N. 10 - Marzo 2006
I PROTOCOLLI DEI
SAVI ANZIANI DI SION
La strategia ebraica
per la conquista del mondo
di
Andrea Laruffa
.
Nei primi anni del Novecento iniziò a circolare in
Europa un misterioso e controverso libro dal titolo “I
Protocolli dei Savi Anziani di Sion”. Al suo
interno veniva descritto con precisione il piano di
conquista del mondo da parte della comunità ebraica,
che si sarebbe dovuto realizzare attraverso il
controllo dei punti nevralgici delle moderne società
occidentali, quali la finanza, la stampa, l’economia,
gli eserciti militari, la morale e la cultura.
“Infiltrati come quinta colonna gigantesca nelle
società cristiane gli ebrei lavorano a corromperne la
fibra morale, pervertirne le tradizioni, distruggerne
l’economia e sovvertirne le istituzioni. Banchieri,
intellettuali, artisti, giornalisti, politici
obbediscono a uno stesso disegno e si preparano a
raccogliere il frutto del complotto”. Le parole di
Sergio Romano spiegano in maniera molto chiara quelli
che erano gli obiettivi di questa di società segreta e
i mezzi tramite i quali si sarebbero dovuti
realizzare.
Il libro è stato ripreso per giustificare molte delle
azioni antisemitiche messe in atto nel corso del
nostro secolo. Dai pogrom russi ai lager nazisti, fino
alle più recenti manifestazioni di odio nei paesi
mediorientali, i Protocolli sono stati spesso
impugnati dagli antisemiti per fomentare il disprezzo
nei confronti del popolo ebraico. Tanto per
intenderci, Hitler nel suo “Mein Kampf”, fa
ricorso a questo documento per legittimare
l’eliminazione, anche fisica, degli ebrei.
Nel 1921, un giornalista del Times pubblicò un
articolo nel quale dimostrava che i “Protocolli dei
Savi Anziani di Sion” costituivano in realtà un
falso, redatto dalla ‘Okhrana’, la polizia segreta
zarista, che si era servita, cambiandone il contesto,
di un libello satirico dal titolo “Dialogue aux
enfers entre Machiavel et Montesquieu” (“Dialoghi
all’inferno tra Machiavelli e Montesquieu”), scritto
dal francese Maurice Joly per attaccare le mire
espansionistiche di Napoleone II. Tutto ciò non fece
che accrescere l’interesse attorno al documento che,
nonostante l’articolo apparso sul quotidiano inglese,
è stato, ed è tuttora, usato per screditare il popolo
ebraico dinanzi all’opinione pubblica mondiale. Sono
in molti, infatti, coloro che ancora oggi sostengono
che il documento sia ‘vero’. Questo rappresenta
indubbiamente un fatto su cui riflettere, soprattutto
alla luce degli ultimi avvenimenti internazionali.
Il dibattito attorno ai Protocolli dunque oggi
non verte tanto sull’autenticità del documento (che
effettivamente è esistito, tanto da essere tradotto in
quasi tutte le lingue del mondo), quanto sulla sua
veridicità, sul fatto cioè che il suo contenuto sia
realmente il piano di conquista del mondo ideato e
redatto da parte di una società segreta capeggiata da
rabbini in tale anno e in tale luogo. Nonostante la
maggior parte degli esperti è unanime oggi nel
definire i Protocolli un ‘falso’, c’è ancora
chi sostiene che in realtà non solo il documento sia
veritiero, ma che proprio in questi anni esso stia
trovando l’apice della sua applicazione concreta. La
questione è quindi molto delicata.
Da
una parte si è scoperto che i Protocolli hanno
sicuramente attinto gran parte del suo contenuto da un
precedente libello satirico, oltre che da altri
documenti antisemiti; dall’altra c’è la sconcertante
constatazione che alcuni punti preconizzati nei
Protocolli siano oggigiorno talmente vicini alla
realtà da far sorgere in alcuni almeno il dubbio che
qualcosa di ‘vero’ al suo interno ci sia. Ma cerchiamo
di capire meglio cosa sono e da dove provengono i
Protocolli dei Savi Anziani di Sion.
La fonte originale dei Protocolli è, come già
detto, un pamphlet satirico francese di Maurice Joly
del 1864 (“Dialoghi all’Inferno tra Machiavelli e
Montesquieu”, che traeva ispirazione da un
precedente romanzo di Eugene Sue, “I Misteri del
Popolo”, nel quale si parlava di un immaginario
complotto per sovvertire l’ordine mondiale. Tuttavia
in nessuno di questi due testi vengono menzionati gli
ebrei. Il libro di Joly fu proibito in Francia e
ripubblicato qualche tempo dopo in Belgio.
Nel 1868 Hermann Goedsche, antisemita tedesco e spia
per conto della polizia segreta di Prussia, incluse
alcune parti del libello di Joly nel suo “Biarritz”,
scritto sotto lo pseudonimo di “Sir John Retcliffe”.
Nel capitolo “Il cimitero ebraico a Praga e il
Consiglio dei Rappresentanti delle Dodici Tribù di
Israele”, inventò una un’assemblea di rabbini che
si riunisce una volta ogni cent’anni per pianificare
una sovversiva cospirazione ebraica. Il libro fu
tradotto anche in russo, e proprio in Russia trovò la
sua massima diffusione.
La polizia segreta imperiale dello zar, l’ “Ochrama”,
in seguito all’assassinio di Alessandro II, sfruttò
infatti il libro di Goedsche per screditare
quei
riformatori liberali e quei rivoluzionari che stavano
rapidamente guadagnandosi il sostegno popolare, in
particolare tra le minoranze oppresse come gli Ebrei
russi. Il testo fu impugnato dai reazionari e dalle
forze zariste capeggiate da Nicola II che, spaventati
come detto dal crescente emergere del movimento
rivoluzionario e progressista, diedero vita alla prima
versione dei Protocolli, che furono pubblicati
a puntate, nel 1903, sul quotidiano di San Pietroburgo
La Bandiera.
Il
contenuto dei documenti costituiva il pretesto ideale
per mettere a segno quella serie di violenze e
sopraffazioni conosciute con il nome di “pogrom”, e
accreditare contemporaneamente la colpa del crescente
malcontento ad una immaginaria cospirazione ebraica.
Ma il testo era destinato ad assumere contorni ancora
più ampi, che giungono fino ai giorno nostri.
Nel 1905, infatti, Sergej Nilus, un prete mistico
antisemita, pubblicò i Protocolli, nella loro
versione integrale, come appendice ad un suo libro dal
titolo “Il Grande nel Piccolo: la venuta
dell'Anticristo ed il Regno di Satana sulla Terra”,
nel quale sosteneva che il documento era il risultato
degli incontri dei “savi anziani di Sion” avvenuti fra
il 1902 e il 1903. Contemporaneamente emersero i primi
dubbi circa la veridicità di quanto sosteneva Nilius,
dal momento che quest’ultimo disse di essere entrato
in possesso dei documenti nel 1901.
Dalle parole di Nilus: “Nel
1901, tramite un mio conoscente riuscii a procurarmi
un manoscritto che rivelava con insolita perfezione e
chiarezza il corso e lo sviluppo del complotto segreto
giudeo-massonico che avrebbe dovuto condurre questo
mondo malvagio alla sua fine inevitabile. La persona
che mi consegnò questo manoscritto mi aveva garantito
che si trattava di una traduzione fedele dei documenti
originali rubati da una donna ad uno dei più
importanti ed influenti leader massonici durante un
incontro segreto in Francia – il beneamato nido del
complotto massonico”.
Ciò non poteva essere possibile dal momento che Nilus
sosteneva di essere entrato in possesso dei resoconti
delle riunioni prima che le riunioni stesse, a detta
dell’ autore, erano avvenute.
Fu
istituita da parte del neo-eletto presidente del
Consiglio dei Ministri russo Pyotor Stolypin
un’indagine per verificare se effettivamente il
documento di Nilus corrispondeva o meno alla realtà
dei fatti. L’indagine tuttavia fece emergere l’inganno
( il fatto che i Protocolli erano stati
abilmente redatti dai servizi segreti), e indusse lo
Zar Nicola II a ordinare il ritiro immediato del libro
dalla circolazione, in quanto “una buona causa non
può essere difesa con mezzi sporchi”. Nonostante
il divieto, come spesso accade per i testi ‘proibiti’,
le ristampe dei Protocolli iniziarono a
diffondersi a macchia d’olio, non solo in Russia ma in
tutta l’Europa e successivamente anche negli Stati
Uniti.
In
un anno, nel 1920 esattamente, solo in Inghilterra
andarono esaurite cinque edizioni del libro, mentre
dall’altra parte dell’Atlantico il magnate Henry Ford
ne finanziò la pubblicazione per 500.000 copie,
citando spesso il testo come una prova di un’ipotetica
minaccia ebraica (“L'unica
affermazione che mi interessa fare a proposito dei
Protocolli è che essi si accordano perfettamente con
ciò che sta succedendo nel mondo. Hanno sedici anni di
vita e spiegano perfettamente gli avvenimenti accaduti
fino ad ora”).
Nel 1921, l’intera storia dei Protocolli fu
ricostruita da Lucien Wolf e ripresa dal quotidiano
inglese Times, che definiva il testo un “falso
letterario” (“A literary forgery”). Nello
stesso anno, un libro che documentava per intero il
broglio fu pubblicato negli Stati Uniti da Hermann
Bernstein. Ma nonostante le prove della falsificazione
e la dettagliata demolizione di tutto il contenuto del
libello, i Protocolli dei Savi Anziani di Sion
continuarono ad essere considerati dagli antisemiti di
tutto il mondo come una prova importante e attendibile
della volontà di un ribaltamento dell’ordine mondiale
da parte del popolo ebraico.
Siamo tutti a conoscenza di ciò che la Storia ci ha
insegnato riguardo le persecuzioni a cui sono stati
sottoposti gli ebrei in questo secolo. E’ inutile
stare a ricordare i lager nazisti, i pogrom russi e le
leggi antisemitiche promulgate durante la dittatura
fascista. Ciò che in questo contesto è utile tuttavia
sottolineare è come questo documento, definito dai più
come un ‘falso’, sia tutt’oggi ritenuto veritiero e
attendibile da molte persone, e proprio per questo
utilizzato impropriamente per giustificare odio e
violenza nei confronti del popolo ebraico.
E’
importante ricordare che il padiglione iraniano della
Fiera del Libro di Francoforte del 2005 (e questa
ancora non è Storia) aveva in esposizione una copia
dei Protocolli, così come è importante
ricordare che in Arabia Saudita, i testi scolastici
ancora oggi trattano questo documento come un “fatto
storico”, o ancora che Hamas (da poco alla guida della
Palestina) fa riferimento esplicito nel suo Statuto ai
Protocolli, considerandoli autentici (“Il
piano sionista è senza limiti. Dopo la Palestina, i
sionisti aspirano ad espandersi dal Nilo all'Eufrate.
Quando avranno sistemato la regione, essi
ripartiranno, aspireranno a ulteriori espansioni e
così via. Il loro piano è contenuto nei Protocolli dei
savi di Sion e la loro attuale condotta è la miglior
prova di ciò che diciamo”).
Per lo stesso motivo, è importante sottolineare che
l’Autorità Nazionale Palestinese (l’ANP) ha
frequentemente usato i Protocolli nei media e nelle
scuole sotto il suo controllo e alcuni accademici
palestinesi hanno presentato il falso documento come
un complotto sul quale è basato il Sionismo, o che il
25 gennaio del 2001 il quotidiano ufficiale dell'ANP,
Al-Hayat al-Jadida, ha citato i Protocolli
nella sua pagina dedicata alla “Educazione politica
nazionale” per spiegare la politica odierna di
Israele.
Evidentemente la realtà non è uguale per tutti. C’è
sempre chi chiude un occhio su ciò che non vuole
vedere. Come ho detto ad inizio articolo, oggi non si
dibatte più sul fatto dell’autenticità dei
Protocolli dei Savi Anziani di Sion, un documento
che per quanto ‘falso’ è tuttavia esistito, quanto
sulla ‘veridicità’ delle sue affermazioni. Ciò è di
estrema importanza, anche se, in un periodo di
tensione ideologico-religiosa come è il nostro
attuale, preoccupa, più che i dibattiti sulla sua
veridicità, il fatto che questo testo stia conoscendo
in molte parti del mondo una “seconda giovinezza”. |