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N. 22 - Marzo 2007

Edgar Allan Poe

La suggestiva vita dello scrittore del brivido

di Tiziana Bagnato

 

Opere di artigianato, frutto di una meticolosa scelta di parole e termini, di accostamenti, incastri, richiami: queste sono le opere di Edgar Allan Poe, scrittore dell’Ottocento diventato celebre per i suoi racconti all’insegna del brivido e dell’orrore. Cornici di atmosfere vaganti dal fantastico al terrore, dal raziocinio al grottesco che ne fanno una letteratura eclettica ma gradevole e ricca di suggestioni.

 

Ma il suo stile e la sua vita non possono essere ricondotti così facilmente al ritratto stereotipato dello scrittore maledetto, anche se la stessa angoscia che ne contraddistinse l’esistenza attraversa, speculare, le sue narrazioni.

 

Edgar Poe nacque a Boston il 19 gennaio 1809, secondo di tre figli di una coppia di attori. I genitori erano gravemente malati, il padre era tisico e la madre affetta da tubercolosi, così lo scrittore americano si ritrovò orfano a soli due anni di età. Secondo molti biografi, proprio l’essere stato presente quando la madre morì per un attacco di emottisi, avrebbe condizionato, a livello inconscio, molti dei suoi atteggiamenti futuri.

 

I tre fratelli vennero divisi e Poe venne affidato ad un ricco mercante, John Allan, e a sua moglie Rosalie. Con loro si trasferì in Inghilterra dove rimase fino a quando, cinque anni dopo, un tracollo finanziario, non impose un ritorno a Richmond.

 

Nel 1826, Poe iniziò a frequentare l’università della Virginia, dove si distinse sia per il rendimento in latino e francese che per il vizio del gioco e dell’alcol che presto lo condussero ad indebitarsi. Poe si rivolse, allora, al padre, il quale si rifiutò di aiutarlo, dando inizio ad una serie di contrasti e scontri senza risoluzione.

 

Lasciata la casa paterna si trasferì a Boston, dove riuscì a pubblicare la raccolta poetica Tamerlano, che però passò quasi inosservata al pubblico e alla critica.

 

Nel 1829 Poe si trasferì a Baltimora, nella casa della zia, la signora Clemm, la quale viveva con la figlioletta Virginia. Di questa donna sopravvivono ritratti contrapposti, qualcuno la ricorda come un “angelo” e qualcun altro come un “vampiro opportunista”.

 

Dopo un anno Poe iniziò a frequentare l’accademia militare di West Point ma venne espulso dopo poco tempo a causa del suo temperamento dissoluto. L’espulsione dall’Accademia segnò la rottura definitiva dei rapporti con il padre adottivo, il quale, alla sua morte, non lo citò nemmeno nel testamento.

 

Senza alcuna risorsa economica per sopravvivere, Poe iniziò a sfruttare la sua grande passione, la scrittura, per tentare di guadagnarsi da vivere. Con la pubblicazione di poesie e racconti su diversi quotidiani riuscì a costruirsi un certo credito che gli consentì di ottenere un posto di redattore al “Southern Literary Messanger” di Richmond.

 

La sua abilità e il suo talento furono tali da riuscire a far aumentare la tiratura del giornale da trecento mila a cinquecento mila copie. Ma ben presto, lo scrittore lasciò anche quella occupazione, per iniziare a vagare per l’America, offrendo alle riviste collaborazioni, poesie e racconti.

 

Nel 1836 si legò alla cuginetta Virginia, allora tredicenne. Nonostante la sua giovane età, il matrimonio fu felice e costituì l’unica parentesi felice nella vita di Poe. Infatti, già nel 1847, Virginia, gravemente malata, morì, lasciando lo scrittore prostrato, non solo dal dolore, ma anche dall’alcol e dagli stupefacenti assunti per affrontare prima l’agonia e poi la morte della moglie.

 

Dopo mesi di completa inattività, Poe scrisse la poesia Ulalume e il poema metafisico Eureka. Lentamente la letteratura guidò la sua rinascita. Iniziò a tenere diverse conferenze, accompagnandole alla stesura di saggi e a molte storie sentimentali. Tra queste la più importante fu quella con Sarah Elmyra Royster, una vedova benestante, con la quale avrebbe dovuto convolare a nozze. Ma, poco prima delle nozze, Poe si imbarcò per New York dove, in realtà, non arrivò mai.

 

Qualche giorno dopo, infatti, venne soccorso d’urgenza a Baltimora. Trasportato in ospedale, non riprese più conoscenza e morì quattro giorni dopo per un violento attacco di delirium tremens.

 

Quella vissuta da Poe fu una vita difficile, segnata da pesanti lutti e difficoltà economiche, affrontate con l’animo sensibile ed irrequieto di un grande talento letterario. Ma basta leggere poche righe di qualsiasi suo racconto e poesia, per capire che non lo si può appiattire ad un semplice poeta maledetto o decadente.

 

Come ha affermato D.H.Lawrence: “Poe è uno scienziato più che un artista; scompone il suo io come uno scienziato scompone un sale. E’ quasi un’analisi clinica dell’anima e della coscienza, la sua, mentre l’arte vera si muove sempre sul doppio ritmo di creazione e distruzione.[…] Ma i suoi pezzi migliori non sono racconti, sono qualcosa di più: terribili storie dell’anima in corso di disintegrazione”.

 



 

 

 

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