N. 15 - Agosto 2006
LA MORTE DI SHAMIL BASAYEV
In
Cecenia la lotta è tra separatisti e Kadyrovtsy
di
Leila
Tavi
.
Shamil Basayev
è morto lunedì 10 luglio, all’età di 41 anni nel
villaggio di Ekazhevo, in Inguscezia, una
regione al confine con la Cecenia e con l’Ossezia del
Nord.
Era il comandante militare più conosciuto e leader
indiscusso degli indipendentisti ceceni. A lui sono
stati imputati dalle autorità russe attacchi
terroristici come
Beslan,
Nalchik e al teatro di Mosca
nel 2002.
Il nome di Basayev era incluso nella lista ufficiale
dei terroristi pubblicata nel 2003 dal Consiglio di
sicurezza dell’ONU.
Nel settembre 2004 ha dichiarato: “La nazione cecena è
impegnata nella lotta per l’indipendenza e per la sua
preservazione”.
Il ribelle ceceno è nato il 14 gennaio del 1965 in un
villaggio di montagna dal nome Vedeno, nel
sud-est della Cecenia. Il nome gli è stato dato in
onore del mūllah e combattente Imam Shamil.
Portava una lunga barba, nel rispetto del credo
islamico, e aveva una protesi, in seguito
all’amputazione di una gamba, dopo un incidente in un
campo minato mentre, nel 2000, fuggiva da Grozny per
un’irruzione delle truppe russe.
In gioventù, già ai tempi dell’università a Mosca,
aveva dimostrato di avere un carattere forte e idee
rivoluzionare; dopo aver abbandonato gli studi di
ingegneria applicata all’ agronomia iniziò il
commercio di computer, successivamente studiò all’Istituto
islamico di Istanbul.
Ammirava Che Guevara e si definiva “un bandito
e un terrorista”.
Nel 1991, all’età di 26 anni, divenne popolare dopo
aver dirottato un jet russo all’aeroporto di Ankara,
in Turchia, e aver chiesto una conferenza stampa per
richiamare l’attenzione a livello internazionale sulla
lotta per l’indipendenza in Cecenia.
Con l’invasione della Cecenia da parte delle
milizie russe, alla fine del 1994, Basayev divenne uno
dei leader per la resistenza.
Nel giugno 1995, mentre si svolgeva il G8 in Canada,
prese in ostaggio 1.000 tra pazienti e personale
dell’ospedale di Budyonnovsk, nella Russia
meridionale, in cui morirono 100 persone. In quell’occasione
utilizzò i pazienti come scudi umani.
Al termine della prima guerra cecena nel 1996 Basayev
si candidò a presidente dei separatisti della Cecenia;
la vittoria andò però al moderato Aslan Maskhadov,
ucciso dai russi nel marzo 2005.
A Basayev fu offerto il posto di primo ministro, da
cui si dimise dopo soli sei mesi.
Nel 1999, in seguito a contatti con gli estremisti
islamici, inasprì la crisi di Mosca, attaccando la
repubblica del Daghestan, nel tentativo di
creare un Stato islamico nel Caucaso.
In anni più recenti è stato considerato il mandante, e
in alcuni casi anche l’esecutore materiale, di
numerosi attentati, tra cui ricordiamo: le 129 vittime
perite durante la presa del teatro Dubrovka di
Mosca; l’attentato nello stadio di Grozny,
nel maggio 2004, in cui è rimasto ucciso il presidente
filorusso Akhamad Kadyrov, che ha causato la
morte di altre 6 persone e 60 feriti; in quell’occasione
perse la gamba il capo del comando militare russo in
Cecenia.
E´stato l’artefice di una serie di attacchi, nel
giugno 2004, a sedi istituzionali e stazioni della
polizia in Inguscezia; degli attacchi
kamikaze nell’agosto 2004 all’uscita di una
stazione della metropolitana di Mosca, che
hanno ucciso 10 passanti, e all’interno di due
aerei partiti da Mosca, che hanno causato la morte
di 89 persone; mandante della già citata tragedia di
Beslan che, peraltro, lo stesso Basayev ha più
volte ripetuto essere stata causata dalla violenta
irruzione dei corpi speciali russi e che, non era
intenzione dei ribelli uccidere nessuno dei bambini.
L’ultima azione da lui organizzata è stata,
nell’ottobre 2005, la sommossa di Nalchik.
Il comandante dei separatisti ha durante tutto il
periodo del conflitto russo-ceceno addestrato
kamikaze, tra cui anche un corpo speciale formato
da donne e soprannominato “Vedove nere”.
E’ stato spesso accusato di essere in contatto con
cellule di al-Qaeda e di avere ricevuto
finanziamenti da Bin Laden.
Basayev ha sempre negato qualsiasi connessione con il
gruppo terrorista arabo, anche se sono certi i
contatti con i gruppi integralisti arabi per una lotta
globale a fini religiosi e i finanziamenti ricevuti da
gruppi sauditi e giordani legati a Ibn al Khatab,
in seguito ucciso, che avevano combattuto a fianco di
Bin Laden in Afghanistan.
Basayev però non ha mai incontrato o avuto contatti
diretti con Bin Laden.
L’incidente in cui ha perso la vita Shamil Basayev
potrebbe non essere stato casuale, ma organizzato
dalle squadre speciali russe, perché sospettato di aver
progettato un possibile attentato in occasione del G8
di Pietroburgo, come ha riferito il capo dei servizi
segreti russi Nicholai Patrushev.
Per il portavoce dei separatisti ceceni a Londra
invece non vi sono dubbi che si è trattato di un
incidente.
La lotta dei ribelli nell’ultimo periodo è entrata in
una fase critica, in cui è difficile trovare un’unità
di azione e la morte di Shamil Basayev, considerato
dai combattenti un martire, potrebbe ridare nuova
linfa alla causa comune, a detta dei ribelli.
Per Diederik Lohman dello Human Rights
Watch (HRW) tra le fila dei ribelli si avverte
ora come mai una perdita di forza, manca un fulcro su
cui convogliare il controllo e la direzione delle
azioni.
Il giornalista Andrei Babitsky dell’emittente
americana Radio Liberty, in un’intervista al
Corriere della Sera di martedì 11 luglio, ha
dichiarato che la gente in Cecenia è esausta delle
continue lotte, dei controlli a tappeto della milizia
e dei gruppi paramilitari dei Kadyrovtsy,
fedeli al primo ministro filorusso Ramzan Kadyrov.
La Guardia di Kadyrov è in parte l’artefice
dello sfiancamento delle file dei ribelli, anche
grazie ad azioni concordate con le forze della
sicurezza russe, come sostiene Anatoly Tsyganok
dell’IPVA.
In clandestinità è diventato ormai quasi impossibile
formare nuovi leader del calibro di Basayev; ogni
volta che nei villaggi arriva qualcuno nuovo è subito
denunciato dagli abitanti e per i separatisti e
diventato difficile ottenere una copertura, cibo e
armi a queste condizioni.
La Cecenia è tenuta in pugno dai Kadyrovtsy; a
Tsentoroy, il quartier generale degli uomini di
Kadyrov, hanno luogo le esercitazioni alle azioni
militari.
In meno di 40 secondi gli uomini sono pronti a entrare
in azione.
Il premier ceceno va fiero del suo corpo d’assalto:
“Uniformi americane, armi russe, credo islamico e lo
spirito ceceno, praticamente invincibili”.
Kadyrov ha dichiarato durante una recente intervista
alla BBC che orami sono rimasti pochi poveri
disperati da uccidere e che chiunque non intende
vivere in pace in Cecenia sarà fatto fuori senza
pietà.
Alcuni degli uomini arruolati sono ex ribelli, come lo
stesso Kadyrov, che hanno combattuto contro i Russi
alla metà degli anni ’90 e che conoscono bene
l’attuale nemico; altri sono ex poliziotti.
Anche Anatoly Tsyganok sostiene la tesi che tra le
file dei Kadyrovtsy si trovino ex combattenti
per l’indipendenza e teme che “by giving large
quantities of weapons to the former fighters who make
up most of Kadyrov’s Guard, Russia is creating
future problems for itself”.
Secondo l’analista russo le operazioni dei servizi
speciali russi hanno ucciso, oltre a Basayev e
Maskhadov, Abdul-Khalim Saydullayev, che
avrebbe dovuto succedere a Maskhadov.
Per Mark Galeotti, un esperto in materia di
sicurezza in Russia dell’Università di Keele, in Gran
Bretagna, i metodi brutali con cui le azioni contro i
separatisti sono condotte rischiano di alienare il
resto della popolazione in Cecenia.
I blitz degli uomini di Kadyrov non
stabilizzeranno di sicuro la situazione in Cecenia; la
tortura e le persecuzioni a tappeto sono le uniche
armi di cui dispone l’attuale primo ministro per
guadagnarsi il consenso dei Ceceni e non è certo un
bel biglietto da visita.
I Ceceni non hanno dimenticato il sangue innocente
versato anche, in parte, a causa della non curanza
delle truppe russe, come sostiene Franco Venturi
in un articolo del “Corriere della Sera”.
Anche Basayev era figlio di una generazione di
Ceceni
deportati in massa da Stalin nel 1944, perché
sospettati di collaborazionismo con i
nazionalsocialisti di Hitler.
Migliaia di Ceceni con un destino segnato fino al
rientro nel 1957 alla loro terra.
La Russia ha durante tutti gli anni ’90 del XX secolo
bombardato e perseguitato la gente delle città e dei
villaggi, soprattutto durante la guerra del 1994-1996,
utilizzando in particolar modo sequestri e torture,
che hanno inasprito l’animo dei Ceceni.
Almeno 40.000 civili morti nella guerra del 1994-1996,
altrettanti 10.000 dal 1999; le perdite tra i soldati
russi sono state stimate dal “Comitato delle madri”
intorno ai 12.000, HRW parla di 15.000, l’equivalente
della guerra del 1979 in Afghanistan.
La reazione dei Ceceni alla strage di Beslan è stata:
dove era l’opinione pubblica internazionale quando è
stato versato il sangue di migliaia di bambini ceceni
durante la guerra civile?
Migliaia di profughi ceceni hanno passato freddi
inverni in tende di fortuna, molti di loro sono stati
cacciati dalla loro terra, anche senza essere
attivisti, e sono costretti a vivere in condizioni
inumane.
I dieci anni di guerra in Cecenia hanno trasformato la
regione in un paradiso per il contrabbando e il
racket del petrolio.
In Cecenia opera un corpo di polizia sui generis,
chiamato il reggimento del petrolio, a
protezione degli oleodotti, ingaggiato dalla compagnia
petrolifera Grozneftegaz; un investimento pari
a 300 milioni di rubli l’anno, più di 10 milioni di
dollari, per sorvegliare i suoi oleodotti.
Tutti gli sforzi sono però vani, come conferma il
direttore della compagnia Musa Eskerkhanov:
“Più di 600 tonnellate di petrolio al giorno sono
rubate dal giro del racket gestito dai
Kadyrovtsy.”
Secondo Pavel Solodovnikov dell’ufficio del
Servizio di Sicurezza federale russo (FSB) i
Kadyrovtsy trasportano il petrolio trafugato fuori
dalla Cecenia, cooperando con i poliziotti di
frontiera, che ricevono delle tangenti per lasciare
passare il petrolio di contrabbando fuori dal
territorio ceceno.
Un altro business che frutta denaro è il sequestro
di persona, con le stesse modalità con cui è
svolto in Iraq dai gruppi criminali e non dai ribelli.
Un ex ribelle, dal nome Ruslan, ha dichiarato in
un’intervista con la BBC, che anche le truppe regolari
sono coinvolte nel giro dei sequestri di persona
iniziato dopo l’inizio della 2. guerra.
Molti dei sequestrati sono detenuti a Khankala,
una base militare russa, secondo le dichiarazioni di
Abu Gutwsiyev, un investigatore incaricato di
ritrovare le persone scomparse.
Si suppone che anche la Guardia di Kadyrov sia
coinvolta nei sequestri: per il corpo di un morto si
chiedono dai 1.000 ai 2.000 dollari, per riavere vivo
a casa un parente si parte dai 3.000 fino ai 20.000
dollari, a secondo delle possibilità economiche dei
parenti.
Usam Baysayev,
un attivista dell’organizzazione per i diritti umani
Memorial, sostiene che sia difficile
quantificare a quanto ammonta il giro d’affari dei
sequestri in Cecenia, a causa delle intimazioni ai
familiari; solo nel 2006 sono state sequestrate 226
persone.
I fondi statali per la ricostruzione sono in mano a
politici corrotti che li intascano invece di investire
per lo sviluppo; in questo modo non sarà mai possibile
una ricostruzione post bellica.
Tra il 2000 e il 2003 dei 62 miliardi di rubli, più di
2 miliardi di dollari, 5 miliardi di rubli sono stati
intascati per tangenti. Nel 2003 69 milioni di rubli
sono stati investiti in contratti che non hanno mai
avuto esecuzione.
Nella situazione di totale anarchia in cui versa la
Cecenia oggi sostituire una figura carismatica come
Shamil Basayev per i ribelli non sarà facile,
nonostante le dichiarazioni fatte dall’attuale neo
eletto presidente dei separtisti, Doku Umarov,
di voler nominare in breve tempo un nuovo comandante
delle sue milizie.
Per il giornalista indipendente Babitsky Doku Umarov è
già da tempo il coordinatore delle azioni in Cecenia,
mentre Basayev era da tempo incaricato delle attività
fuori della Cecenia finalizzate alla sollevazione del
fronte del Caucaso.
Il ribelle ceceno Akhmad Zakayev, ora in esilio
perché ricercato dalla giustizia russa, considera la
morte di Basayev una grave perdita per la lotta in
nome dell’indipendenza della Cecenia, ma è convinto
che presto sarà nominato un nuovo successore.
D’altra parte nel 1996 quando fu ucciso Dzhokhar
Dudayev
la lotta non si è fermata e non si fermerà neanche
oggi con la morte di Baseyev.
Anche se il processo di frammentazione del
movimento dei ribelli è già in atto secondo Mark
Galeotti dal 2005, in seguito all’eliminazione da
parte delle squadre speciali russe di Maskhadov.
Inoltre, da quando il movimento si è progressivamente
trasformato da movimento politico di liberazione a
gruppo di estremisti islamici finanziato da capitale
straniero, la lotta non è più circoscritta al
territorio ceceno, come dimostrano i recenti disordini
nelle vicine regioni dell’Inguscezia e del Daghestan.
Per la Russia non rimane che un’alternativa, allora,
se non vuole che il fenomeno si propaghi a macchia
d’olio in tutto il Caucaso del Nord: sostituire le
azioni militari con i negoziati, soltanto così,
forse, sarà possibile fermare la spirale di odio e di
violenza che attanaglia la Cecenia da più di dieci
anni.
Concordiamo con le parole di Venturini: “La morte di
Bsayev, ora, modifica un’equazione che pareva
immobile. Se non vuole correre il rischio di contagi
destabilizzanti e compromettere i suoi interessi
energetici, la Russia non può soddisfare le
aspirazioni indipendentiste cecene. Ma può
approfittare del disorientamento che la scomparsa di
Basayev provocherà negli ambienti ceceni più radicali
per offrire alla provincia caucasica un’autonomia e un
autogoverno più credibili di quelli elargiti finora in
punta di baionetta.”
Magari lasciando spazio a mediatori internazionali.
Garanzie di una duratura stabilità per adesso non ci
sono; l’incolumità di Karyrov è protetta solo dai suoi
uomini; la sua morte potrebbe essere questione di
tempo e il premier stesso ne è consapevole, una volta
ha dichiarato, riferendosi al leone che tiene in
cattività a casa sua: “Un giorno gli insegnerò chi è
il padrone. Questo leone o mi ucciderà o imparerà a
ubbidire!”.
Alla Russia non sono bastati quattro secoli per domare
il leone ceceno.
Riferimenti bibliografici:
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14.02.2004, http://newsvote.bbc.co.uk/go/pr/fr/-/2/hi/europe/4091635.stm
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“BBCNews”, 10.07.2006, http://newsvote.bbc.co.uk/go/pr/fr/-/2/hi/europe/4727935.stm
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“BBCNews”, 01.09.2005, http://newsvote.bbc.co.uk/go/pr/fr/-/2/hi/europe/4199146.stm
Artyom Liss, Chechnya’s gun-toting strongman, “BBCNews”,
26.11.2005, http://newsvote.bbc.co.uk/go/pr/fr/-/2/hi/europe/4470784.stm
Mastermind of Russian school siege killed,
“CCN.com”, 11.07.2006, http://edition.cnn.com/2006/WORLD/europe/07/11/russia.basayev/index.html
Obituary: Shamil Basayev,
“BBCNews”, 11.07.2006, http://newsvote.bbc.co.uk/go/pr/fr/-/2/hi/europe/472793.stm
Guido Olimpo, L’accusa di Mosca: “Stava preparado
un attacco per il G8”, “Corriere della Sera”,
11.07.2006, p. 25;
Rebels’dilemma after Basayev death,
“BBCNews”, 12.07.2006, http://newsvote.bbc.co.uk/go/pr/fr/-/2/hi/europe/5168984.stm
Franco Venturini, E ora il Cremlino (volendo) può
ridurre le truppe, “Corriere della Sera”,
11.07.2006, p. 25 |