N. 27 - Agosto 2007
COREA
Attraverso il 38° parallello...
di
Matteo
Liberti
Tra
i conflitti su scala locale che seguirono la fine
della seconda guerra mondiale, quello che per primo
portò nuovamente il mondo in una situazione di
apnea, nel terrore di un’altra soluzione tragica
come quella di Hiroshima e Nagasaki
fu, senza alcun dubbio, la Guerra di Corea.
Alla fine del conflitto mondiale, la nazione coreana
(che già era stata un protettorato del Giappone
per oltre trenta anni) venne dichiarata libera. Nei
fatti, però, si trovava divisa in due zone di
influenza, una sovietica ed una americana: in
entrambe le zone permanevano truppe d'occupazione
delle due superpotenze.
La
finzione fu superata nell’estate del 1947, quando le
due zone divennero ufficialmente due Stati
distinti, divisi lungo la linea del 38° parallelo.
Fu
su questo nuovo confine che si giocò la partita tra
Nord e Sud e, di rimando, tra
Unione Sovietica e Stati Uniti, con il
paese comunista allineato ai nord-coreani e gli
americani legati agli affari della Corea del Sud.
Il
15 agosto veniva eletto il presidente della nuova
Repubblica di Corea (nel Sud). Si trattava di
Syngman Rhee, presto artefice di una politica
ultra nazionalista e coinvolto in gravi episodi di
corruzione.
Il
9 settembre nasceva invece nel Nord la Repubblica
Popolare Democratica di Corea, con capitale
Pyongyang. A guidarla c’era il presidente Kim
Il Sung, fautore di un rigido regime comunista.
Tra il 1949 ed il 1950 le tensioni tra i due paesi
erano diventate sempre più dure, con i governi di
entrambi che avrebbero voluto guidare la
riunificazione della nazione coreana.
Dopo alcuni episodi minori lungo il confine, il
confronto divenne presto infuocato, con gli eserciti
dell’URSS e degli Stati Uniti pronti a rientrare nel
paese che avevano abbandonato solo all’inizio del
1949…
L’antefatto di tutto fu l’invasione del
confine sud-coreano da parte di cinque divisioni
dell’esercito del Nord, organizzato ed attrezzato
dall’URSS e forte di quasi ottantamila uomini. Era
il 25 giugno 1950.
L’esercito sud-coreano, mal addestrato ed
equipaggiato, venne rapidamente sconfitto e la
stessa capitale, Seoul, fu preda dei
nord-coreani.
In
breve tempo, rimaneva libera la sola zona intorno al
porto di Pusan.
Gli Stati Uniti videro in quella prova di forza la
chiara volontà sovietica di espandersi, attraverso
una Corea riunificata, in tutto l’Est asiatico... Ed
in effetti l’URSS avrebbe gradito non poco l’idea di
poter occupare quel vuoto di potere lasciato
nell’area dal crollo dell’impero nipponico.
La
tensione, alla fine degli anni ’40, era di nuovo
fortissima, con le due superpotenze che stavano
velocemente arroccandosi su posizioni opposte, nel
gioco micidiale della Guerra Fredda.
A
complicare le cose, la neonata Cina comunista
di Mao Tse Tung.
Con la copertura dell’ONU, cui era subito
ricorsa la Corea del Sud, sbarcarono in Corea i
primi contingenti (formati per la maggior parti da
militari americani), alla guida del generale
Douglas MacArthur.
L’operazione era stata approvata durante la
momentanea assenza della stessa Unione Sovietica dal
Consiglio delle Nazioni Unite. L’assenza
rappresentava la protesta di Mosca contro la
decisione dell’ONU di assegnare il seggio permanente
nel suo Consiglio al governo di Taiwan e non
alla Repubblica popolare cinese.
Ad
appoggiare attivamente la risoluzione c’erano circa
venti paesi, tra cui la Gran Bretagna e la
Turchia.
Il
mondo arabo si schierò nel suo complesso su
posizioni sostanzialmente neutre.
L’esercito guidato dagli statunitensi, arrivato già
in agosto nel Sud, si mosse verso nord in settembre,
con lo sbarco ad Inchön, direttamente dietro
le linee del nord-coreani.
In
poco tempo le truppe occidentali respinsero
l’invasore, tagliandogli i rifornimenti e risalendo
velocemente lungo il confine.
A
questo punto, con una decisione che determinerà in
maniera fondamentale lo sviluppo del conflitto,
MacArthur decise di invadere a sua volta lo stato
del Nord, superando il 38° parallelo…
L’invasione fu autorizzata dall'Assemblea generale
dell'ONU il 7 ottobre 1950.
A
novembre le truppe di MacArthur si erano spinte, per
volontà del generale e contro le disposizioni dello
stesso governo statunitense, fino a pochi chilometri
dal confine con la Cina.
Fu
allora che intervenne anche il governo cinese: a
novembre oltre centomila uomini furono inviati in
Corea.
Con l’appoggio del pese di Mao, il Nord riuscì di
nuovo a superare i confini con il Sud.
Il
presidente americano Harry Truman decise a
questo punto di discostarsi dalle scelte del
generale MacArthur, che aveva preso in
considerazione più volte (e minacciato) il ricorso
alla bomba atomica…
Dopo aver sostituito il militare, nell'aprile del
1951, con il comandante Matthew Bunker Ridgway,
Truman aprì finalmente le trattative con la
Corea del Nord, spaventato anche dai proclami
cinesi: la Cina neocomunista sembrava infatti
intenzionata ad intervenire ancor più massicciamente
nel conflitto.
Oltre a ciò, diventavano sempre più forti le
pressioni internazionali e dell'opinione
pubblica per una soluzione pacifica della questione;
nello stesso tempo si faceva preoccupante la
situazione di totale stallo tra i due
eserciti, ormai nuovamente collocati lungo il 38°
parallelo.
La
guerra tra i due stai confinanti aveva a quel punto
già fatto circa tre milioni di morti, tra i militari
e, soprattutto, tra la popolazione civile.
Il
10 luglio iniziarono i colloqui per la pace.
Due anni dopo l’inizio delle trattative, il 27
luglio del 1953, a Panmunjeom, la
fine dei negoziati sancirà il ritorno alla
situazione precedente alla guerra, con il confine
stabilito sul 38° parallelo.
Dopo un anno di conflitto cruento e due di stallo,
di paralisi sul confine, la guerra di Corea finiva
senza vincitori ne vinti. Le forze che la condussero
agirono in funzione dello scontro tra blocchi, tra
Est ed Ovest, mentre il luogo che la ospitò, e che
ancora oggi paga le divisioni sovrastali imposte da
URSS e Stati Uniti, rimase un semplice teatro, dove
gli attori protagonisti fecero le prove generali, se
così si può dire, di quel che sarebbe stato il
massacro, ancor più inutile di quello coreano, del
decennio successivo: la Guerra del Vietnam.
La
guerra di Corea e le divisioni che ne derivarono
furono strategicamente utilizzati dagli Stati Uniti
nella loro propaganda anti-comunista e
soprattutto come trampolino economico per
un’espansione commerciale (e politico-militare)
attraverso i nuovi alleati asiatici.
Di
contro, nel Nord si formò una cultura che faceva (e
fa) dell’Occidente, e particolarmente degli Stati
Uniti, il principale nemico, il simbolo da
abbattere: i nord-coreani pagarono forse più di
tutti il conflitto, sia in numero di morti che di
effetti a lungo termine, ancora oggi costretti in
uno stato politicamente fuori dal tempo.
Dopo l'armistizio si tentò di organizzare una
conferenza internazionale per risolvere
definitivamente la questione coreana. Ma il
tentativo si rivelò un fallimento completo.
I
lavori della conferenza si fermarono già al secondo
giorno…
Era la primavera del 1954, e da allora, sul 38°
parallelo, nulla è cambiato.
Ancora oggi permane uno dei simboli geografici
più insanguinati della Guerra Fredda.
Ad
oltre cinquanta anni di distanza, persistenti le
divisioni politiche e le tensioni tra i due paesi,
la Corea può però ancora, per certi aspetti, essere
considerata come un paese singolo: la popolazione,
al Nord come al Sud, si considera, legittimamente,
coreana, mentre la lingua parlata è in
entrambi gli stati la lingua coreana
(o Hangul).
Piccoli elementi, purtroppo, certamente troppo pochi
per impostare un serio progetto di futura
riunificazione, che ancora oggi appare lontanissima
seppure il contesto internazionale è radicalmente
cambiato. |