N. 26 - Luglio 2007
ERMOGEN
DI KALUGA
Lettere
da Zirovicy
di
Stefano De Luca
Ermogen
Golubev, arcivescovo di Kaluga, può
essere considerato il primo vero resistente della
Chiesa ortodossa russa, avendo compiuto il 18 giugno
del 1965 un gesto clamoroso e di enorme rilievo.
Si
presentò, infatti, assieme ad altri otto vescovi,
presso il Patriarcato di Mosca, per protestare contro
il Concilio del 1961, che aveva di nuovo assoggettato
l’autonomia ortodossa alle decisioni del Partito
Comunista dell’Unione Sovietica.
Il
suo gesto rientrava pienamente nel diritto canonico,
ma dopo pochi giorni venne convocato dal Santo Sinodo,
assieme agli altri otto vescovi, per ritrattare.
Ermogen non solo rifiutò di tornare sui suoi passi, ma
volle anzi assumere su di sé tutte le responsabilità
per la dichiarazione del 18 giugno.
Per
il suo dissenso, l’arcivescovo di Kaluga venne
‘invitato’ a lasciare la propria diocesi, e ‘messo a
disposizione’ per un nuovo incarico. Nella sostanza,
Ermogen venne destituito e confinato nel monastero di
Žirovicy, in Bielorussia. Da questo luogo continuò a
lanciare nuovi appelli in difesa dell’autonomia della
Chiesa dallo Stato, e contro la chiusura dei luoghi di
culto.
Il 25
dicembre del 1967 l’ex arcivescovo di Kaluga scrisse,
dal suo confino, alcune Lettere sull’attuale
condizione della Chiesa ortodossa russa, che trovarono
una vasta circolazione nel samizdat.
“Se
la composizione del Sinodo nella Russia zarista”,
affermava Ermogen, “come pure le designazioni delle
sedi episcopali dipendevano in grado notevole dalle
decisioni dell’oberprokuror del Sinodo, oggi
essere membro del Sinodo, come pure le designazioni ed
i licenziamenti dei vescovi, dipendono dal presidente
del CAEO (un organismo dipendente dal PCUS) in misura
molto maggiore di quanto nella Russia zarista non
dipendessero dalle decisioni dell’oberprokuror
del Sinodo”.
Questo era dovuto ai “rapporti anormali instauratisi
tra la Curia patriarcale ed il CAEO”, che violavano la
legalità costituzionale.
“Nel
prossimo gennaio del 1968”, incalzava l’arcivescovo,
“saranno trascorsi 23 anni dall’ultimo Concilio
nazionale, datato 1945 […] se si eccettua il Concilio
Episcopale del 1961, che però non fu legale in quanto
convocato in palese violazione del diritto canonico”.
Inoltre il Concilio del 1961 prevedeva la convocazione
di un Concilio nazionale ordinario per discutere gli
emendamenti apportati al «Regolamento». Secondo
Ermogen, a questo promesso Concilio ordinario sarebbe
spettato, “perché più grande, correggere le decisioni
di quello più piccolo”.
Il
tanto atteso Concilio si svolse nel mese di giugno del
1971, ma non mutò le decisioni prese “in quello più
piccolo”, lasciando cadere nel vuoto tutti gli appelli
che erano pervenuti. Il CAEO, sotto pressione,
comunicò al Comitato centrale del PCUS le resistenze
che la politica religiosa adottata aveva incontrato in
buona parte dell’episcopato.
Riportò, in particolare, come fosse giunto un appello
anonimo che chiedeva l’elezione di un nuovo Patriarca,
e presentava “27 vescovi come possibili candidati, ed
il primo della lista era l’arcivescovo Ermogen”. Un
nuovo simbolo della resistenza individuale alle
limitazioni della libertà in Unione Sovietica. |