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N. 20 - Gennaio 2007

LA MOGLIE DELL’UFFICIALE NAZISTA

Edith Hahn Beer, ebrea sposata a un nazista

di Alessia Ghisi Migliari

 

Pare che Napoleone abbia detto che la sua vita è stata un gran romanzo.

Nulla da contraddire, eppure succede che non sempre siano da cercare nella grande Storia, nomi che hanno avuto esistenze incredibili.

 

Edith Hahn Beer non è sui libri che raccontano i grandi eventi umani.

Pochi l’hanno sentita nominare, al massimo qualcuno ha letto la sua autobiografia, magari faticando a crederci.

Perchè per sopravvivere le si prova tutte.

E lei, ebrea durante il nazismo, di difficoltà a sopravvivere ne aveva parecchia.

 

Nelle immagini di gioventù, non si può dire se sia effettivamente graziosa.

Non lo si può dire perchè i canoni estetici ormai differiscono, e perchè è una di quelle persone che, versatili, paiono differenti in ogni scatto.

Per nulla brutta, nemmeno bellissima, in effetti dotata di zigomi e lineamenti che ricordano, nei clichè comuni, la gente “ariana”.

Senza dubbio, si trattava di una giovane colta.

Nata nel 1914 a Vienna, studia legge, ma alla laurea (almeno allora) non ci arriva per pochissimo, perchè non può, a causa delle leggi razziali.

 

Nel 1941 viene inviata come lavoratrice “schiava” a Osterburg, nel nord della Germania – una sorte per nulla rara.

Prima è occupata in una piantagione di asparagi, poi in una fabbrica, dove il suo orario settimanale come operaia ammonta a 80 ore.

Scrive al suo fidanzato d’allora, nel ghetto dove anche lei è stata per qualche mese, con la madre (una sorella di Edith è già emigrata in Palestina).

Lavora e scrive.

 

Un anno e mezzo dopo, alla notizia che la madre viene trasferita in Polonia, ottiene un permesso e tenta di raggiungerla –  inutilmente.

La donna è stata deportata due settimane prima.

 

Ma la ragazza non ha tempo da perdere, deve far presente ai nazisti dove si trova, deve tornare, non è in vacanza.

 

Ma, tolta la stella di Davide dall’abito, diviene una fuggitiva.

Si nasconde in varie case, finchè non trova un’anima realmente pia, senza dubbio coraggiosa: l’amica di religione cristiana e razza giusta, Christle Margarethe Denner, che le dà i suoi documenti, raccontando poi, con enorme rischio, di averli persi nel Danubio.

 

E quindi Edith rinasce Grete Denner, una povera infermiera di Monaco, con un’occupazione presso la Croce Rossa.

Ed è qui che conosce Werner Vetter, un membro delle SS, biondo e aitante e, in poco tempo, innamorato.

Si incontrano in una galleria d’arte, dopo sette giorni lui le confessa d’essere in procinto di divorziare e con un figlio, lei fa presente d’essere ebrea.

Ma Werner non vuole rinunciare a questa donna intraprendente, e decide che no, non importa.

 

Vanno a vivere assieme, in una strana ambivalenza.

Se all’inizio Werner è gentile e fidato, in seguito si fa autoritario, ipercritico, facile da irritare. Controlla maniacalmente la pulizia della casa e la compagna, che, da bravo nazista, considera cosa sua.

 

Edith nasconde se stessa: capisce di dover essere obbediente, tranquilla, servizievole, possibilmente quasi invisibile.

Non si deve vedere che è intelligente, preparata, che ha personalità.

Fa la casalinga hitleriana, col timore che quel fidanzato ambiguo possa da un momento all’altro stancarsi dell’ebrea che si è preso.

E’ un equilibrio senza molte speranze.

 

Lei teme di tradirsi, evita di fare amicizia, di entrare nei negozi dove c’è da salutare col braccio teso, e nemmeno vuole antidolorifici, durante il parto, nella paura di non controllare chissà che verità e dire cose poco adatte.
Perchè ecco l’evento straordinario: nel 1944, la piccola Maria Angelika Vetter nasce in un ospedale del Reich.

 

Caso unico e sarcastico.

E a questo punto, i due si sposano, ma è un’unione per nulla tranquilla, sarebbe notevole se lo fosse.

Finchè Werner viene inviato in Russia, come soldato, e lì finisce in Siberia.

 

La guerra termina, e finalmente Edith può rispolverare la propria carta d’identità, quella vera, nascosta in un libro.

Si rimette a studiare, diviene magistrato, cresce la figlia.

Riveste anche un ruolo delicatissimo:  è uno dei giudici del processo di Norimberga.

Quando il marito torna (grazie anche al suo intervento), frustrato dai cambiamenti della consorte, il divorzio è inevitabile.

Nel 1947, Edith ritorna libera, ma non riesce a restare in Germania.

Le piacerebbe, sì, ma i russi, che ormai comandano, la vogliono reclutare nella loro polizia segreta.

 

Come entrare nella Gestapo, pensa lei.

E parte, con la bimba.

Va a vivere in Inghilterra, dove ci sono alcuni parenti.

E lì si risposa nel 1957, con Fred Beer, un altro sopravvissuto all’Olocausto.

Quando resta vedova, una ventina d’anni fa, si trasferisce in Israele, e racconta la sua storia nel libro La moglie dell’ufficiale nazista (Garzanti, 2003), con l’aiuto della giornalista Susan Dworkin – e da lì il racconto diviene un documentario trasmesso negli Stati Uniti.

 

Non sa dire se l’abbia amato, Werner.

Ci si è aggrappata, ha trovato il modo di salvarsi.

La figlia nata dalla loro unione è stata cresciuta come ebrea, dalla madre, e per un pò di tempo ha anche avuto delle occasioni per vedere il padre.

Finchè lui, eccessivamente adirato dal fatto che la fanciulla non avesse una formazione cattolica, ha spinto la ragazzina a un allontanamento.

E nemmeno Edith l’ha più rivisto.

 

Parlando del marito nazista, dice che non sono chiari, i sentimenti nei suoi riguardi.

Malgrado le vessazioni subite, lei prova gratitudine per chi l’ha aiutata.

E lui è irrimediabilmente la persona che le ha permesso di arrivare oltre la guerra, di avere il tempo per una vita.

 

E quindi ecco questa donna-personaggio, degna di un romanzo che invece c’è, ma è un’autobiografia.

Criticata per le sue scelte da alcuni, compresa dai più, ha avuto mille volti, ma quello vero l’ha potuto portare in scena solo dopo il nazismo.

Della casalinga tedesca e arianissima, silenziosa nel suo angolo a cucinare, ha dimenticato molto.

Era il ruolo che meno le apparteneva.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Hahn Beer E., Dworkin S., “La moglie dell’ufficiale nazista”, Garzanti 2003

http://www.imdb.com/name/nm1753994/bio

http://www.bbc.co.uk/worldservice/people/highlights/edith.shtml

http://www.channel4.com/history/microsites/H/history/t-z/wife.html

 



 

 

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