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N. 20 - Gennaio 2007

SULL'IDEA DI UNITA' EUROPEA PRIMA DEL NOVECENTO

Da Dante allo scoppio della I guerra mondiale

di Matteo Liberti

 

Il travagliato processo che dovrebbe portare, un giorno, ad una completa unificazione europea, ha avuto un concreto inizio solo dopo la tragedia della seconda guerra mondiale, ma senza dubbio le sue radici storiche sono assai più lunghe e profonde.

 

Fin dall'antichità, l'Europa fu in effetti intesa non solo come una pura espressione di ordine geografico, ma anche come un patrimonio comune, al quale veniva spesso associata l'idea di libertà e di democrazia, volutamente in contrapposizione col mondo asiatico visto come dispotico e tirannico. L'idea di una vera e propria unità europea ha invece radici più corte: la sua nascita può forse far risalire alla pubblicazione del De Monarchia di Dante Alighieri, elaborato tra il 1310 ed il 1313. Li vi si immagina un’autorità imperiale capace di limitare l’autonomia dei vari regni, imponendo loro una pacifica coesistenza e collaborazione.

 

Durante il XVI e XVII secolo, la prospettiva europea iniziò poi ad allargarsi, anche stimolata dal nuovo confronto con i costumi e le tradizioni dei popoli del continente americano. Il dibattito si articolò spesso attorno ad alcuni progetti puramente utopistici, come quelli di Tommaso Moro (Utopia, 1516) o di William Penn (Saggio sulla pace presente e futura dell’Europa, 1693), ma si affermò in quel periodo, con l'opera di Ugo Grozio De jure belli ac pacis (1625), il nuovo concetto del diritto delle genti come superiore alla logica della mera ragion di stato.

 

In linea di massima la ricerca di un ideale europeo (e quella di una unità europea) ebbe quale principale caratteristica l’esigenza di poter fornire una risposta adeguata al problema che, tra la fine del medioevo e l’età moderna, veniva posto dalla formazione degli Stati Sovrani. Gli stati nazionali che si andarono formando verso la fine del XV secolo continuarono ad accrescere il proprio potere, mentre la Chiesa, ultimo baluardo extra-nazionale, anche a causa della corruzione e dei conflitti interni, continuava a perdere progressivamente il suo. Particolarmente dopo la Riforma protestante, l'Europa venne così attraversata da una serie di lotte dove mire politiche e giustificazioni di stampo religioso si mescolavano di continuo.

 

La costruzione della sovranità statale assoluta segnò in effetti la definitiva crisi delle antiche autorità universali riconosciute nella Chiesa e nell'Impero, permettendo il superamento della vecchia anarchia feudale, ma dando vita ad una nuova situazione di latente anarchia internazionale.

 

Il sistema dell’equilibrio tra stati, se da una parte riuscì ad impedire che i tentativi egemonici di singoli stati potessero avere buon fine, dall’altra non riuscì ad evitare il protrarsi di guerre periodiche, producendo piuttosto un rafforzamento della potenza militare ed una crescita della sua importanza.

L’idea dell’unità europea, proponendo il superamento dell’anarchia internazionale e la limitazione delle sovranità statali assolute, avrebbe dovuto contenere la risposta a questo problema.

 

La prima formulazione di una federazione europea la si trova nel Settecento in Francia, con l'abate di Saint-Pierre e il suo Projet de traité pour rendre la paix perpetuelle en Europe (1712-1717). Di tenore ancora prevalentemente filosofico, questo progetto fu ripreso da Rousseau nel 1756 e soprattutto da Kant, nell'opera Zum Ewigen Frieden (Per la pace perpetua, 1795). Un progetto di stato federale vero e proprio fu invece steso dall'americano E.J. Hamilton.

 

Nell'opera di Kant si percepisce con chiarezza che il pieno sviluppo di regimi liberal-democratici era destinato a scontrarsi con il principio del primato della sicurezza esterna dello stato rispetto a tutte le altre esigenze. In breve, con la ragion di stato. La pace perpetua implicava proprio lo sradicamento dell’anarchia internazionale attraverso l’unificazione dei popoli europei.

 

Dopo il congresso di Vienna (1815), l'apice della passione europeistica fu raggiunto nel 1848, testimoniato dal fiorire di molti giornali e riviste che già nel titolo si presentavano come europei. Tra i principali esponenti dell’europeismo ottocentesco ci furono Saint Simon, Mazzini, Cattaneo e Robert Seeley; quest'ultimo tenne nel 1871 una conferenza sul tema Gli Stati Uniti d’Europa, in cui, riprendendo il discorso di Kant, lo integrava con alcune proprie osservazioni. Innanzitutto l’unificazione europea veniva presentata come l’unica valida risposta alle esigenze della rivoluzione industriale, meglio padroneggiabile da stati di dimensione continentale, come gli Stati Uniti d’America o la Russia, conseguentemente si indicava nella costituzione federale americana il sistema politico ideale per poter conciliare, anche nel continente europeo, efficienza e democrazia.

 

Sul finire del XIX secolo, però, le aspirazioni alla realizzazione di una unità europea dovevano per forza di cose fare i conti con le guerre scatenate dalle politiche imperialiste (1880-1914), nonché col dibattito sulla decadenza della civiltà occidentale, di cui sono emblematiche le opere di Nietzsche e di Oswald Spengler, che pubblicò nel 1918, a Monaco, il suo tramonto dell'Occidente. I fattori di divisione e di conflittualità far gli europei, sia sul piano politico che su quello spirituale, si andavano poi acutizzando a causa del diffondersi dell'ideologia nazionale, la quale voleva rappresentare le moderne nazioni come comunità di sangue tendenzialmente inconciliabili tra loro.

L'idea di una comunanza culturale europea entrò presto in crisi.

 

Lo sbocco di questo processo involutivo fu, con le parole di Sergio Pistone, la "nuova guerra civile europea dei trent'anni".

E' anche vero, però, che se l'epoca delle guerre mondiali rappresentò lo sbocco di un processo connesso all'affermarsi di nazionalismi contrapposti, fu anche l'inevitabile incubatrice del processo di unificazione europea, avente come premessa drammaticamente necessaria la definitiva crisi del sistema europeo degli stati.

Il sistema europeo aveva già vissuto in età moderna alcune gravi crisi scatenate dalle mire egemoniche dei suoi stati più potenti, dalla Spagna di Carlo V alla Francia di Napoleone, le quali si conclusero però, ogni volta, con il ristabilimento di un equilibrio, seppur precario...

 

La prima e la seconda guerra mondiale rientreranno in questo filo conduttore di periodiche crisi egemoniche tra stati sovrani, ma ne segneranno anche l'inevitabile, drammatica conclusione.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Dehio L., Equilibrio o egemonia, Il Mulino, Bologna 1988

Sergio Pistone, L'integrazione europea. Uno schizzo. UTET Libreria, Torino 1999

Altiero Spinelli, Il Manifesto di Ventotene, Il mulino, 1991

http://europa.eu.int/abc/history/index_it.htm

http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_d'Europa

http://www.pbmstoria.it/dizionari/storiografia/lemmi/139.htm

 



 

 

 

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