parete contigua è rappresentato con
le gambe e la testa di profilo e il corpo frontale,
trascinato per i capelli dal locrese, ha le mani
legate dietro la schiena e un laccio intorno al collo
che termina nella stessa mano sinistra di Aiace. Il
capo è reclinato in avanti, mentre lo sguardo basso è
perso, con rassegnazione, nel vuoto. La scena termina
con un clipeo disegnato a metà.
La
nuova e splendida tecnica pittorica, presente solo
accennatamene su alcuni soggetti del fregio
animalistico e su poche altre figure dei pannelli,
viene estremizzata e sfruttata su tutto il personaggio
rendendo estremamente reale il soggetto tramite il
gioco del chiaroscuro.
I
contorni sono seguiti da due linee una rossa scura
nelle parti esposte alla luce, ed una nera che rimarca
quella color cinabro, nelle zone d’ombra. Il corpo ha
una base rosata, sulla quale si stagliano pennellate
color ocra rosso che seguono la forma dei muscoli. La
luce che colpisce il corpo è resa, per la prima volta
con il bianco. Ancora più virtuosistica appare la
riproduzione del volto, perfetta nei lineamenti del
naso delle labbra dell’orecchio, del collo e della
mandibola; nel gioco delle luci e delle ombre, il naso
gli zigomi e le guance più chiare, il contorno delle
labbra degli occhi e lo scuro della fronte e delle
occhiaie che rendono l’espressività degli occhi ancora
più profonda. Splendido e quasi attuale il particolare
della basetta che scende fino all’angolo della
mascella resa con una tecnica puntinata decisamente
adatta e perfetta.
L’intera scena mitica è ‘etruscamente’ tratta da
quattro versi, simili a due a due, dell’Iliade (Il.
XXIII, 175-176; 181-182), in cui Achille sacrifica 12
prigionieri sulla pira sulla quale sta bruciando la
salma di Patroclo il quale, apparso in sogno sotto
forma di ombra (o spettro), gli aveva esplicitamente
chiesto "Anche dodici figli dei nobili Teucri, /
straziati col bronzo; che cose atroci pensava" ("Anche
dodici nobili figli dei Teucri magnanimi,/ che insieme
con tè il fuoco divorerà tutti"). Questa scena colpì
molto l’immaginario etrusco, ricorrendo in altre nove
raffigurazioni su vasi, ciste e sarcofagi, al
contrario dei greci che la rappresentarono solo una
volta sul vaso apulo del Pittore di Dario, in cui è
possibile scorgere subito la differenza più
significativa la presenza su questa, della pira chiave
e motivo della rappresentazione.
Il
confronto più simile invece è dato anche dalla più
antica versione pervenuta: il bassorilievo di un
sarcofago dipinto proveniente da Tarquinia, importato
e scolpito in una bottega dell’isola di Paro,
appartenete a Laris Partunu e conosciuto come
"sarcofago del sacerdote”.
L’unica differenza sostanziale tra le due scene è data
dalla disposizione delle figure che si ripetono
sistematicamente. Benché simili la datazione
“ufficiale” dei due capolavori presenta un lasso
temporale di almeno 20 anni se non quaranta, essendo
datato il sarcofago al 350 a.C. mentre le pitture di
Vulci al 330-310 a.C. ca., giustificato comunque dalla
mancanza dei chiaroscuri sulla fronte del marmo pario.
L’allaccio storico più plausibile sembra nell’episodio
svoltosi nel 358 a.C. nel foro di Tarquinia, durante
il quale furono eseguite le condanne arbitrarie di
trecentosette prigionieri romani, durante la guerra
che la città etrusca aveva mosso contro Roma e dalla
quale ne uscirà sconfitta.
La
lettura più accettata a tutt’oggi è quella che vede
una trasposizione dei Troiani con i Romani, loro
discendenti, in base all’evento storico e la fine
degli stessi, con la caduta della città da parte dei
Greci, identificati con gli etruschi.
Proprio per questo motivo si è pensato che l’episodio
storico abbia avuto una sua esemplificazione grafica
in un cartone da cui presero spunto e modello gli
artisti a seguire.
Come
abbiamo visto i pannelli della Tomba sono tra loro in
stretta connessione e il pannello lungo si raffronta,
rispecchia e si lega con il pannello ad esso
prospiciente.
Le foto sono tratte dal libro "La Tomba François di
Vulci" a cura di Francesco Buranelli, Edizioni Quasar
1987 e dai siti
www.canino.info
e
http://spazioinwind.libero.it/popoli_antichi
Vedi
anche:
LA
TOMBA FRANÇOIS. UNA GUIDA, IV
-
I pannelli con affreschi a soggetto mitico |