N. 25 - Giugno 2007
MUSTAFA KEMAL ATATURK
Il padre dei turchi
di
Matteo Liberti
Nell'odierna Turchia, sopra ogni banconota, sulle
targhe di quasi tutte le scuole, gli aeroporti, gli
ospedali, le strutture pubbliche, si trova il volto o
il nome di Mustafa Kemal Ataturk, o più semplicemente
Ataturk, il padre dei turchi. Tutti ne
parlano, in un continuo panegirico collettivo.
Come e quando si formò il suo mito?
Kemal nacque nel 1881 a Salonicco, città
Ottomana ora appartenente alla Grecia. Suo padre, Ali
Riza, morì quand’era ancora un ragazzo e sua madre,
Zubeyde, crebbe da sola lui e la sorella. Iscritto ad
una scuola religiosa tradizionale, passò presto ad una
scuola moderna e laica, per poi iscriversi, nel 1893,
alla scuola militare di Salonicco. Nel 1905 si
diplomò all'Accademia di Guerra a Istanbul: inviato a
Damasco, organizzò con altri una società clandestina
chiamata patria e libertà, col fine ultimo di
combattere il dispotismo del sultano. Tornato a
Salonicco, partecipò sporadicamente alle attività del
comitato Ittihad ü Terekki (Unione e
progresso), la massima forma organizzativa dei
Giovani turchi, con
i dirigenti dei quali, in primo luogo
Enver Bey, non era però in
piena sintonia.
La
vita di Mustafa Kemal curvò a quel punto verso la
legenda, vedendolo eroico protagonista negli angoli
più remoti dell'Impero Ottomano.
Prestò servizio come ufficiale di personale anche a
Salonicco e a Istanbul, combatté in Tripolitania
contro gli italiani (1911-1912), poi venne nominato
addetto militare in Bulgaria. Durante la prima guerra
mondiale si distinse nella difesa dei Dardanelli
(1915), quindi, come comandante d'armata nelle
campagne del Caucaso (1916) e di Palestina (1917). Qui
comandò la settima armata nella ritirata fino a nord
di Aleppo, dove venne sorpreso dall'armistizio di
Mudros (30 ottobre 1918).
Per il suo rifiuto di accettarne alcune clausole,
entrò in contrasto con Mehmet VI e venne subito
richiamato nella capitale. Nominato ispettore delle
truppe di Erzerum, nel maggio 1919 riuscì a convincere
una parte dell'esercito a lottare per l'indipendenza
del paese. Condannò apertamente il governo del sultano
e del suo gran vizir Damad Ferid Pascià ed organizzò
congressi nazionalisti a Erzerum (luglio) e Sivas
(settembre), mobilitando intorno alla causa
dell'indipendenza e dell'unità nazionale un numero
sempre crescente di personalità politiche e militari.
Convocata ad Ankara il 23 aprile 1920 la prima grande
assemblea nazionale, Kemal assunse la guida della
lotta contro il governo di Istanbul e contro
l'esercito greco, da lui sconfitto nel 1920-1922 con
una serie di brillanti operazioni militari sfociate
nell'armistizio di Mudanya (11 ottobre 1922).
Proclamato Gazi (il vittorioso) dall'assemblea
nazionale, a novembre fece votare la soppressione del
sultanato.
Il
successivo trattato di Losanna (1923) sancì la
completa indipendenza della Turchia, nelle
frontiere che coincidono sostanzialmente con quelle
attuali.
A
metà ottobre Ankara divenne la capitale del
nuovo Stato Turco ed il giorno 29 dello stesso
mese fu proclamata la nascita della repubblica. Il
pascià Mustafa Kemal venne eletto all'unanimità come
primo presidente. Con l'appoggio di un governo guidato
da Ismet Inönü, Atatürk avviò una radicale
modernizzazione del paese, fondata in primo luogo
sulla laicizzazione dello stato.
Il
3 marzo 1924 venne abolito il califfato, seguì la
soppressione dei tribunali religiosi e delle scuole
coraniche, sostituite da una rete sempre più capillare
ed efficiente di scuole statali. Il sistema educativo
si sarebbe basato sul patriottismo e sul laicismo.
Vennero messi al bando gli ordini dei dervisci e nella
costituzione fu eliminato il riferimento all'Islam
quale religione di stato. Questi e altri
provvedimenti, come il divieto di utilizzare l'arabo o
qualsiasi lingua diversa dal turco durante le funzioni
religiose, diedero vita a vivaci e diffuse proteste
(sempre represse senza alcuno scrupolo) da parte dei
settori più tradizionalisti della società. Cosa
peggiore, fu colpita con gran violenza ogni
espressione dell'autocoscienza etnica delle minoranze
curda, armena e araba...
Di
portata rivoluzionaria fu la riforma della scrittura,
che vide sostituire l'alfabeto arabo con quello
latino. Ciò segnò un'energica rottura con tutta la
cultura del recente passato, dove il turco era
considerato semplicemente la lingua dei contadini
ignoranti, la classe dirigente aveva invece assorbito
con grande entusiasmo le influenze culturali arabe.
Con introduzione dei caratteri latini, ritenuti
presupposto necessario per una alfabetizzazione di
massa, cominciò pure una campagna per l'eliminazione
di tutte quelle parole che avessero un'origine araba o
persiana. Il modello da seguire doveva essere moderna
Europa.
Vennero quindi adottate anche alcune norme
sull'introduzione dell'abbigliamento all'europea
ed avviate campagne contro il velo femminile e
l'onomastica tradizionale: nel 1934 fu reso
obbligatorio l'uso del cognome. L'assemblea nazionale
assegnò a Mustafa Kemal quello di Atatürk, padre dei
turchi. Venne infine riconosciuto il diritto di voto
per le donne e furono introdotti dei codici di
ispirazione europea per quanto riguardava il diritto.
Per attuare le riforme volute da Ataturk, era però
fortemente necessario inculcare nella mente del popolo
turco un orgoglio etnico, ancora poco percepito
nella società. Durante gli anni trenta fu così
incoraggiata la circolazione di alcune teorie storiche
e linguistiche che attribuivano ai turchi un ruolo
centrale nell'evoluzione dell'intera umanità e che
ponevano la lingua turca quale origine di tutte le
altre lingue. Tale nazionalismo esasperato si tradusse
drammaticamente nel rifiuto di ammettere che in
Turchia potessero esistere popolazioni non turche…
La
filosofia che caratterizzò questo particolare
nazionalismo e tutte le varie riforme è nota col nome
di Kemalismo.
Nel febbraio del 1937 furono introdotti i seguenti
principi nell’Articolo Due della costituzione della
Repubblica Turca: Repubblicanesimo, Nazionalismo,
Populismo, Modernsimo, Laicismo, Statalismo.
Il
10 novembre dell'anno succesivo, in seguito ad una
malattia di alcuni mesi, il liberatore nazionale,
Padre dei turchi e della Turchia moderna, morì.
A
cinquantasette anni si spense nel suo letto in un
palazzo sulla riva del Bosforo. Fuori lo vegliava il
suo popolo, pronto a trasformarlo in quotidiana effige
ed in mito. |