N. 26 - Luglio 2007
nazionalismo ucraino IN UNIONE SOVIETICA
La resistenza
alla russificazione degli anni '60
di
Stefano De Luca
Il movimento nazionale ucraino fu, tra
quelli che si sono sviluppati tra le nazionalità che
componevano il mosaico dell'Unione Sovietica,
quello che riuscì ad opporsi con maggiore
determinazione ai tentativi di russificazione portati
avanti dai dirigenti del Partito Comunista.
Già nel 1959, a L’vov, l’avvocato Levko Lukjanenko
diede vita ad un’organizzazione, l’Unione ucraina
degli operai e dei contadini, che mirava ad ottenere
per vie pacifiche l’indipendenza nazionale.
L’Unione ucraina venne annientata nel 1961 e
Lukjanenko condannato a morte nel mese di maggio dello
stesso anno per “tradimento della Patria” e
“organizzazione e partecipazione ad attività
antisovietiche”: la pena fu in seguito commutata in 15
anni di reclusione. Nel dicembre del 1974, dopo aver
rifiutato le proposta del KGB di collaborare,
Lukjanenko fu internato per due mesi nell’ospedale
psichiatrico di Rybinsk. Uscitone invalido, alla fine
degli anni Settanta entrò a far parte del Gruppo
Helsinki ucraino per la difesa dei diritti umani.
Dal 1965 cominciò ad abbattersi sui nazionalisti
ucraini una nuova ondata di arresti. Tra gli altri, ne
fece le spese lo storico Valentin Moroz, condannato il
20 gennaio del 1966 a 5 anni di reclusione per
“propaganda e agitazione antisovietica”. Moroz venne
nuovamente arrestato nel 1970 e processato in base
alla stessa imputazione: questa volta fu condannato a
6 anni di galera, 3 di lager e 5 di confino.
Ivan Dzjuba, giovane scrittore ucraino, nel 1966
fece circolare alcuni testi dei nazionalisti ucraini
nei quali documentava gli arresti di molti suoi
connazionali. Dzjuba inviò questo materiale ai
dirigenti del governo e del PC ucraino, i quali non
furono però in grado di agire in difesa dei diritti
del popolo che rappresentavano.
Al V Congresso dell’Unione degli Scrittori ucraini,
20 novembre 1966, il poeta Crjzanivskij lodò
l’iniziativa di Dzjuba, dimostrando come molti
intellettuali ucraini sentissero forte il desiderio di
aiutare i dissidenti che si battevano contro la
russificazione del loro Paese.
Nel 1971 il Presidium del Cc del PC ucraino
distribuì ai funzionari presenti una propria
circolare, anonima poiché illegale, la quale stabiliva
che “l’impiego della lingua ucraina negli uffici
statali, nelle scuole e nelle imprese industriali deve
considerarsi come una manifestazione di «nazionalismo
borghese» ucraino”.
Gli effetti di questa linea politica non si fecero
attendere e la cultura nazionale ucraina trovò un
nuovo ostacolo al suo libero sviluppo. Il poeta Taras
Ševčenko venne assunto a simbolo dalla battaglia dei
nazionalisti ucraini: il monumento di Kiev in suo
onore, divenne la loro meta di ‘pellegrinaggio’
prediletta.
Gli ucraini avevano una propria rivista del samizdat,
Vestnik Ukrainy (Il messaggero ucraino),
creata nel 1970 per informare la popolazione sugli
arresti, le persecuzioni, i processi e le condizioni
di detenzione dei dissidenti ucraini impegnati nella
lotta contro la russificazione del loro Paese nonché
appelli, lettere e memorandum sulla condizione
della cultura ucraina.
Il movimento nazionale, pur non riuscendo a superare
i confini della clandestinità, permise al popolo
ucraino di mantenere viva la forza della loro cultura,
un dato che risultò di fondamentale importanza per la
nascita di uno stato nazionale ucraino dopo la caduta
del regime sovietico. |