N. 34 - Ottobre 2010
(LXV)
I GIOVANI MERIDIONALI
Qualche utile riflessione
di Giovanna D’Arbitrio
Secondo
le
statistiche
i
giovani
meridionali
delle
classi
sociali
medio-alte
in
genere
studiano
con
serietà
e si
diplomano
o si
laureano
con
buoni
voti,
ma
solo
una
parte
di
essi
riesce
a
trovare
un
posto
di
lavoro
al
Sud
mentre,
come
tutti
sanno,
gli
altri
sono
costretti
ad
emigrare
al
Nord
o
all’estero.
Quelli
più
poveri,
se
sono
onesti,
si
arrangiano
con
lavori
molto
umili,
affrontando
la
concorrenza
con
gli
extracomunitari
che
si
accontentano
di
salari
più
bassi
oppure,
quasi
per
successione,
di
padre
in
figlio,
entrano
nella
criminalità
organizzata.
Purtroppo
nelle
fasce
sociali
più
basse
è
difficile
completare
gli
studi
e
quindi
sradicarsi
da
un
ambiente
che
offre
solo,
miseria,
degrado
e
violenza.
Bellissima
e
significativa
la
scena
del
film
“l’Amore
Buio”
di
A.
Costanzo,
nella
quale
il
protagonista,
Ciro,
imprigionato
nel
carcere
minorile
di
Nisida,
canta
una
drammatica
e
commovente
canzone
di
protesta
(“Tre
Stelle”)
contro
una
società
che
non
offre
niente
ai
ragazzi
dei
cosiddetti
“quartieri”.
Escludendo
coloro
che
sono
agganciati
al
sistema
clientelare,
molti
giovani
mostrano
un
preoccupante,
crescente
disinteresse
per
la
politica,
disinteresse
che
in
genere
nasce
dalla
sfiducia
per
scelte
non
focalizzate
sui
reali
bisogni
del
Meridione
e
soprattutto
su
quelli
delle
nuove
generazioni.
Molti
non
vanno
nemmeno
più
a
votare,
avendo
le
idee
confuse
per
il
bailamme
attuale
fatto
di
scandali
e
corruzione,
accuse
reciproche,
invettive
e
litigi.
Così
purtroppo
quelli
che
emigrano,
prima
o
poi,
decidono
di
restare
all’estero,
chiedono
la
cittadinanza
in
un
nuovo
paese
dove
mettono
su
famiglia
e
non
tornano
più
in
Italia
se
non
per
visite
sporadiche
ai
parenti.
Eppure
tanti
giovani
partono
con
la
speranza
di
ritornare,
di
acquisire
maggiori
competenze
per
poi
“spenderle”
qui
al
Sud,
nelle
loro
regioni,
ma
il
rientro
non
è
facile
per
molti
motivi.
In
effetti
i
nostri
brillanti,
dinamici
e
creativi
giovani
meridionali
si
distinguono
appena
mettono
i
piedi
fuori
dall’Italia
e
fanno
rapidamente
carriera
ma,
quando
cercano
di
rientrare,
i
risultati
così
duramente
conquistati
spesso
non
vengono
adeguatamente
riconosciuti:
posizioni
e
salari
proposti
qui
non
sono
altrettanto
allettanti,
anzi
talvolta
nettamente
inferiori.
Per
loro,
insomma,
si
tratterebbe
di
mettere
la
retromarcia
e
non
tutti
sono
disposti
a
farlo,
anche
se
qualcuno
cede
per
amore
della
famiglia
e
della
propria
terra.
Gli
altri
ripartono,
essendo
ormai
abituati
ad
un
modo
di
lavorare
ben
organizzato
ed
efficiente:
non
si
adeguano
più
a
disorganizzazione,
mancanza
di
regole
e
soprattutto
di
rispetto
verso
i
diritti
del
lavoratori.
Dispiace
veramente
costatare
tutto
ciò.
Siamo
preoccupati
per
il
nostro
paese
e
soprattutto
per
il
Meridione.
È
doloroso
per
i
genitori
del
Sud
veder
partire
i
propri
figli.
Ci
auguriamo,
pertanto,
che
i
politici
italiani
si
occupino
del
futuro
dei
giovani,
invece
di
litigare
tra
loro.
Pensavamo
che
il
PD
almeno
mostrasse
più
coesione
in
un
momento
in
cui
anche
la
coalizione
di
centro-destra
dava
segni
di
cedimento,
ma
poi
abbiamo
potuto
costatare
che
esso
è
più
interessato
a
cercare
un
nuovo
leader
attraverso
altre
primarie.
Quante
primarie
ci
saranno
ancora?!
Ma
se i
leader
indicati
dagli
elettori
poi
vengono
defenestrati
da
lotte
intestine,
che
senso
hanno
nuove
eventuali
primarie?
Il
problema
forse
è di
fondo:
il
bipolarismo
in
Italia
non
funziona
poiché
troppi
sono
i
partiti
e
troppi
aspirano
al
ruolo
di
leader,
a
destra,
al
centro
e a
sinistra.
Perché
allora
non
tornare
ai
singoli
partiti,
ciascuno
con
il
suo
programma
chiaro
e
ben
definito,
il
proprio
simbolo
ben
distinguibile
sulla
scheda
e…
il
proprio
leader.
Se
accordi
si
devono
fare,
si
facciano
dopo
le
elezioni
e
che
siano
trasparenti.
Non
sono
un’esperta
di
politica,
ma
solo
un’umile
insegnante
e
una
comune
cittadina
che
si
serve
di
esempi
semplici
presi
dalla
realtà:
quando
mio
padre
e
mia
madre
non
erano
d’accordo
sulla
linea
di
condotta
da
adottare
nei
nostri
riguardi,
si
chiudevano
in
una
stanza,
discutevano
a
lungo
a
bassa
voce
e,
quando
avevano
raggiunto
un
accordo,
uscivano,
ci
comunicavano
quale
era
la
loro
posizione
e
poi
ci
invitavano
a
riflettere
e a
scegliere
in
modo
responsabile.