Osman Kavala, l’attivista e
filantropo turco, è stato condannato
alla fine di questo mese
all’ergastolo aggravato dalla
Tredicesima Corte Penale di
Giustizia di Istanbul alla fine di
aprile 2022. Il dissidente turco è
stato giudicato senza sentenza di
condanna, dopo oltre quattro anni
di detenzione preventiva, dal
novembre 2017, per un totale di
1.637 giorni.
Il sessantaquattrenne Osman Kavala,
nato a Parigi e formatosi nel Regno
Unito, è il fondatore di Anadolu
Kültür, un'organizzazione che
promuove la diversità, la cultura e
i diritti umani. Il
lungo calvario
legale
del dissidente è diventato il
simbolo di una spietata repressione
da parte di Recep Tayyip
Erdoğan
nei confronti di esponenti
dell'opposizione, dissidenti e altri
nemici percepiti come tali.
La sentenza che lo ha condannato
all’ergastolo aggravato è senz’altro
politica, una delle più dure inferte
a un dissidente in Turchia durante i
lunghi ventidue anni con
Erdoğan
al potere. Tra il 22 e 25 aprile il
tribunale è stato gremito di
parenti, tra i quali la moglie di
Kavala, Ayse Bugra, una docente
universitaria, di amici, di
giornalisti, di membri
dell’opposizione e di osservatori
internazionali, tra i quali molti
diplomatici occidentali, mentre
all’esterno una folla di
manifestanti protestava contro
l’ingiusta sentenza. Lunedì 25
aprile, a seguito della lettura
della sentenza, mentre gli imputati
erano riportati in carcere e i loro
sostenitori crollavano in lacrime,
dentro e fuori l’aula è stato
invocato il nome della piazza dove
sono iniziate le proteste di Gezi: "Taksim
è ovunque"; si sono levati canti con
il refrain "La resistenza è
ovunque".
In una dichiarazione dai toni
decisamente accesi il portavoce del
Dipartimento di Stato degli Stati
Uniti, Ned Price, ha enunciato in
modo schietto che il suo Paese è
"profondamente turbato e deluso
dalla decisione del tribunale" e ha
definito la condanna di Kavala
"ingiusta", esortando il governo
turco a cessare la pratica illegale
dei procedimenti giudiziari a sfondo
politico e a rispettare i diritti e
le libertà di tutti i cittadini
turchi, chiedendo ancora una volta
il rilascio di Osman Kavala.
La decisione del tribunale è
arrivata mentre il governo del
presidente
Erdoğan
sta cercando di ricucire i rapporti
con gli alleati della NATO dopo anni
di tensioni, anche agendo come
mediatore tra Russia e Ucraina e
adottando misure modeste per
arginare il flusso di materiale
militare verso Mosca. Il verdetto ha
coinciso anche con la visita del
Segretario Generale delle Nazioni
Unite António Guterres in Turchia,
nell'ambito degli sforzi di
pacificazione incentrati
sull'Ucraina.
Il caso Kavala ha sempre suscitato
una forte reazione in Occidente. Lo
scorso anno, per esempio, la Turchia
ha minacciato di espellere dieci
ambasciatori stranieri, tra i quali
anche quello statunitense, dopo che
le loro ambasciate avevano firmato
una lettera che chiedeva il rilascio
di Kavala, scatenando una breve
crisi diplomatica.
A inizio 2022 il Consiglio d’Europa
ha deciso di avviare una procedura
di violazione per la Turchia,
proprio in riferimento al mancato
rilascio di Kavala dopo la sentenza
della Cedu. La sentenza della Corte
europea dei diritti dell'uomo
("Corte CEDU") del 10 dicembre 2019
nel caso Kavala contro Turchia
(28749/18), divenuta definitiva l'11
maggio 2020, in cui
la Corte europea dei diritti
dell'uomo ha dichiarato che non
c'erano prove sufficienti che avesse
commesso un reato e che il suo
arresto era un tentativo di
"metterlo a tacere e dissuadere
altri difensori dei diritti umani".
La sentenza
chiedeva l’immediato rilascio di
Kavala ed è stata ignorata dal
governo e dalla magistratura in
Turchia. Il 5 maggio 2022 il
Parlamento Europeo di Strasburgo ha
adottato una risoluzione sul caso
Kavala
(2022/2656
- RSP)
per ribadire con forza il rilascio
del filantropo turco.
Non soltanto Osman Kavala è stato
condannato, per altri sette
attivisti di Anadolu Kültür,
Mücella Yapıcı, Çiğdem Mater, Hakan
Altınay, Mine Özerden, Can Atalay,
Yiğit Ali Ekmekçi e Tayfun Kahraman
la corte turca ha stabilito che
debbano scontare diciotto anni di
detenzione
per aver preso parte al crimine.
Le accuse riguardano nello specifico
le proteste del parco di Gezi a
Istanbul del 2013 e al fallito
tentativo di colpo di Stato del
2016. Osman Kavala è stato assolto
dalla condanna di aver organizzato
le proteste del parco di Gezi, ma
subito dopo di nuovo arrestato per
il fallito golpe del 2016. Dopo le
purghe che il governo ha messo in
atto come reazione al colpo di
Stato, decine di migliaia di persone
sono state imprigionate o hanno
perso il lavoro, in particolar modo
intellettuali, giornalisti e
professori di scuola o di
università. Questo mese Osman Kavala
è stato processato di nuovo per
entrambi i capi d'accusa. L’unica
accusa da cui è stato scagionato è
stata quella di spionaggio, per
insufficienza di prove.
Attualmente del gruppo di dissidenti
condannati a fine aprile, le donne
sono rinchiuse nel penitenziario di
Bakırköy, mentre gli uomini si
trovano nel carcere di
Silivri, entrambi in provincia di
Istanbul.
Kavala ha negato tutte le accuse che
gli sono state imputate, anche
quella di essere un agente del
miliardario statunitense di origine
ungherese George Soros. Il
dissidente turco ha incolpato con
coraggio il governo di "omicidio
giudiziario". Per lui l’ergastolo
aggravato significa restare in
isolamento e senza possibilità di
ottenere un rilascio anticipato, se
non dietro grazia del presidente
della Turchia.
In un lungo discorso alla corte,
pronunciato venerdì 25 aprile, alla
fine del processo, in collegamento
video dalla prigione di Silivri,
Kavala ha descritto nei dettagli il
suo lungo viaggio attraverso il
sistema legale turco, tra arresti,
speranze di rilascio deluse, altri
arresti e ciò che, a suo dire, è
sempre stato segno che il governo
corrotto in Turchia tiene in pugno
il potere giudiziario:
Il 25 aprile 2022, alcuni
concittadini che abbracciano i
principi democratici e amano il loro
Paese sono stati condannati per
mezzo della magistratura. Come
affermato nell'opinione di dissenso
di uno dei giudici del collegio
giudicante, questa decisione si basa
su prove raccolte illegalmente che
non danno adito a ragionevoli dubbi
sul fatto che sia stato commesso un
reato. Pertanto, la decisione è
arbitraria e presa in violazione
delle norme legali sotto pressione
politica.
Si è cercato di giustificare la
decisione del tribunale con le
dichiarazioni che sostengono che io
sia supportato da Soros. È un dato
di fatto che non ho organizzato le
proteste di Gezi. È inutile
collegare Soros, o qualsiasi altro
attore esterno, al fatto che
centinaia di migliaia di nostri
concittadini sono scesi in piazza
contro pratiche antidemocratiche con
un senso di giustizia, chiedendo
libertà. Il processo di Gezi ha
svelato lo stato del sistema
giudiziario, mettendo ulteriormente
in luce il grande pericolo
rappresentato per i cittadini dalla
manipolazione del sistema
giudiziario in questi termini.
L'assalto ai diritti umani e allo
Stato di diritto perpetrato dal
governo Erdoğan è continuato durante
la pandemia di Covid-19 e ai nostri
giorni, in cui l’attenzione
internazionale è focalizzata sul
conflitto tra Russia e Ucraina. Il
Partito per la Giustizia e lo
Sviluppo (AKP) del presidente e un
partito alleato di estrema destra
godono di una maggioranza
parlamentare che consente loro di
consolidare il governo autoritario
approvando leggi lampo che violano
gli obblighi internazionali in
materia di diritti umani. I partiti
di opposizione rimangono emarginati
dal sistema presidenziale turco e il
governo ha rimodellato le
istituzioni pubbliche e statali per
eliminare i controlli sul potere e
garantire benefici ai propri
sostenitori, nonostante
l'opposizione politica controlli le
municipalità di Istanbul e Ankara.
L'interferenza dell'esecutivo nel
sistema giudiziario e nelle
decisioni giudiziarie è un problema
radicato, che si riflette nella
pratica sistematica delle autorità
di detenere, perseguire e
condannare, con accuse di terrorismo
e di altro genere, persone che il
governo Erdoğan considera critiche o
oppositori politici, come nel caso
Kavala.
Come sottolineato dalla Commissione
per i Diritti Umani del Consiglio
d’Europa nel 2020, in piena
pandemia, le autorità turche devono
ripristinare l'indipendenza
giudiziaria e smettere di prendere
di mira e mettere a tacere i
difensori dei diritti umani.
Ricordiamo che la Turchia si è
ritirata nel luglio 2021 dalla
Convenzione del Consiglio d'Europa
sulla prevenzione e la lotta alla
violenza contro le donne e la
violenza domestica, nota come
Convenzione di Istanbul. Tale gesto
ha segnato un'importante inversione
di tendenza per i diritti delle
donne.
Le violazioni dei diritti umani sono
all’ordine del giorno, a causa di
un regime autoritario e fortemente
centralizzato che ha fatto regredire
di decenni la situazione dei diritti
umani in Turchia, prendendo di mira
i critici del governo e gli
oppositori politici, minando
profondamente l'indipendenza del
sistema giudiziario e svuotando le
istituzioni democratiche. Sono le
figure di spicco come quella di
Osman Kavala che lottano da anni
come Davide contro Golia, affinché
la voce del dissenso non resti
inascoltata in Patria e all’estero.