N. 12 - Maggio 2006
IL NECRONOMICON DI H.P. LOVECRAFT
L'oscuro libro dei morti mai scritto
di
Andrea Laruffa
In campo letterario, molto prima dell’avvento dei
moderni mezzi di comunicazione di massa, si è
assistito alla nascita e alla diffusione di una serie
di opere che nella realtà non sono mai esistite, ma
che ugualmente sono entrate a far parte della storia
della letteratura ufficiale.
Lo statunitense Lyon Sprague De Camp ha definito
queste opere con il termine ‘Pseudobiblia’.
Si tratta in pratica di libri che, a vario titolo, non
esistono o non sono mai esistiti, ai quali si possono
aggiungere i libri maledetti, soppressi o messi al
bando per il loro contenuto, quelli dimenticati, e
ancora quelli non riconosciuti o celati in altri
libri.
Col tempo gli pseudobiblia sono diventati un genere a
sé stante, accomunabile da una parte alla letteratura
paradossografica
(genere relativo alla narrazione di fatti straordinari
della storia o della natura), dall’altra alle famose
Biblioteche Immaginarie,
cataloghi che hanno per oggetto proprio i libri mai
scritti, inesistenti; prodotti di fantasia che
tuttavia sono stati ritenuti realmente esistiti.
Il caso in questione, probabilmente il più celebre e
riuscito nel suo genere, prende il nome di
Necronomicon
o
Libro dei Morti
e l’autore è lo statunitense
Howard Philips Lovecraft.
Si tratta di un libro mai scritto ma ritenuto da
molti, ancora oggi, realmente esistito. Un opera che,
mai nata, è oggi più viva che mai. O, stando le
intenzioni dello scrittore, semplicemente uno degli
scherzi più riusciti della storia della letteratura.
Ma per capire meglio di cosa tratta questo oscuro
volume, è meglio partire dalla storia del poeta arabo
Abdul Alhazred.
Questi nasce a Sanaa, nello Yemen, durante il periodo
dei Califfi Omiadi (VIII° secolo d.c. circa). Da
giovane viene introdotto ai misteri delle antichissime
religioni praticate in Arcadia, Babilonia, Persia e
Palestina. Dopo aver visitato le rovine di Babilonia e
le catacombe segrete di Menfi, decide di recarsi nel
Rahaba El Khalyeh, il grande deserto dell’Arabia
meridionale, ritenuto all’epoca la fissa dimora degli
spiriti; il “Grande Vuoto” per gli antichi arabi.
Coloro che sostengono di aver attraversato questo
deserto narrano di avvenimenti incredibili e di storie
sovrannaturali. E’ qui che Abdul Alhazred trascorre
ben dieci anni della sua vita. Dopo il ‘soggiorno’ non
certo piacevole nel deserto, il poeta si stabilisce a
Damasco, dove dedica gli ultimi anni di vita alla
stesura della sua unica opera, l’Al
Azif.
Con questo termine gli arabi erano soliti indicare gli
strani suoni notturni prodotti da certi insetti, ma
che la tradizione popolare identifica con il
linguaggio dei demoni.
Il libro contiene un racconto mitologico sugli
Antichi, la loro storia e i metodi per invocarli.
La scomparsa del poeta è avvolta nel mistero più buio
e riguardo i suoi dettagli sono giunte voci
incredibili (una di queste narra che Abdul Alhazred fu
afferrato in pieno giorno da un mostro invisibile e
divorato da questo in maniera agghiacciante di fronte
ad un gran numero di persone).
Intorno al 950 d.c. l’Al Azif, che nel frattempo era
stato ripreso largamente, anche se in segreto, dai
filosofi dell’epoca, viene clandestinamente tradotto
in greco dall’erudito bizantino Teodoro Fileta con il
titolo di
Necronomicon,
che letteralmente vuol dire: “Il
libro delle Leggi che Governano i Morti”.
Per oltre un secolo questo libro favorisce le più
innominabili esperienze, finche nono viene soppresso e
bruciato intorno al 1050 dal vescovo Michele,
patriarca di Costantinopoli. Nel tardo Medioevo, il
danese Olaus Wormius ne redige una traduzione in
latino, che vede la stampa due volte, in Germania e in
Spagna. Entrambe queste edizioni sono prive di
qualsiasi segno di identificazione e possono essere
localizzate nel tempo e nello spazio solo in base a
considerazioni riguardanti le modalità di stampa.
Nessuna notizia si ebbe invece della versione greca
fino al resoconto del rogo cui venne condannato, nel
1692, un cittadino di Salem. Insieme al malcapitato fu
bruciata tutta la sua biblioteca, e tra i libri
presenti in essa vi era anche una copia del
Necronomicon. Una versione inglese viene eseguita dal
dottor John Dee nel 1580, ma non fu mai stampata.
Tutto ciò che rimane sono solo alcuni frammenti del
manoscritto originale.
Delle versioni latine attualmente esistenti, una è
custodita nel British Museum di Londra, l’altra nella
Bibliotheque National di Parigi. Di sicuro esistono
numerose altre copie conservate scrupolosamente presso
biblioteche di privati. Il libro è stato posto al
bando da tutte le religioni del mondo e la sua
lettura, narra la leggenda, determina conseguenze
terribili.
Questa è la sintetica biografia di Abdul Alhazred,
poeta e adepto dell’oscura religione dei Grandi
Antichi, e la cronologia della sua unica opera, l’Al
Azif o “Grande Libro dei Morti”. A lui e alla sua
fatica sono state dedicate pagine e pagine di
eruditissimi saggi e infinite citazioni, e non ci
sarebbe ragione di stupirsene se non fosse che Abdul
Alhazred e il suo Al Azif non sono mai esistiti, se
non nella fantasia dello scrittore Howard Philips
Lovecraft.
Il libro infatti era nato come uno scherzo, una burla,
che il letterato americano aveva voluto fare ad una
cerchia ristretta di amici e corrispondenti intimi. Il
suo gesto tuttavia ha poi scatenato conseguenze che
sono andate al di là di qualsiasi intenzione
originale. In seguito alla diffusione dell’opera di
Lovecraft, infatti, numerosi altri scrittori e
appassionati del fantastico hanno involontariamente
contribuito ad alimentare la leggenda del Necronomicon
attraverso citazioni ‘serie’, riferimenti
bibliografici ponderati, rivisitazioni e ricostruzioni
di vario tipo.
A tal punto che, come già detto in precedenza, sono in
molti che sostengono ancora oggi che questo libro sia
realmente esistito. Inutilmente lo stesso Lovecraft si
affannò più volte a spiegare che tanto il sinistro
volume quanto il suo folle autore non erano mai
esistiti, essendo essi il frutto della sua fervida
immaginazione. Ma era troppo tardi, il meccanismo di
diffusione era già scattato e la leggenda del
Necronomicon già dilatata.
Il libro cominciò ad uscire dalla finzione letteraria
per entrare nel mondo reale nel 1941, quando un
antiquario di New York, Philip Duchesne, mise nel
proprio catalogo un riferimento al Necronomicon, di
cui forniva la descrizione e fissava il prezzo a 900
dollari. Nel 1953 il giornalista Arthur Scott, in un
articolo sul mensile americano Sir! sostiene
che il Necronomicon fu scritto su fogli di pelle umana
prelevata da persone uccise con fatture stregonesche.
Da quel momento si moltiplicano i riferimenti al
Necronomicon sui bollettini dei bibliofili e perfino
nel catalogo della Biblioteca Centrale dell'Università
della California.
Alla fine degli anni '60 Lyon Sprague De Camp durante
un viaggio in Oriente acquista uno strano manoscritto
proveniente da un villaggio del nord dell'Iraq e al
ritorno lo fa esaminare da alcuni esperti americani
che però lo avvertono che il testo è una sequenza di
segni priva di significato, che cerca di assomigliare
al persiano e che risale al XIX secolo: un imbroglio,
insomma.
Sprague De Camp decide comunque di pubblicarlo in
facsimile, raccontando la vicenda e facendolo passare
per il Necronomicon, aggiungendo particolari
inquietanti per rendere il tutto verosimile. Negli
anni '70 Colin Wilson sostiene che Lovecraft mentiva
quando affermava che il Necronomicon non esiste, per
coprire le responsabilità del padre, affiliato alla
massoneria egiziana fondata da Cagliostro e possessore
di una copia del Necronomicon.
Sarebbe più opportuno definire il Necronomicon un
falso ‘letterario’ più che un falso ‘storico’, ma le
conseguenze generate da quello che era nato come un
semplice scherzo hanno avuto ripercussioni che sono
andate ad incidere profondamente sulle credenze reali
di molti appassionati ed esperti del genere
fantascientifico, convinti, nonostante le smentite
dell’autore stesso, dalla reale esistenza del
manoscritto e del suo contenuto.
C’è da dire che, come in ogni falso che si rispetti,
lo scrittore di Providence aveva creato per la sua
opera un background ineccepibile, citandone tra
l’altro i traduttori europei, alcuni dei quali
realmente esistiti (John Dee) ed elencando le
biblioteche (vere) che ne possiedono una copia. Un
esempio di come la fantasia spesso riesce a prendere
il posto della realtà e una dimostrazione di come, nel
sistema complesso dei media (come lo è appunto la
letteratura), quando si ha a che fare con episodi di
falsi, il più delle volte le smentite non sortiscono
nessun effetto. |