N. 28 - Settembre 2007
Il
post-materialismo
Nuovi valori per nuovi movimenti
sociali
di
Stefano De Luca
Secondo Ronald Inglehart l’ondata di protesta iniziata
negli anni Sessanta, è collegata al processo di
mutamento dei valori avvenuto nelle società
occidentali. La lunga fase di crescita economica ha
spostato l’attenzione dai temi del benessere
materiale a quelli relativi allo stile di vita, cioè
verso valori di tipo ‘post-materialisico’.
La tesi di Inglehart, sull’emergere nelle società
occidentali del post-materialismo, si basa su
due presupposti. Il primo sul che esiste una
gerarchia dei bisogni, tale per cui quelli di ordine
elevato, relativi alla crescita intellettuale e
artistica della persona, sono concepibili soltanto
dopo che sono stati soddisfatti quelli di livello
più basso, relativi ad esempio alla sopravvivenza
fisica.
Il secondo è che il momento decisivo per la
socializzazione politica, cioè quando si formano
credenze e valori destinati a sopravvivere nel
tempo, si colloca nel passaggio dalla giovinezza
all’età adulta, e che quindi principi e priorità
acquisiti in quel momento tendono a mantenersi anche
successivamente.
La generazione che è arrivata all’età adulta tra la fine
degli anni Sessanta si differenzia enormemente dalla
generazione precedente. Era una generazione
cresciuta in condizioni di benessere economico,
facile accesso all’istruzione superiore e bassa
esposizione al rischio di una guerra. Queste
condizioni avrebbero gradualmente indebolito valori
di tipo ‘materialistico’, che riflettono
preoccupazioni relative al benessere economico ed
alla sicurezza personale e collettiva, e favorito
l’emergere invece di valori “post-materialistici”.
Questi invece sono orientati verso bisogni di natura
prevalentemente espressiva, come ad esempio
l’auto-realizzazione nella sfera privata e la
democrazia partecipativa.
I mutamenti avvenuti all’interno delle società si possono
riscontrano nei movimenti sociali che si mobilitano
dagli anni Sessanta in poi. I ‘nuovi movimenti
sociali’, come il movimento femminista, quello
studentesco, le lotte urbane, i movimenti legati
alla sessualità, il movimento ecologista, le
proteste anti-istituzionali (giustizia, carceri e
ospedali psichiatrici), le lotte legate ai problemi
della medicina e della salute, presentano delle
grosse novità rispetto ai ‘vecchi’ movimenti che
sino a quel momento erano stati protagonisti delle
mobilitazioni nella società.
Una prima differenza riscontrabile in questi ‘nuovi
movimenti sociali’, è la struttura organizzativa e
i repertori di azione utilizzati nelle proteste.
L’organizzazione dei nuovi movimenti è divenuta più
decentrata, lasciando ampio autonomia alle
componenti di base. Questo è dovuto alla sfiducia
che questa generazione ripone nei confronti di
strutture centralizzate, quali il partito e il
sindacato.
I nuovi movimenti sociali si caratterizzano per l’utilizzo
della partecipazione diretta, e per il rifiuto della
rappresentanza, in quanto quest’ultima tende a
riprodurre tutti quei meccanismi di controllo e di
manipolazione, contro cui il movimento si mobilita.
Il rifiuto della rappresentanza è dovuto al processo
di scolarizzazione, che ha reso questa generazione
meno disponibile alla pratiche di delega e
sottomissione a un ordine istituzionale fortemente
gerarchico.
Si distinguono dai ‘vecchi’ movimenti anche per la
creatività nella messa in scena di forme di protesta
poco istituzionalizzate, come i sit-in o gli
scioperi della fame, che riescono maggiormente ad
attirare l’attenzione dei media. Per conquistare
l’attenzione, infatti i movimenti sociali cercano di
aumentare il potenziale di notiziabilità delle loro
azioni attraverso comportamenti inusuali. Questo
anche perché il ‘successo’ di un movimento dipende
anche dall’attenzione, e dal sostegno che riesce a
creare nell’opinione pubblica.
Altra novità di questi movimenti sociali è legata
all’identità dei loro attori. I movimenti delle
società industriali erano caratterizzati
dall’identità di classe, si parlava infatti di
movimenti che erano espressione di una classe,
soprattutto della classe operaia, o di una categoria
socio-professionale. Gli attori impegnati invece in
questi nuovi movimenti sociali, come i giovani o le
donne, non si identificano più con una particolare
classe sociale.
Questi movimenti mettono in evidenza il passaggio da forme
di azione basate sulla ‘condizione’ a forme di
mobilitazione basate sulla ‘convinzione’, cioè
scarsamente influenzate dalla composizione di classe
o dalla distribuzione del potere politico in una
data società.
I soggetti che maggiormente si impegnano nei nuovi
movimenti sociali, appartengono alla nuova classe
media. Questa è costituita in particolare da settori
di popolazione ad alta qualificazione intellettuale,
tendenzialmente occupati nel settore dei servizi.
L’emergere di questi ‘nuovi movimenti sociali’ è
stato associato a quel processo di mutamento dei
valori che ha investito tutte le società
industriali. Caratterista principale di questi
movimenti sociali, che li differenzia enormemente da
quelli sino a quel momento protagonisti delle
mobilitazioni, è la novità dei valori presenti alla
base delle rivendicazioni.
I
‘vecchi’ movimenti puntavano soprattutto alla
ridistribuzione delle ricchezze ed all’accesso ai
centri decisionali. I nuovi movimenti sociali
rivendicano quell’autonomia della sfera privata che,
soprattutto con l’introduzione del Welfare,
viene sempre di più invasa dalle politiche dello
Stato. Si tratta di movimenti principalmente
orientati verso conflitti di tipo non materiale.
Le loro richieste sono più qualitative: si domanda
una migliore qualità della vita nei suoi aspetti non
economici, si punta all’auto-realizzazione nella
società. Ma c’è da fare una puntualizzazione,
infatti non è che i nuovi
movimenti sociali non abbiano anche obbiettivi
materiali o non cerchino vantaggi nel sistema
politico, ma questi sono secondari rispetto alla
difesa dell’identità di gruppo. C’è una
valorizzazione dei problemi legati all’identità e
alla stima di sé.
Componente importante di questi ‘nuovi movimenti sociali’ è
il rapporto con il sistema politico. Nei movimenti
sociali del periodo 1930-1960, l’obbiettivo
principale era quello di ‘sfidare’ lo Stato per
conquistare il potere politico, mentre ora si cerca
di costruire degli spazi di autonomia dal sistema
politico.
Non è che i movimenti presenti prima dell’ondata
rivoluzionaria della fine anni Sessanta, come quello
operaio o quello delle minoranze etnico-linguistiche,
siano scomparsi ma anzi proprio negli anni Sessanta
e Settanta si è verificata la ripresa di iniziative
da parte di questi attori. E’ più giusto affermare
che i mutamenti avvenuti nelle società moderne hanno
creato delle condizioni favorevoli all’avvento di
nuovi attori, e di forme non tradizionali di tutela
delle identità e degli interessi collettivi, accanto
a quelle più consolidate.
Sul finire del secondo millennio, gli studiosi hanno
cominciato ad indagare gli effetti del cosiddetto
processo di globalizzazione sui movimenti sociali.
L’interdipendenza economica internazionale, le nuove
tecnologie della comunicazione, ed un mutamento
culturale tendente ad una ‘unificazione’ del mondo,
hanno favorito lo sviluppo di movimenti sociali
transnazionali. |