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N. 20 - Gennaio 2007

LINA MERLIN E LA REGOLAMENTAZIONE DELLA PROSTITUZIONE IN ITALIA

Il lungo iter di una legge base del nostro Paese

di Tiziana Bagnato

 

Una donna tanto esile nella figura quanto determinata e forte nell’animo. Fu lei, una delle pochissime donne elette nell’Assemblea Costituente, lei, la prima senatrice a chiedere la parola in aula, a dare uno stop, con una legge dall’iter lungo e vertiginoso, al mestiere più antico del mondo.

 

Angela, detta Lina, Merlin nacque in provincia di Padova il 15 ottobre del 1887. Nel 1919 si iscrisse al Partito Socialista e, nonostante fosse allora esclusa, in quanto donna, sia dall’elettorato attivo che da quello passivo, partecipò vivamente alla campagna elettorale del 1924.

Nel 1926, il rifiuto di aderire al partito Fascista le costò l’abbandono del suo lavoro di maestra e, successivamente, il confino in Sardegna. Ma, tornata a casa, riprese subito contatti con gli antifascisti, trasferendosi  a Milano.

 

Non abbandonò l’attività politica nemmeno con la nascita della Repubblica, anzi, fu l’unica donna ad essere sempre eletta dall’Assemblea Costituente dal 1946 al 1958, distinguendosi per i suoi interventi a favore della difesa dei diritti delle donne e  della famiglia.

 

Con la famosa “legge Merlin”, la senatrice socialista intervenne in quella che può essere considerata una piaga del Paese. La prostituzione, infatti, era ancora soggetta al Regolamento Cavour, il quale prevedeva come limitazioni all’attività, solo l’obbligo di iscrizione nei registri di polizia e le visite sanitarie.

 

Il sei agosto 1948, con la presentazione al senato del progetto di legge “Abolizione della regolamentazione della prostituzione, lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui e protezione della salute pubblica”, la Merlin assestò il primo scossone ad un sistema arcaico e maschilista.

 

L’iter legislativo sarà duro e difficile, ma il dibattito ormai è aperto e un tema così scottante, entra nelle case, nelle famiglie, tra le femministe. Il testo originario della Merlin, mirava ad eliminare ogni forma di schedatura, anche a scopo sanitario, e qualsiasi tipo di sfruttamento. Inoltre, la legge rivendicava la tutela della morale pubblica, il diritto alla dignità delle donne e alla libera partecipazione alla vita sociale sancita dalla Costituzione.

 

Insisteva, in particolare, sull’abuso del controllo poliziesco e sulla necessità di liberare  le donne da forme di controllo che le mantenevano in uno stato di inferiorità sociale, giuridica e morale.

 

Il fulcro del secondo disegno di legge, invece, fu leggermente spostato dai diritti civili. Il 29 luglio 1949, infatti, al centro del ddl approdato in Parlamento vi fu, in particolare e, tra l’altro, il problema della rieducazione morale, proponendo soluzioni di carattere assistenziale come la creazione di istituti per il recupero delle prostitute.

 

Ad essere concordi furono soprattutto i partiti del centro – sinistra, Pci, Psi, Dc e Repubblicani. A bocciare il testo, invece, fu un gruppo abbastanza eterogeneo, costituito da Msi, partito Liberale e Partito di Unità Socialista. Una bocciatura motivata dal fatto che questi partiti ritenevano che prima di procedere con un simile intervento legislativo, fosse necessaria un’evoluzione dei costumi, altrimenti una delle conseguenze sarebbe stato il dilagare di problemi di ordine pubblico, sanitario e morale.

 

Il testo della legge venne approvato alla Camera e al Senato già nel 1952, ma ripetuti problemi burocratici e la pressione delle lobby, in particolare dei proprietari delle case di tolleranze, ne ritardarono la conclusione dell’iter. Il loro motto era che gli istinti non potevano essere repressi.

 

Nel 1955 la senatrice pubblicò, con la giornalista Carla Voltolina, moglie di Sandro Pertini, un libro intitolato “Lettere dalle case chiuse”, in cui raccoglieva gli appelli, sgrammaticati ma veri, delle ragazze “recluse” nelle case di tolleranze.

 

La legge venne approvata definitivamente il 20 febbraio 1958. Sette mesi dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, vennero chiuse oltre 560 case di tolleranza e molte di queste furono riconvertite in luoghi di patronato per l’ accoglienza delle ex prostitute. La legge, inoltre, permetteva all’Italia di rispettare la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, con la quale si era impegnata quando aveva aderito all’Onu. La Dichiarazione invitava, infatti, tra l’altro, gli stati firmatari a porre in atto “la repressione della tratta degli essere umani e lo sfruttamento della prostituzione”.

 

Già dal 1948, il ministero degli Interni Scelba, aveva smesso di rilasciare licenze di Polizia per l’apertura di nuove case. E proprio la legge Merlin prescrisse la costituzione del primo corpo di polizia femminile, che da allora in poi si sarebbe anche occupata della prevenzione e della repressione dei reati contro il buon costume e della lotta alla delinquenza minorile.

 



 

 

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