N. 17 - Ottobre 2006
LA
PRINCIPESSA COMBATTENTE
Storia di
Noor, nobile in ogni senso, agente speciale
contro i nazisti
di
Alessia Ghisi Migliari
.
Non è semplice tradurre il suo nome.
Luce della femminilità, più o meno, perché certe
parole hanno significati profondi che non è semplice
rendere. Noor, luce della femminilità.
Suo padre, un leader della comunità Sufti, le consentì
di nascere col titolo di principessa, e quindi portò
anche il titolo onorifico della nobiltà, Khan.
Noor Inayat Khan nacque il primo giorno dell’anno
1914, presso la corte della Russia prerivoluzionaria,
da quello che era dunque un aristocratico genitore, e
da un’americana.
Le si prospetteva giusto innanzi, lei ora così
sconosciuta, una vita magnifica ed esotica – e in un
certo senso lo fu, purtroppo.
Cresciuta a Londra, prima del trasferimento a Parigi,
le fotografie ce la raccontano di una bellezza senza
tempo, riconosciuta allora e riconoscibile oggi.
Di alto rango e di notevole aspetto – quando si dice
la fortuna.
Colori ovviamente scuri, sguardo profondo, labbra
piene, anima poetica.
Non era esuberante nè chiassosa, nel suo presentarsi,
malgrado la sua figura, così insolita per gli europei.
Timida, riservata, con una profonda passione per la
musica, i suoi biografi parlano di lei come di una
giovane che è vissuta con “un ritmo differente” da
quello dei suoi coetanei.
Rimasta senza padre appena entrata nell’adolescenza,
riempie il suo presente di talmente tante cose, che si
fa fatica a ricordarle : studia arpa e piano, compone,
si laurea alla Sorbona in psicologia infantile, gira
l’Europa (spesso con l’amato fratello Vilayat) facendo
la giornalista free lance, scrive note favole e fiabe
per bimbi (un suo libro fu pubblicato nel 1939) e
stava progettando una rivista per i più piccoli,
quando la guerrà ebbe inizio.
E la guerra non sopporta d’essere ignorata, di non
stravolgere le esistenze.
Una persona così, una fonte di intraprendenza
paradossalmente gentile e silenziosa, un’amante
appassionata di quello stile occidentale che ormai
possedeva, non poteva semplicemente fermarsi e
attendere.
Frequenta un corso per infermiere, e, con
l’avvicinarsi dei nazisti, si trasferisce con la
famiglia, arrivando in Inghilterra, appena
ventiseienne. Mentre suo fratello entra nella RAF, lei
diviene parte della WAAF, la forza ausiliaria composta
da donne.
La nostra principessa indiana non può accettare la
violenza, è contraria al suo credo, e teme dunque di
non fare una buona impressione, di non poter essere
utile, in un tempo simile, visto il suo rifiuto di
utilizzare armi.
Ma un capitano lungimirante, Jepson, fa presente che
agli scopi bellici è utile anche una telegrafista, e
si prospetta la possibilità di recarsi nella Francia
occupata, con enormi rischi di cattura e tortura.
E così avviene l’ingresso di Noor (che, anche per
semplicità, si fa chiamare Nora), in quella che è
l’assai poco nota SOE, dove viene istruita e preparata
alle sue mansioni.
La SOE (Special Operations Executive) , i cui membri
venivano anche appellati come “gli irregolari di Baker
street” era un’organizzazione fortemente voluta da
Churchill, per affrontare la guerra al di là dei
soliti enti.
Aveva dunque un che di segreto, una sorta di
“accozzaglia” di aristocratici stravaganti e
“manovalanza” senza tante regole, che, coi suoi
personaggi eterogenei, riuscì a permettere ai
partigiani francesi di continuare la loro battaglia,
frenò l’avanzata dei tedeschi e via dicendo –
utilissima e senza gloria, in poche parole. Solo i
suoi operatori diretti erano circa diecimila, e fra
loro, una graziosa e appartata principessa indiana con
un acuto senso del dolore e un terribile senso del
sacrificio.
Non ancora terminato il suo corso – c’era un pò di
fretta, a causa della Storia – Noor, essendo rapida ed
efficiente, è paracadutata nei pressi di Angers, con
l’identità di signorina Regnier, bambinaia.
Arriva affamata a Parigi, conosce il telegrafista
Gilbert Norman, suo ‘collega’, inizia a trasmettere da
varie parti della città per Radio Aurore, al servizio
della Resistenza francese.
Ignara di tecniche precise ed esperte, talvolta è
ingenua, nei suoi comportamenti, me sempre abbastanza
in gamba da evitare i numerosi arresti che fanno sì
che lei sia una delle poche a rimanere libera a lungo.
Ma la Gestapo arriva.
La trova con le prove della sua attività sovversiva,
la imprigiona per cinque settimane, blocca i suoi
tentativi di fuga, la interroga senza ottenere nulla.
Il 16 giugno 1943 era arrivata nel Paese, ad ottobre è
nelle mani naziste.
E dopo il frustrato nulla di fatto dei solerti figli
di Hitler, viene imprigionata, incatenata mani e piedi
(tra loro), incapace di qualunque movimento, isolata
dagli altri, considerata pericolosa.
E merita Dachau.
Il 13 settembre 1944, Noor (che aveva dichiarato di
chiamarsi Nora Baker, per non mettere in situazioni
complicate i suoi familiari in Francia) viene fucilata
a Dachau, in ginocchio, con un colpo alla nuca.
Nel 1949 verrà insignita della prestigiosa George
Cross, la massima onorificenza per chi ha combattuto
comunque, anche se non sui campi.
E lei aveva subito torture terribili e una lunga,
inumana incarcerazione.
Ma lì, sul selciato, all’alba, a 30 anni appena,
morendo disse solo una parola, lei che mai aveva amato
ciarlare troppo.
“Libertè” – semplice, famosa, struggente.
Riferimenti bibliografici:
Joffrin L., La spia che non poteva uccidere. Amore
e guerra nella vera storia di Noor, la principessa che
combattè I nazisti, Sonzogno, Milano, 2002; -
http://www.64-baker street.org/agents/agent_fany_noor_inayat_khan.html
http://en.wikipedia.org/wiki/Noor_Inayat_Khan
http://www.spartacus.schoolnet.co.uk/SOEnoor.htm
http://en.wikipedia.org/wiki/Special_Operations_Executive |