N. 30 - Novembre 2007
LA
NASCITA DELLA QUESTIONE ROMANA
Roma capitale e la
Legge delle Guarentigie
di
Matteo Liberti
Dopo la difficoltosa
nascita del Regno d’Italia, la
questione dell’unità nazionale era però
ancora lontana dall’essere risolta.
La problematica più urgente
riguardava la città di Roma, futura capitale
del Regno, ma ancora in mano pontificia.
A far propria la questione fu
soprattutto il Partito d’Azione, che nel 1867
organizzò una importante spedizione per tentare di
forzare il blocco delle truppe pontificie,
nei pressi di Villa Glori. Il tentativo
rimase però senza successo.
A difesa della città di Roma, lo
Stato Pontificio era anche supportato dalle
truppe francesi: furono queste ultime a bloccare sul
nascere un tentativo di Garibaldi, che aveva
radunato un piccolo esercito di volontari presso
Monterotondo.
La battaglia in questione si svolse a
Mentana.
Mentre i rapporti tra Italia e
Francia si facevano sempre più tesi, la soluzione
venne dal contemporaneo conflitto tra la stessa
Francia e la Prussia.
Al termine di questo, Napoleone
III, sconfitto, ritirò i presidi francesi,
liberando il terreno ai tentativi di impossessarsi
di Roma.
Per il neonato Stato italiano la fine del potere di
Napoleone III significava infatti la caduta
definitiva di quei legami diplomatici che
ostacolavano l'annessione di Roma, particolarmente
la Convenzione di Settembre.
Firmata nel 1864, questo accordo impegnava il
Regno d’Italia a garantire l'autonomia dello Stato
Pontificio, oltre ad includere il trasferimento
della capitale da Torino a Firenze.
Ma
ora non
vi erano più sovrani stranieri ad aiutare il Papa (Pio
IX).
Nel settembre del 1870 il re
Vittorio Emanuele II inviò una lettera al
pontefice pubblicizzando le sue intenzioni pacifiche
ed il desiderio di trovare un accordo. All’ennesimo
rifiuto seguì però una nuova invasione dei confini
pontifici.
Al comando delle truppe italiane vi
era il generale Raffaele Cadorna (partecipava
alla spedizione anche il figlio Luigi, futuro
Capo di Stato Maggiore dell’esercito italiano).
Il 20 settembre 1870 veniva
aperta una breccia presso Porta Pia, e
l’esercito italiano entrava a Roma.
Con un plebiscito, a distanza
di un mese, veniva suggellata l’unione di Roma e
dello Stato Pontificio al Regno d’Italia.
Il Papa si ritirava definitivamente
in Vaticano.
Un anno dopo il Parlamento nazionale
di riunirà per la prima volta a Roma, avendo però
già approvato la famosa Legge delle
Guarentigie (garanzie offerte al Papa), una
regolamentazione dei rapporti tra lo Stato italiano
ed il Vaticano che non verrà però accettata dalla
controparte.
Pio IX rimase sempre
ostile alla legge, invitando addirittura i cittadini
cattolici (con il Decreto del non expedit) a
non partecipare alla vita politica italiana.
In maniera quindi
unilaterale, veniva stabilito che la Chiesa romana
poteva mantenere la sovranità territoriale sulle sue
proprietà, costituendo uno Stato indipendente
secondo il modello libera Chiesa in libero
Stato.
Ma la questione non
era del tutto risolta: molte polemiche sarebbero
rimaste nell'aria, risolte in parte dai Patti
lateranensi firmati da Mussolini nel 1929,
ma ancora oggi vive nel rapporto tra Italia e
Vaticano. |