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N. 28 - Settembre 2007

FILIPPO TURATI

Il moderato riformista

di Matteo Liberti

 

Filippo Turati nacque nella città lombarda di Canzo, vicino a Como, nel 1857.

 

Oggi il suo nome è ricordato soprattutto, e lo è in molte vie e piazze d'Italia, per l'importante ruolo che ha ebbe nella fondazione (e nella direzione) del primo grande Partito Socialista italiano.

Era il 1892, ed il luogo in cui avvenne la nascita del nuovo partito era la città di Genova.

 

Prima di ciò, Turati fu un noto pubblicista e letterato, che si era avvicinato al Socialismo dopo l'incontro, a Napoli nel 1884, con l'ideologa rivoluzionaria marxista Anna Kuliscioff, allora moglie di Andrea Costa (che sarà poi il primo deputato socialista della storia italiana) e con la quale strinse un profondo legame di amicizia.

 

Assunse, insieme alla stessa Anna, nel 1891, la direzione della rivista La critica sociale (nuova versione della precedente rivista Cuore e critica).

 

Dopo lo scioglimento del partito da parte di Francesco Crispi (nel 1894), nel 1896 fu eletto deputato in un collegio milanese.

 

Durante le repressioni che seguirono ai movimenti popolari del 1898 (la cosiddetta rivolta del pane), Filippo Turati venne incarcerato e condannato a dodici anni di carcere, ma seppe, una volta liberato (nel giugno del 1899), riprendere con vigore la direzione del partito, che indirizzò secondo la sua personale tendenza moderata riformista, segnalandosi per la sua critica alla guerra in Libia (in contrasto con un emergente Mussolini) e per l'opposizione (ma anche qui secondo alcuni limitata, poco energica come altri avrebbero voluto) all'entrata italiana nel primo conflitto mondiale, nel 1915.

 

Da questo atteggiamento poco affine alle posizioni più radicali del partito scaturì presto una rottura con alcune fazioni, tra cui quella comunista.

 

Nel 1921, a Livorno, i suoi oppositori si staccarono dal Partito socialista italiano per dar vita al nuovo Partito comunista italiano.

 

Turati fu anche accusato, in maniera probabilmente strumentale, di non aver condotto una una ferma politica antifascista. Da queste ennesime critiche scaturì il suo allontanamento (o abbandono) dal Partito.

 

L'anno successivo Turati fondò il nuovo Partito socialista unitario.

 

Dopo la vittoria definitiva del Fascismo, segnata drammaticamente dal delitto del deputato socialista Giacomo Matteotti del 1924, Turati decise, dopo aver preso parte alla secessione dell'Aventino, di emigrare in Francia.

Era il 1926.

 

Qui continuò l’attività politica collaborando con molti giornali ed occupandosi in prima linea dell’emigrazione socialista e dell'organizzazione di una concentrazione antifascista, nonché del progetto di riunificazione del partito.

 

Dopo un anno segnato da grandi sforzi di denuncia internazionale della dittatura di Mussolini, Filippo Turati si spense, a Parigi, il 29 marzo del 1932.

 

Quella che all'epoca era la percezione del personaggio è ben definita da alcune parole scritte su di lui da Benedetto Croce: "Per le sue origini mentali, letterarie e democratiche, e per quelle familiari e di borghese e moderato, era forse quegli che meno di tutti credeva alle tesi dottrinali del marxismo"...

 



 

 

 

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