N. 23 - Aprile 2007
STALIN E LA CHIESA ORTODOSSA DURANTE LA
SECONDA GUERRA MONDIALE
La pacificazione "bellica"
di
Stefano
De Luca
La Chiesa ortodossa
costituiva per i dirigenti sovietici l’ostacolo
principale a causa del suo antico e profondo
radicamento tra la popolazione, e venne combattuta con
estrema durezza fino al 1941.
Le finalità della nuova
‘religione’ (il comunismo) e, più tardi, del nuovo
‘dio’ (Stalin), molto più materiali, erano in
contrasto con quelle della Chiesa ortodossa e delle
altre confessioni religiose.
Nel 1940 Stalin, per
motivare il popolo russo a battersi con tutte le forze
contro l’invasore nazista, non fece leva sui valori
del comunismo, ma su quelli della Russia. Il primo
interlocutore fu per lui la Chiesa ortodossa.
Il popolo non avrebbe
combattuto volentieri per il comunismo, ma lo avrebbe
fatto per difendere la patria in pericolo.
La Chiesa ortodossa,
capace di mobilitare un numero altissimo di cittadini,
venne ‘resuscitata’ da Stalin per convogliarne le
rinnovate energie contro la follia hitleriana.
Stalin, per ottenere
l’appoggio degli ortodossi nella guerra ‘patriottica’,
dichiarò che “fin dai tempi più remoti il popolo russo
è pervaso di sentimento religioso.
La Chiesa, dopo l’avvio
delle operazioni militari contro la Germania, si è
mostrata nella sua luce migliore […] il Partito non
può più privare il popolo delle sue chiese e della
libertà di coscienza”.
Così, nel 1943 fu permessa
l’elezione di un nuovo Patriarca, il metropolita di
Leningrado Aleksij, e venne rimessa in moto l’intera
vita della Chiesa ortodossa, che tornò al suo livello
pre-rivoluzionario.
“Il prezzo che la Chiesa
dovette pagare per la tolleranza relativa di cui
beneficiò prima dell’era Chruščëv”, spiega Dimitrij
Pospelovskij, “fu il suo sostegno totale alla politica
estera sovietica, attraverso la partecipazione a
riunioni internazionali o l’organizzazione di riunioni
ecclesiastiche nel corso delle quali i suoi
rappresentanti dovevano proclamare che il governo
sovietico conduceva una politica autenticamente
pacifica, e dovevano condannare gli Stati Uniti e gli
altri Paesi occidentali”.
Con l’arrivo al potere di
Chruščëv, e poi ancor più con Breznev, la condizione
della Chiesa ortodossa russa peggiorò a tal punto che
molti ecclesiastici e fedeli entrarono in aperto
dissenso col Partito.
Cominciò
un nuovo braccio di ferro che si concluse solo dopo la
caduta del muro di Berlino e il crollo dell’Urss.
Riferimenti
bibliografici:
Roberto Morozzo della Rocca, Le chiese ortodosse.
Una storia contemporanea
Dimitrij Pospelovskij, L’Ėglise sous le régime
soviétique |