N. 17 - Ottobre 2006
MATILDE SERAO
Una vita da romanzo per una delle
più
celebri
penne
italiane
di
Tiziana Bagnato
.
Matilde Serao, una vita da romanzo per una delle più
celebri penne dell’Ottocento.
Carducci la ricordava come “la più forte prosatrice
d’Italia” ma lei preferiva definirsi “una
fedele ed umile cronista della memoria”. Matilde
Serao, nata nel 1856 in Grecia da un esule napoletano,
fu una delle penne femminili che, all’epoca solitarie,
riuscirono ad arrivare ai clamori del successo. Carta
stampata e letteratura furono i campi d’azione ai
quali si dedicò con sincera dedizione, nonostante la
sua stessa vita fosse stata, per molti versi, un
romanzo di impronta malinconica.
Il suo talento non fu precoce o innato ma frutto di un
duro lavoro su se stessa e le proprie attitudini.
Trasferitasi all’età di quattro anni circa a Napoli,
la Serao fino agli otto anni non riuscì, infatti,
nonostante gli sforzi della madre, né a leggere né a
scrivere.
Poi a quindici anni si presentò in qualità di semplice
uditrice presso la Scuola Normale Pimentel Fonseca,
dove riuscì con profitto ad ottenere il diploma.
Successivamente vinse il concorso come ausiliaria
telegrafica dello Stato e proprio in quegli anni
cominciò a manifestare il suo interesse per la
scrittura. Il primo ad ‘ospitarla’ fu il “Giornale di
Napoli”, sul quale scrisse brevi articoli nelle
appendici, poi passò ai bozzetti e alle novelle, ma
usando uno pseudonimo, quello di Tuffolina.
In breve la Serao iniziò a scrivere di tutto e a
collaborare con diverse testate tra cui il “Corriere
del Mattino” e “Capitan Fracassa”. A fare da motore a
questo suo rapido e molteplice esporsi, certamente
c’era la voglia di riscattarsi e di risalire con i
propri mezzi quella scala della vita che l’aveva vista
nascere proprio nei gradini più bassi.
Ma c’era chi non era disposto a passare sopra la sua
bassa estrazione. Nei salotti mondani, che spesso
frequentava, la sagoma tozza della scrittrice e
giornalista, la sua mimica e la risata grossa
diventarono oggetto di pettegolezzi. E la sua fama di
donna indipendente anziché suscitare ammirazione non
stentò a suscitare curiosità. Ma, non curante delle
critiche, la Serao scrive che:”Quelle damine
eleganti non sanno che io le conosco da cima a fondo,
che le metterò nelle mie opere; esse non hanno
coscienza del mio valore, della mia potenza...”.
Quale fosse il suo vero mondo, quello a cui
apparteneva in maniera viscerale, si evince
confrontando i suoi scritti. La vena migliore della
scrittrice viene fuori quando ritrae la plebe e la
piccola borghesia. La disperazione, gli stenti e le
abitudini della sua stessa classe sociale sono
descritti in maniera appassionata, carnale ma
soprattutto reale. Ma quando la sua mano si è spostata
a descrivere il mondo dei ricchi, i loro intrighi e
artifizi, quella stessa artificiosità ha intaccato il
suo stile, rendendolo poco efficace.
Dello stesso parere fu Edoardo Scarfoglio, l’uomo che
da lì a breve la Serao avrebbe sposato. Scarfoglio non
risparmiò, infatti, inizialmente critiche dure e aspre
alla scrittrice, definendone la scrittura come
“una materia inorganica, come una minestra fatta di
tutti gli avanzi di un banchetto copioso, nella quale
certi pigmenti troppo forti tentano invano di saporire
la scipitaggine dell'insieme”.
La scrittrice spiegò le ragioni di questo stile
frammentato e da alcuni criticato citando i suoi
cattivi studi e la loro incompletezza oltre che
l’ambiente di crescita. Ma, ci tenne a precisare, “credo
con la vivacità di quel linguaggio incerto e di quello
stile rotto, d'infondere nelle opere mie il calore, e
il calore non solo vivifica i corpi ma li preserva da
ogni corruzione del tempo”.
Dal matrimonio con Scarfoglio nacquero quattro figli,
Antonio, Carlo, Paolo e Michele. Le gravidanze non
pesarono sull’attività letteraria della scrittrice
che, proprio in quegli anni, scrisse uno dopo l’altro,
Pagina Azzurra, All'erta!, Sentinella,
La conquista di Roma, Piccole anime,
Il ventre di Napoli, Il romanzo della fanciulla,
oltre a centinaia di articoli.
Ciò che descriveva nei suoi articoli di cronaca, i
suoi protagonisti della carta stampata, ritornavano
poi ad animare quei suoi romanzi definiti all’epoca
“mondani”, come Cuore Inferno, 1881, e Addio
amore, 1890.
Una delle rubriche da lei create che ebbero più
successo proprio per questo tangibile intreccio di
cronaca e letteratura fu “Api, mosconi e vespe”. Una
rubrica che riapparve più volte, anche in altri
giornali, dal “Corriere
di Roma”, al “Corriere
di Napoli”, al “Il
Mattino”, fondato da Scarfoglio, dove, dal
1896, prese il nome di “Mosconi” e, infine,
sul giornale della sola Serao, “Il
Giorno”.
Per quanto riguarda la vita privata della scrittrice,
Edoardo Scarfoglio fu molto irrequieto non solo dal
punto di vista creativo ma anche nella vita
sentimentale. I tradimenti, infatti, macchiarono da
subito il matrimonio con la Serao, la quale per molto
tempo preferì soprassedere. Ma nel 1892, Scarfoglio
conobbe Gabrielle Bessard, una giovane cantante di
teatro. La loro relazione durò due anni e terminò in
modo tragico.
Il 29 agosto 1894 la Bessard bussò alla porta dei
coniugi portando con sé la bambina nata dalla
relazione con il giornalista. Appena la cameriera aprì
la porta, la cantante si sparò lasciando ritrovare un
biglietto sul quale era scritto: “ Perdonami se
vengo ad uccidermi sulla tua porta come un cane
fedele. Ti amo sempre”.
Il Mattino non riportò la notizia per evitare
l’insorgere di uno scandalo. Lo stesso fece
inizialmente il Corriere di Napoli che però il 31
Agosto, ruppe l’accordo preso con Scarfoglio e
pubblicò l’episodio. Intanto, la bimba venne affidata
dal giornalista a Matilde che non esitò ad accettarla
ed allevarla ma da lì a qualche anno lasciò
definitivamente il marito.
Nel 1900 il senatore Giuseppe Saredo avviò
un’inchiesta su Napoli nella quale fu coinvolto anche
Scarfoglio, accusato di essersi fatto corrompere in
cambio di favori. Anche Matilde ricevette accuse
simili e Scarfoglio, dopo aver ironizzato sul dolore
della moglie, la difese dalle pagine del Mattino.
Una difesa, quella innalzata dal giornalista, legata
più al proprio orgoglio che ad un sincero affetto per
la Serao che, infatti, da lì a pochi mesi fu
estromessa dal Mattino. Matilde Serao si ritrovò senza
marito e lavoro nel giro di poco, ma dimostrò tenacia
ed orgoglio e, forte della propria esperienza di
fondatrice e condirettrice di un quotidiano con
Scarfoglio, creò, proprio a Napoli, un nuovo
quotidiano, “Il Giorno”.
A differenza de Il Mattino, il quotidiano della Serrao
fu più pacato
nelle posizioni e meno polemico. Il successo non tardò
ad arrivare e ben presto anche la vita sentimentale
della scrittrice riprese quota. La Serao, infatti, si
risposò con l’avvocato Giuseppe Natale.
La morte la colse nel 1927 a Napoli mentre,
insaziabile, era al suo tavolo di lavoro intenta a
scrivere. |