N. 25 - Giugno 2007
IL
MOVIMENTO PACIFISTA
La pace
come valore globale
di
Stefano De Luca
Nel 1981 il governo
Spadolini accettava l’installazione a Comiso di una
batteria di missili nucleari, come richiesto dal
programma di riarmo del presidente americano Regan.
Una serie di iniziative di protesta (tra le quali la
marcia Perugina-Assisi e la manifestazione di Roma,
che ha portato in piazza cinquecentomila persone),
furono organizzate contro l’installazione da parte
della Nato dei missili a testata nucleare Cruise e
Pershing II.
Fino a quel momento il
tema della pace aveva mobilitato solo alcuni gruppi
religiosi e militanti del Partito Radicale, i quali
avevano combinato azioni di sensibilizzazione con
strategie di pressione più convenzionali. La campagna
contro l’installazione invece coinvolse numerose
formazioni politiche e movimenti preesistenti. In
quell’occasione, per la prima volta dopo molti anni,
la Nuova sinistra, la vecchia sinistra e i nuovi
movimenti sociali cooperarono insieme per una campagna
di protesta.
Anche in altre
mobilitazioni, come ad esempio nella campagna contro
l’intervento italiano nella guerra del Golfo, insieme
ai pacifisti si sono mobilitati attivisti del
movimento ecologista, femminista e del movimento degli
studenti. Ciò mette in evidenza come il tema della
pace viene collegato ai temi propri di altri
movimenti.
Nei primi mesi del 1981
cominciano a diffondersi in tutta Italia ‘comitati di
base per la pace’, in occasione del meeting
internazionale promosso a Bruxelles nell’aprile dello
stesso anno dallo Eurpean Nuclear Desarmament.
Sin dall’inizio principale obbiettivo dei comitati era
impedire l’installazione dei missili Cruise a Comiso.
Se Comiso rappresentava
la tematica centrale delle mobilitazioni, fino ad
assurgere a simbolo dei movimenti per la pace, i
promotori delle manifestazioni si rendevano conto del
fatto che lottare per un solo obbiettivo alla lunga
poteva portare ad una disgregazione del movimento
stesso. Veniva affermato che la battaglia contro
l’installazione dei missili era inscindibile con lo
sviluppo di un’iniziativa unitaria in grado di imporre
una drastica riduzione delle spese militari. Sotto
accusa venivano messi anche i nuovi poligoni di tiro
sparsi nelle diverse regioni; la militarizzazione di
alcune aree come le isole delle Maddalena e di
Pantelleria, il golfo di Napoli; l’attacco al diritto
all’obiezione di coscienza.
La struttura
organizzativa che assunse il movimento pacifista,
ma anche quella assunta da altri movimenti degli anni
Ottanta, rifletteva la consapevolezza dei limiti dell’assemblearismo
e della burocratizzazione, elementi che avevano invece
caratterizzato la struttura organizzativa dei
movimenti del decennio precedente.
Si svilupparono due tipi
di struttura organizzativa: una caratterizzata dalla
proliferazione di gruppi di base, autonomi l’uno con
l’altro, e coordinati nei momenti di mobilitazione da
apposite organizzazioni; un’altra caratterizzata dalla
creazioni di vere e proprie associazioni, dotate di
statuti e regolamenti.
L’organizzazione del
movimento pacifista riflette il primo modello
organizzativo, come dimostrata la struttura utilizzata
nella protesta contro l’installazione dei missili a
testata nucleare. La protesta fu portata avanti da
comitati per la pace, che vennero costituiti in
quartieri, fabbriche e scuole. I comitati erano dotati
di una struttura informale, con una partecipazione
inclusiva. In occasione di alcune iniziative, come
convegni, marce e sit-in, questi comitati si
coordinavano all’interno di appositi organismi. Fu
costituito nel 1981, presso la sede della rivista
romana Com-Nuovi Tempi, il Comitato 24 Ottobre
con lo scopo di coordinare le attività dei vari
comitati per la pace. Con l’obbiettivo di rafforzare
la struttura del coordinamento nazionale il Comitato
24 Ottobre venne sostituito con un altro organismo in
grado di gestire la crescita del movimento: il nuovo
organismo assunse il nome di Coordinamento per la
pace. Il Coordinamento aveva il compito, affiancato da
commissioni permanenti di lavoro sui temi
fondamentali, di indire gli appuntamenti nazionali.
Caratteristiche del
modello organizzativo del movimento per la pace è la
struttura decentrata e inclusiva, e il rifiuto della
delega. Alla prima assemblea nazionale dei comitati
nel 1981 infatti, i partecipanti rifiutarono il ruolo
di delegati, presentandosi come individui impegnati in
prima persona. Ritenevano inoltre di non poter
prendere decisioni vincolanti per chi non partecipava
direttamente agli incontri.
Come gli altri movimenti
sociali degli anni Ottanta (femminista ed ecologista),
anche le mobilitazioni del movimento pacifista si
svolgevano su single-issue: le campagne di
protesta erano organizzate su obbiettivi specifici. La
mobilitazione su single-issue è stato indicata
come una delle cause della crisi del movimento
pacifista, dopo la ratifica parlamentare della
decisione sull’installazione dei missili a Comiso e il
fallimento dei negoziati di Ginevra tra le
superpotenze.
Nonostante la
mobilitazione su obbiettivi specifici, il movimento
pacifista non ha del tutto perduto la dimensione
utopica delle rivendicazioni. La mobilitazione contro
i missili Cruise si è infatti allargata a tematiche
sempre più varie: il ruolo dei blocchi militari, il
disarmo nucleare, la promozione del dialogo tra i
popoli, lo sviluppo di sistemi di difesa alternativi e
non-violenti, la smilitarizzazione del territorio e la
solidarietà a movimenti indipendentisti (in
particolare in Nicaragua, San Salvador, Polonia e
Afganistan), contro la costruzione di uno scudo di
protezione stellare, la produzione di armi
batteriologice e chimiche, l’intervento delle truppe
italiane nel contingente di pace, campagne di
sensibilizzazione sono state lanciate sulle guerre in
corso.
Anche il movimento
pacifista, come quello delle donne e quello
ecologista, si è proposto come un movimento culturale.
Ha insistito sulla necessità di profonde
trasformazioni culturali. L’obbiettivo era la
costruzione di una cultura di pace, basata sulla
partecipazione e la convivenza pacifica tra i popoli
del mondo. Soprattutto secondo l’ala antimilitarista e
nonviolenta, il movimento della pace doveva sviluppare
un nuovo sistema di valori e una visione alternativa
dei rapporti fra gli individui.
Le strategie d’azione
utilizzate dal movimento pacifista rispecchiano quelle
che sono state le caratteristiche delle azioni messe
in atto dai movimenti degli anni Ottanta (come abbiamo
visto per quanto riguarda il movimento delle donne e
quello ecologista). Le strategie preferite, sono state
le azioni dirette nonviolente. Un esempio di azione
diretta possono essere le attività di ostruzionismo
che venivano messe in atto, all’ingresso della base di
Comiso nel 1983, con lo scopo di bloccare l’attività
della base. Queste attività venivano svolte
all’interno dei ‘campi’, cioè un campeggio di tende
piantate dai militanti in aree contigue all’obbiettivo
dell’azione di protesta. Questi hanno avuto la stessa
funzione che l’occupazione ha avuto per il movimento
studentesco degli anni Sessanta.
Secondo i pacifisti la
non-violenza è considerata l’unica forma d’azione
adatta ad opporsi a tutte quelle logiche che producono
militarizzazione, oppressione e guerra. Tra le
tattiche non-violente vi era la disobbedienza civile,
come la restituzione dei congedi militari, l’obiezione
di coscienza e lo sciopero della fame. Ad esempio i
gruppi della nonviolenza come la Lega obiettori di
coscienza (LDU), il Movimento per la riconciliazione
internazionale (MIR) e la Lega per il disarmo
unilaterale (LDU) organizzarono l’invio al presidente
della Repubblica dei congedi militari, per protestare
contro la crescita delle spese militari e la corsa
agli armamenti.
Venivano anche
utilizzate delle azioni che avevano lo scopo di
dimostrare la forza numerica, come le manifestazioni.
Il movimento pacifista aveva ripreso dalla tradizione
delle organizzazioni cattoliche alcune forme d’azione,
come le marce per la pace Perugia-Assisi, la Via
Crucis, le messe e preghiere comuni.
Venivano utilizzate
forme d’azione per dimostrare il consenso di cui
dispone il movimento come ad esempio la raccolta di
firme su petizioni, richieste di referendum e
presentazioni di progetti di legge.
Il movimento pacifista
degli anni Ottanta può essere considerato come uno dei
momenti importanti nello sviluppo di una società
civile globale. Ha avuto un forte orientamento
internazionale, unendo i paesi europei coinvolti nello
schieramento degli euromissili Cruise e Pershing II,
stabilendo alleanze con la Freeze Compaign
statunitense per il congelamento delle armi nucleari e
con attivisti in Asia e nel Pacifico e, soprattutto,
costruendo rapporti con la società civile e i gruppi
pacifisti indipendenti dell’Europa Orientale,
praticando una strada originale di distensione dal
basso.
Gli eventi chiave che
hanno costruito tali collegamenti internazionali sono
state le Conventions of European Nuclear
Disarmament (END), iniziate a Bruxelles
nell’estate del 1981 (in occasione di questo evento in
Italia cominciano a nascere i primi ‘comitati di base
per la pace’). La Conventions comprendeva
conferenze, azioni e manifestazioni pacifiste, alle
quali ogni volta hanno partecipato migliaia di persone
provenienti da molti paesi, con l’obbiettivo di
influenzare la politica di sicurezza dei governi. |