N. 2 - Luglio 2005
LA TOMBA FRANÇOIS. UNA GUIDA, I
La necropoli di Ponte
Rotto
di
Antonio Montesanti
A
pochi mesi dalla conclusione della mostra “EROI
ETRUSCHI E MITI GRECI gli affreschi della Tomba
François tornano a Vulci”, viene proposto un resoconto
che possa aiutare coloro che vogliono approfondire e
“rivedere” la tomba dagli occhi di chi ha visto lo
splendore di quel monumento. La mostra è nata da una
idea il Professor Bernard Andreae e della
Soprintendente per i Beni Archeologici dell’Etruria
Meridionale, Anna Maria Moretti, con il Bucerius Kunst
Forum di Amburgo. La città tedesca è stata la prima ad
ospitare la mostra: "Gli Etruschi. Lusso per l’Aldilà.
Immagini della vita, immagini della morte" (12
Febbraio - 16 Maggio 2004), nella quale i visitatori,
hanno potuto ammirare l’intero ciclo pittorico dei
dipinti della più celebre tra le tombe etrusche, la
Tomba François di Vulci, accuratamente restaurato per
la circostanza.
Dalla Germania sarebbe dovuto giungere a Roma a Villa
Poniatowsky, depandances di Villa Giulia del
Polo Museale Etrusco. Ma, “per motivi contingenti”,
questo progetto non si è potuto realizzare.
Come accade spesso le cose migliori nascono dalla
necessità: era doveroso quindi restituire il ciclo
pittorico al luogo di provenienza. L’esposizione nel
Castello della Badia, sede del Museo Archeologico di
Vulci (Canino, VT), si è protratta per quasi un anno
ricollegando virtualmente le pitture al luogo del
monumento di origine, la Tomba dei Saties, che era
possibile visitare subito dopo, la visione degli
affreschi.
L’itinerario e la visita alla Tomba François o Tomba
dei Saties erano così suddivisi: Castello della
Badia 1a) Padiglione nel cortile – Affreschi: pannelli
figurati, decorazione a meandri, fregio animalistico,
1b) Museo – Frammenti di stucchi intonaco recuperati
nel 1930 dipinti decorativi, rilievo di Charun;
2) Luogo della Tomba – dromos, ingresso, tomba
arcaica, tomba classica, camere di deposizione,
stucchi; 3) Area della Città di Vulci.
Nella mostra, la Tomba François era stata ricostruita
tramite un supporto ligneo delle stesse misure e della
stessa forma della camera sepolcrale principale, nelle
pareti innalzate a grandezza originale sono stati
inseriti i diciotto pannelli autentici, appositamente
restaurati per l’occasione. Solo in questo modo i
visitatori hanno potuto rivivere il momento della
scoperta della tomba.
Il
sepolcreto orientale, probabilmente il più famoso di
Vulci, a cui appartiene la Tomba François è noto con
il toponimo di "Ponte Rotto". A sua volta la necropoli
è la parte più marginale di una enorme macchia
mediterranea e denominata genericamente Mandrione di
Cavalupo. Le prime tracce di frequentazione risalgono
alla fine del VII sec. a.C., ma la fase di maggiore
frequentazione si ha in epoca tardo-classica ed
ellenistica.
La
sovrapposizione idrogeologica orizzontale d’accumulo
calcareo, che degrada a valle, proviene dai Monti di
Canino, in questa sono state scavate le tombe ed è
ricoperta in superficie da un sottile strato di
humus che non consente la crescita di alberi ad
alto fusto.
Questo tipo di stratificazione calcarea, erosa nel
corso dei secoli dal corso del Fiora, ha permesso la
regolarizzazione e la gradinatura del costone tramite
interventi complessi.
Nella parte medio alta del colle si aprono dromoi
e portali di un gran numero di complessi ipogei
aristocratici di età ellenistica. Qui trovano posto
anche fondazioni di alcuni tempietti votivi, assumendo
in antico un assetto “teatrale” sul quale impostare la
meravigliosa scenografia funeraria etrusca, tramite
l’impressione che se ne doveva avere osservandola
dalla parte più orientale del pianoro urbano con il
quale era collegata con la strada che passava dalla
Porta Est e si addentrava nell’interno verso
Regisvillae – Ferento.
A
memoria, i primi scavi dell’area furono eseguiti tra
il 1828 e il 1830 da Luciano Bonaparte a cui subentrò
dal 1830 la vedova di lui, Alexandrine, principessa di
Canino.
Nel 1845 viene scoperta una serie di sepolcri già
depredati in antico, tra i quali una tomba a camera
con all’interno una splendida quadriga con i corpi dei
cavalli e due cani. Il rituale, riconosciuto in altri
attigui di tradizione greco-orientale riporta ad un
personaggio di alto rango di età tardo arcaica.
Un
nuovo importante ritrovamento si registra un anno
dopo, nel secondo gradone della necropoli: si trattava
la tomba dei Tetnies, a fianco di quella dei
Tutes, nella quale si rinvennero due celebri
sarcofagi bisomi, uno in nenfro e l’altro, più tardo,
in alabastro, che recavano sul coperchio una coppia di
sposi abbracciati confluiti nelle collezioni del
Fine Arts Museum di Boston. Dal 1853 gli
scavi proseguirono sotto la guida di Wolfgang Helbig e
tra il 1879 e il 1883 di Francesco Marcelliani.
Le
indagini si concentrarono tra la sponda del Fiora e la
strada basolata dove vennero individuate una tomba a
tre camere che, nei pressi della tomba dei Tutes,
restituì, un sarcofago con cassa decorata con corteo
magistratuale, oggi al Ny Carlsberg Museum di
Copenhagen; un tempietto votivo dedicato al culto
dionisiaco al quale si ricollega il complesso di
terrecotte architettoniche acquisite dal Museo di
Firenze, databili nella prima metà del III sec. a.C.;
nei pressi del naos si rinvennero una serie
multipla di sepolture, a camera, ad incinerazione, a
camera complessa e cippi inscritti pertinenti ad esse.
Dal 1890 Stéphane Gsell condusse una serie di ricerche
sistematiche. L’opera dell’archeologo francese si
concentrò nell’area di Ponte Rotto con una serie di
interventi di restauro e consolidamento che
interessarono i tre più imponenti ipogei della
necropoli: la tomba dei Tutes o dei Sarcofagi,
dei Tarnas o dei Tori e dei Tetnies o
dei Due Ingressi.
Questi sepolcri, riportano fasi e procedure analoghe
nell’organizzazione planimetrica, come la Tomba dei
Tarnas, dei Tutes e del Pronao, ambedue con
la presenza di un vasto ambiente a T rovesciata,
identico alla camera principale della Tomba François e
ad essa coeve. Elementi peculiari sintattici riportano
ad una condizione gentilizia come la cura nella
scultura dei soffitti, le tracce di pittura che ornano
le pareti e le banchine funerarie, le sculture
zoo-antropomorfe e soprattutto la saturazione numerica
di sarcofagi. Negli anni 1923-4 Goffredo Bendinelli
individua numerosi resti di sculture e cippi funerari
e nuovi ipogei tra cui la Tomba dell’Arco e del Fico.
Solo tre anni più tardi Raniero Mengarelli ed Ugo
Ferraguti conducono ricerche metodiche e scientifiche
con risultati notevoli per la conoscenza topografica
della necropoli che portò al rinvenimento di nuove ed
importanti strutture funerarie: la Tomba delle Due
Anticamere, di età tardo repubblicana, e il Gruppo di
Cinque Tombe a Camera. Nel 1957 viene rinvenuta la
Tomba dei Prusnais o delle Iscrizioni nella
quale spicca il pregevole sarcofago con scene di
Amazzonomachia e, soprattutto, la serie ingente di
iscrizioni. Due anni più tardi s’identificano e
scavano due nuovi sepolcri: la Tomba del Delfino e
quella dei Due Atri.
Il
lusso funerario della metà del IV sec. a.C., viene
confermato dalla decorazione della banchina funeraria,
che rappresenta stoffe colorate cadenti oltre che pure
dallo sfarzo del corredo. La necropoli di Ponte Rotto
in questo periodo rappresenta l’apice della ricchezza
funeraria aristocratica vulcente. Delle decine di
tombe rinvenuti in quasi due secoli di scavi, sono
oggi visibili solo alcune, dove primeggia su tutte la
Tomba François.
Le foto sono tratte dal libro "La Tomba François di
Vulci" a cura di Francesco Buranelli, Edizioni Quasar
1987 e dai siti
www.canino.info
e
http://spazioinwind.libero.it/popoli_antichi
Vedi
anche:
LA TOMBA
FRANÇOIS. UNA GUIDA, II
-
Protagonisti dello scavo e personaggi
nel sepolcro |