N. 19 - Dicembre 2006
LE
DONNE E LA POLITICA
Il
ruolo
femminile nelle Istituzioni
di
Giulio Viggiani
In tutti i dati forniti dalle organizzazioni internazionali
e nazionali l’Italia resta un paese in cui le donne
continuano a essere sottorappresentate nelle
istituzioni politiche e ad avere scarse possibilità di
carriera per il limitato accesso alle posizioni di
potere.
Nell’ultimo rapporto, il World Economic Forum
sulle discriminazioni pone il nostro paese al 45°
posto su 58, prendendo in considerazione gli Stati dal
punto di vista delle strutture di supporto alle donne
e della loro presenza nelle istituzioni
rappresentative e al vertice delle aziende private.
Gli unici due settori in cui l’Italia riesce a
primeggiare sono il sostegno alla maternità e
l’assistenza sanitaria, ma non bastano a risollevare
una situazione drammatica.
Ad
un’analisi più approfondita la condizione femminile in
Italia appare un malato grave se si guarda alle
statistiche delle ultime indagini demoscopiche che
dimostrano come gli italiani riconoscono l’esistenza
di trattamenti discriminatori e penalizzanti nei
confronti delle donne nel campo professionale, sulla
scena politica e tra le mura domestiche.
Questa legittimazione sociale a una maggiore
valorizzazione delle donne in tutti i settori della
società risulta particolarmente sentita a livello
locale a causa della minore ideologizzazione della
vita politica. Come illustrano chiaramente i dati del
rapporto Censis del 2003, il ruolo della donna viene
percepito nella sua specificità e nella sua capacità
di fornire un valore aggiunto in termini di
mediazione, di pragmatismo e di sensibilità,
soprattutto in provincia e nei piccoli centri, dove il
rapporto tra amministratori e amministrati è più
diretto e i cittadini chiedono con più forza una
capacità di confronto che porti con più facilità alla
risoluzione dei problemi di tutti i giorni.
Dal
rapporto Censis emerge con chiarezza il divario tra la
forza e il peso che le donne hanno raggiunto in tutti
i livelli della vita sociale e la loro effettiva
presenza e peso nelle istituzioni.
Il
loro apporto infatti, è generalmente confinato
all’esercizio di competenze relative all’erogazione
dei servizi alla persona, nel settore educativi,
sanitari e socio-assistenziali. Anche a livello locale
il ruolo femminile non è valorizzato pienamente,
essendo escluso sistematicamente dalla gestione
economica e dagli assessorati strategici quali le
infrastrutture, i trasporti e la sanità.
Nei
dati del rapporto i cittadini indicano la strada da
seguire: l’uguaglianza di condizione con gli uomini va
ricercata nel rispetto delle differenze e delle
specificità dei sessi. Le donne, per esempio,
risultano più abili nel raccogliere e mantenere il
consenso sociale degli uomini e perciò dovrebbero
partecipare più attivamente alla vita politica nei
ruoli decisionali. Conseguentemente è avvertita la
necessità di supporto delle donne da parte dei partiti
politici, nel cui ambito direttivo invece la presenza
femminile è quasi pari a zero.
Da
anni tra l’altro, è in corso un dibattito circa
l’opportunità dell’introduzione di misure di
riequilibrio del peso delle donne nelle istituzioni
rappresentative attraverso “quote” da riservare alle
candidature femminili. Tuttavia le risposte in questo
senso sono state generalmente negative in primis da
parte delle donne.
Emerge perciò con evidenza che il processo di
“femminilizzazione” strisciante in questi anni ha
preso piede nelle amministrazioni comunali per la
dimensione più umana che la politica riveste a livello
locale, depurata da valenze e distorsioni ideologiche.
Il
“caso Italia” appare in tutta la sua gravità se
paragonato alle situazioni degli altri paesi europei.
Soltanto la Grecia nell’ultima legislatura ha eletto
un numero inferiore di donne in Parlamento
dell’Italia, con un misero 8,7% sul totale degli
eletti, preceduta dal nostro paese con l’11,5%. Ai
primi posti si attestano le nazioni scandinave,
Svezia, Danimarca e Finlandia, rispettivamente con il
45,3%, il 38% e il 37,5%. Nel Parlamento europeo la
presenza media femminile è del 31% con 196 seggi su
626. Nei governi la situazione non si discosta molto
da quella dei parlamenti, con una presenza esigua
quando non addirittura inesistente.
Dalla ricerca dell’istituto Cattaneo dell’ottobre
2004, la tendenza discriminatoria nei confronti delle
donne viene pienamente confermata ma non mancano le
sorprese positive su cui lavorare per incoraggiare il
cambiamento di mentalità. Lo stato di uguaglianza
effettiva e reale tra uomini e donne non corrisponde
alla pressoché totale adesione alla pura e semplice
dichiarazione di principio. Ciò è dovuto
fondamentalmente alla diversa concezione che uomini e
donne hanno della parità e dell’equa divisione del
lavoro in famiglia. La “democrazia” nella famiglia
occidentale resta perciò ancora un semplice auspicio e
un programma di intenti.
Nonostante i progressi di questi ultimi decenni,
specialmente dagli anni ’70 in poi, permane un vizioso
rapporto circolare tra la distribuzione dei carichi di
lavoro nella famiglia e i mancati successi nella
carriera lavorativa. Come accennato, la scarsa
partecipazione delle donne alla vita politica è uno
specchio impietoso della sparuta presenza femminile
nei ruoli decisivi e strategici della classe dirigente
intesa nel suo insieme.
Alla Camera le donne sono il 10,3% mentre al Senato
sono addirittura il 6,7% che, facendo la media sono
pari al 9,1%. Tra gli uomini resta forte il
pregiudizio sull’incapacità femminile nell’occuparsi
della cosa pubblica, soprattutto al Sud, dove la
tradizionale struttura familiare continua a essere un
punto di riferimento costante e la mobilità sociale è
ancora molto limitata.
Anche in politica il minore interesse delle donne è
causato dall’uso invalso di affidare loro ruoli
“ancillari” sul modello della vita domestica, di alto
valore simbolico ma di scarsa incidenza strategica.
Per
invertire la tendenza prevale nettamente la richiesta
di favorire il lavoro delle donne attraverso
l’incentivazione delle aziende, come l’apertura degli
asili nido nelle sedi lavorative. Dalla ricerca
dell’istituto Cattaneo “Donne, politica e istituzioni”
emerge un preoccupante disinteresse delle giovani
generazioni ai temi delle pari opportunità e della
parità uomo-donna.
In
questo ambito la Commissione nazionale per la pari
opportunità ha avviato una campagna di informazione e
di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla
minoritaria condizione femminile nelle istituzioni.
Per attirare l’attenzione dei mass-media è stato
ideato il momento nazionale dedicato alle pari
opportunità.
Punto cardine delle linee guida individuate dalla
Commissione è la razionalizzazione e la compilazione
di un testo unico che racchiuda tutta la legislazione
sulle pari opportunità, partendo dalla recente riforma
dell’articolo 51 della Costituzione che ha dato
effettività al principio della parità formale e
sostanziale tra uomini e donne. |