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N. 27 - Agosto 2007

PAVEL LITVINOV

Appello all'opinione pubblica mondiale

di Stefano De Luca

 

Pavel Litvinov, nipote del Commissario del Popolo per gli Affari Esteri dell’Unione Sovietica dal 1930 al 1939 Maksim Litvinov, si poteva considerare un cittadino ‘modello’, fino al giorno in cui avvertì l’esigenza, comune a molti altri intellettuali sovietici in quel periodo, di ‘convertirsi’ e dedicare la propria esistenza alla difesa dei diritti civili, troppo spesso calpestati dalle autorità.

 

Studente universitario della Facoltà di Fisica e “convinto komsomoliano”, Litvinov sostiene di aver perso la propria ‘fede’ nel marxismo “nello scontro con la vita reale”, vale a dire in seguito alla condanna degli scrittori Daniel e Sinjavskij.

 

Il 12 gennaio 1968 - mentre a Mosca era in corso il processo ai dissidenti Ginzburg, Galanskov, Dobrovolskij e Laškova - Pavel Litvinov distribuì ai giornalisti stranieri accreditati che si trovavano fuori dal Tribunale l’Appello all’opinione pubblica mondiale. Il testo, che portava la sua firma e quella di Larisa Bogoraz-Daniel, rilevava come il processo in corso a Mosca si stesse svolgendo “accompagnato dalla violazione delle norme fondamentali del diritto sovietico”.

 

Il processo a loro avviso aveva iniziato a “rassomigliare ad una «caccia alle streghe»” nel momento in cui gli accusati erano riusciti a dimostrare l’infondatezza dei loro capi d’accusa.

 

Il giudice ed il procuratore avevano, secondo i due firmatari, “un’idea di ‘pubblico’ alquanto particolare”.

 

La sala dell’udienza era infatti riempita “da un pubblico imponente: gli agenti del KGB e i miliziani popolari che si trovavano là per creare l’impressione che fosse un’udienza pubblica”. Tale auditorio interveniva molto spesso durante il processo, insultando con veemenza gli accusati. Il giudice, ovviamente, “non fece nulla per impedire tali violazioni dell’ordine”.

 

Le loro richieste erano la concreta “pubblicità dei processi” e la “liberazione degli accusati”, affinché non si ripetessero gli abusi dei “processi degli anni Trenta, quando ci coprimmo di tanta malvagità e versammo così tanto sangue, che ancora oggi non ne siamo del tutto rinvenuti”.

 

L’Appello era rivolto “all’opinione pubblica mondiale nel suo insieme, ed in primo luogo a quella sovietica”. Per raggiungere i loro concittadini, Pavel Litvinov e Larisa Bogoraz-Daniel’ si rivolsero per la prima volta non alla stampa sovietica, ma a quella occidentale: “trasmettiamo questo appello alla stampa progressista occidentale, che preghiamo di voler pubblicare e diffondere con la radio il più possibile.

 

Di certo non ci rivolgiamo ai giornali sovietici, perché non c’è alcuna speranza che lo pubblichino”.

 

Lo stesso 12 gennaio, il loro Appello venne rapidamente diffuso in russo ed in inglese dalla BBC, trovando un’ampia accoglienza tanto tra i cittadini sovietici, quanto tra gli ambienti progressisti occidentali.

 

Le frequenze radio occidentali diventarono da quel momento un canale privilegiato dal dissenso per fare conoscere in Patria le proprie iniziative.

Nella primavera del 1968, Litvinov diffuse clandestinamente i resoconti dei processi a cui aveva ‘assistito’, ed è grazie al suo lavoro se oggi è possibile ricostruire in modo più veritiero quegli avvenimenti.

 



 

 

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