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N. 16 - Settembre 2006

MATA HARI

Margaretha Geertruida Zelle

di Matteo Liberti

 

Poche donne sono riuscite, nella storia, a risvegliare tante passioni e misteri intorno a se come riuscì a Margaretha Geertruida Zelle, meglio conosciuta come Mata Hari.

 

Una rete fittissima di voci, aneddoti, curiosità e fantasie ha avvolto ed avvolge tuttora la sua figura, la vita di questa figura leggendaria di inizio novecento.

 

Quel che si sa di lei, per certo, è che fu una ballerina di origine olandese giustiziata con l’accusa di spionaggio durante la prima guerra mondiale, precisamente nell’autunno del 1917.

 

La futura Mata Hari era nata nella Frisia olandese, nel villaggio di Leeuwarden, il 7 agosto del 1876, figlia di un uomo d’affari olandese e di una donna di Java. Aveva studiato per fare l’insegnante, ma non riuscì nei suoi progetti, trasferendosi, dopo un matrimonio fallimentare, a Parigi

 

Aveva conosciuto il suo ex marito, Rudolf Macleod, rispondendo ad un annuncio su un giornale, ma si era poi ritrovata coinvolta con un uomo di vent'anni più grande che la portò a Java, presso uno stabilimento orientale olandese, mostrandosi poi un marito tutt'altro che perfetto, violento ed aggressivo.

 

La fine del  loro rapporto sarà concomitante alla morte del figlio maggiore, avvelenato forse dai loro servitori, in conflitto con Macleod. La futura Mata Hari abbadona a quel punto la figlia più piccola con i parenti, lascia il marito e compie il suo viaggio verso la Francia.

 

Dopo aver tentato molti lavori, dalla modella per i pittori all'insegnante, scelse di provare con il ballo. Margaretha adorava da sempre ballare, amore alimentato durante il suo soggiorno a Java, dove era rimasta colpita dai sinuosi balli esotici delle donne dell'isola. A Parigi iniziò quindi la sua nuova carriera come ballerina esotica, puntando su coreografie orientaleggianti e da un forte appeal erotico, scegliendosi quel nome d’arte con cui oggi è ricordata… Mata Hari, il sole, l’occhio del giorno, in lingua malese.

Era il 1900.

Il malfamato locale da cui mosse i primi passi era il Salon Kireevsky.

 

In Francia si inventò, a creare maggior fascino intorno alla sua figura, la storia che fosse di sangue nobile, metà indù e metà britannica, addestrata in un tempio all'arte della danza.

La sua statura alta e snella, il colore scuro della sua pelle e la sua bellezza naturale contribuirono a definirne un aura orientaleggiante.

 

La nuova arrivata nella città parigina sembrava possedere un fascino fuori dal comune, capace di far innamorare qualsiasi uomo, e particolarmente quelli distinti da un alto rango.

 

In pochissimo tempo Mata Hari si trasforma in un caso, il suo nome inizia a circolare nei salotti chiacchiericci della città, mentre lei intraprende addirittura una tournè francese, accolta ovunque con trionfale entusiasmo.


Il suo nome uscì velocemente dai salotti, per lasciare che ad entrarvi fosse lei stessa... e non solo a Parigi, ma anche fuori dalla Francia.

 

Iniziarono a questo punto a circolare le prime voci circa suoi incontri amorosi con importanti ufficiali militari e uomini politici. Nel 1907 ebbe una relazione con un ufficiale tedesco dei servizi segreti, cui avrebbe girato, durante la guerra, informazioni importanti circa gli eserciti alleati, di cui sembrava frequentasse con pari entusiasmo elementi di spicco. Ma si tratta, ancora oggi, di voci… Nessuna ricerca storica ha ancora chiarito efficacemente quale sia stata la reale sostanza della sua attività di spionaggio.

 

La bella vita di Mata Hari subì comunque un duro, definitivo cambiamento con l’inizio della prima guerra mondiale: quel che si sa, per certo, è che in Francia, nel 1917, venne incriminata, accusata di aver provocato indirettamente la morte di migliaia di soldati alleati.

 

Quando iniziarono a circolare le prime voci circa la sua presunta attività come spia, Mata Hari venne messa sotto costante sorveglianza, ma i servizi segreti francesi non riuscirono a trovare alcuna prova concreta.

 

A tradirla, o meglio a causarne l'arresto fu un messaggio radio.

Inviato da una addetto militare di stanza in Spagna e diretto a Bellino, venne intercettato dall’esercito francese. Qui si faceva riferimento a Mata Hari come ad una collaudata spia tedesca, con tanto di nome in codice: H-21.

 

Non si sa quanto questo messaggio fosse però autentico o piuttosto la punta di un complotto, avendo usato l’ufficiale militare che lo inviò una frequenza ed un codice già apertamente decriptati dalle forze francesi.

 

L’esercito francese era in quel periodo in grave difficoltà, particolarmente su fronte occidentale, e come avviene sempre in questi casi, la ricerca di un capro espiatorio è quanto di più efficace per diluire responsabilità oggettive. Così fu, inevitabilmente, anche per il governo francese.

 

Se dal talamo Mata Hari abbia o meno condizionato l’andamento della guerra è ancora da chiarire, ma quel che prevalse all’epoca fu l’urgenza di trovare un responsabile, meglio ancora se di pessima fama.

 

La fantasia degli uomini circa le sue malefatte, unita alla passione scatenata in alcuni dei suoi amanti le costarono, forse più delle sue reali responsabilità, la fucilazione.

 

Era l’alba del 15 ottobre del 1917.

 

Persino al sua esecuzione produsse fantasie e leggende: c’è chi sostenne che il plotone di esecuzione dovette essere bendato per non subire il suo fascino, chi affermò di averla vista baciare i suoi giustizieri prima che i proiettili la colpissero e chi si ricordò di averla vista spogliarsi prima di morire, lasciando il suo seno nudo ad accogliere i colpi dei fucili. Un ultimo aneddoto la vuole tranquilla, disposta ad accettare del rum prima di morire, protetta dall’organizzazione di una messinscena, una finta esecuzione poi andata storta e divenuta reale. Storie, voci, leggende.

 

Durante il processo Mata Hari si era in ogni caso, è bene dirlo, proclamata innocente, pur ammettendo la sua frequentazione con ufficiali di molti eserciti d’Europa.

 

Nel 2001 il paese natale di Mata Hari, Leeuwarden, ha ufficialmente chiesto al governo francese la riabilitazione di quella donna condannata senza prove e che morì giurando di non aver mai tradito la Francia, sua patria adottiva e testimone della sua struggente, calda, viva dissolutezza.

 

Dopo il caso Dreifuss, un'altra vittima scelta tra le minoranze politiche della società: li un ebreo, qui una donna.

 



 

 

 

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