N. 26 - Luglio 2007
QUI PARLA
MOSCA
Nikolaij
Arzak, il "disgelo" e l'eredità staliniana
di
Stefano De Luca
Nel
1962 la rivista parigina degli esuli polacchi
Kultura, pubblicò l’opera dello scrittore
Nikolaij Arzak (pseudonimo di Julij Daniel’)
intitolata Qui parla Mosca, giunta
dall’Unione Sovietica attraverso Hélène
Pellettier-Zamoiska, docente della facoltà di Lettere
di Tolosa e moglie di un polacco.
In
Occidente ci si chiedeva se il racconto potesse essere
considerato solo come il frutto della fantasia
dell’autore, o rivelasse invece degli aspetti ignorati
della realtà sovietica. Per avere una risposta
esaustiva si dovettero attendere appena tre anni, fino
al processo in Unione Sovietica che avrebbe coinvolto
l’autore, accusato per il presunto carattere eversivo
delle sue opere.
Nel
romanzo di Aržak il protagonista, Tolija, viene a
conoscenza assieme ad un gruppo di amici, ascoltando
la radio, che il PCUS ha indetto per il 10 agosto 1960
una giornata di pubblici omicidi. Tutti i cittadini
con più di 16 anni di età avevano la libertà, durante
quella giornata, di uccidere chiunque, eccezion fatta
per i militari. Il fine della giornata era educativo.
I
diversi riferimenti nel romanzo al 1937, ed il fatto
che l’opera sia ambientata nel 1960, fanno immaginare
che l’autore intendesse mettere in relazione il
presente chrusceviano con il periodo del terrore
staliniano.
Ciò
che sorprende è il popolo, “che reagisce a questo
provvedimento con una nascosta indifferenza ed il
solito entusiasmo ufficiale”, come notò lucidamente il
curatore dell’edizione francese del romanzo, il
fuoriuscito russo Boris Filippov.
Il 10
agosto Tolija decise di non barricarsi dentro casa, ma
di scendere in strada per osservare il comportamento
della gente.
Dopo
aver visto il corpo di un uomo appena ucciso, si
diresse verso la Piazza Rossa e proprio qui venne
aggredito da un altro individuo, dal quale riuscì a
liberarsi dopo una scazzottata.
La
narrazione prosegue fino al giorno dei festeggiamenti
per l’anniversario della Rivoluzione d’ottobre, che
Tolija stava trascorrendo in casa con gli stessi amici
con cui aveva appreso la notizia della giornata dei
pubblici omicidi.
L’atmosfera non sembrava minimamente turbata da quanto
successo appena pochi mesi prima, anche se poco dopo
la discussione si incentrò su quanto accaduto il 10
agosto.
“Era
la prima volta, dal giorno consacrato dell’omicidio
pubblico, che io sentivo parlare dell’accaduto”, dirà
infatti Tolija, al quale spesso capitava di pensare
che, vista l’indifferenza della gente, il suo fosse
stato soltanto un sogno.
Filippov sosteneva che Arzak avesse inteso
“rappresentare dal vivo, con esattezza e vivacità, la
realtà sovietica” degli anni del ‘disgelo’. Un’Unione
Sovietica, quella di Chruscev, incapace di attuare una
vera operazione di discontinuità netta con un passato
– quello del Terrore staliniano - che si preferiva
ignorare per l’incapacità di condannarlo a testa alta
e schiena dritta.
Tolija sembra molto diverso dai propri concittadini,
come a dire che la rinascita spirituale fosse, a quei
tempi, pertinenza di pochi individui “illuminati” dal
coraggio della verità. |