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N. 10 - Marzo 2006

LA DONNA IN RUSSIA ALL'INIZIO DEL XIX SECOLO:

LA SEGRETARIA DI N. LESKOV E NADESDA DUROVA, LA VERGINE-CAVALIERE

Due modelli a confronto

di Leila Tavi

 

L’evoluzione della figura femminile nella Russia all’inizio del XIX secolo, nonostante gli influssi della recente Rivoluzione e dei modelli illuministici, venne ostacolata da una società tradizionalista in cui le riforme di Pietro il Grande hanno avuto come unica conseguenza per le donne il desiderio di migliorare l’aspetto esteriore, di assomigliare il più possibile alle dame occidentali nel modo di vestire, di truccarsi o di parlare.

 

L’ingresso della donna in un mondo dai valori “maschili” come quello russo, inizia dalla letteratura. Gli influssi dell’Età dei Lumi e della filosofia francese del secolo precedente avvicinarono le donne russe alla letteratura: una dama doveva sapere leggere e scrivere.

 

Così alla fine del XVIII secolo venne istituita la “biblioteca delle donne”; le biblioteche private delle nobili tra la fine del ‘700 e gli inizi del ‘800 erano lo specchio dei fermenti del tempo, attraverso eventi come l’invasione di Napoleone nel 1812 e la rivolta dei Decabristi nel 1825.

 

Se durante l’epoca petrina alla donna era concessa la sola cura dell’aspetto esteriore e i modelli da imitare, nonostante le mode delle corti occidentali, erano quelli tradizionali delle nonne o addirittura delle contadine, con l’arrivo dell’eco delle idee rivoluzionarie dalla Francia i costumi e le abitudini delle dame di corte cambiarono radicalmente.

 

Già mentre i grandi imperi europei combattevano per la restaurazione della monarchia in Francia le donne avevano abbandonato le parrucche dalle acconciature teatrali e le crinoline, tanto care a Caterina nelle sue messe in scena di vita bucolica a Petrodvorec per passare a uno stile nel vestire semplice e sobrio.

 

L’immagine della zarina Maria Feodorovna la sera dell’assassinio di Paolo I è quella di una donna con gli abiti occidentali e proibiti dal marito: un vestito semplice, a vita alta, ampia scollatura e spalle scoperte: un elogio alla naturalezza. Il primo vento di rivolta da ovest fu portato in Russia dalle donne. Un esempio ne è il ritratto di M.I. Lopuchina di W. Borovikovskij, per la prima volta non troviamo a ornare l’incarnato campanule o pizzi sullo sfondo.

 

Con l’arrivo degli abiti di foggia “onegiana” il modello femminile dall’ideale di bellezza florida, che riprendeva i canoni classici, si trasformò in quella sofferta e leggiadra dell’ideale romantico.

 

Avere un aspetto sano per una donna dell’inizio del XIX secolo veniva considerato segno di volgarità: la dama doveva essere eterea, consumata dalle passioni, sognatrice, sofferente. Il demone e l’angelo si fusero insieme nell’ideale di bellezza femminile del Romanticismo, forgiato dall’arte e dalla letterature del tempo.

 

Un ideale astratto che viveva solo nella poesia e non aveva riscontro nella realtà.

 

Il comportamento eroico delle donne durante la rivolta decabrista secondo lo storico Jurij M. Lotman fu ispirato dalle grandi eroine della letteratura, mai avvenne il contrario. Fino a quel momento i ruoli tra i due sessi all’interno della società russa erano nettamente separati: l’uomo serviva lo Stato e la donna si occupava dell’educazione della prole.

 

La vita di corte era un’eccezione a conferma della regola; il piacere della vita mondana era concesso a uomini e donne in modo egualitario.

 

Il rango di una donna, se non era una dama di corte, veniva assimilato a quello del marito, o del padre. Appellativi quali “Consigliera”, o “Segretaria”, come nel famoso racconto di N. S. Leskov, erano senza valore, si trattava solo del corrispettivo femminile della carica detenuta dal marito e non di titoli conferiti per capacità o riconoscenza dello zar per servizi svolti.

 

Servire lo Stato era proibito per le donne, che si rifugiavano nella sfera del privato, dove attraverso un educazione all’arte e alla cultura cercavano la gratificazione sociale che l’uomo otteneva sui campi di battaglia.

 

Nadežda Durova, la “vergine-cavaliere” sfuggì alle regole imposte dalla rigida società russa. Figlia di un maggiore dell’esercito, venne avviata alla carriera militare dal padre stesso. Nonostante il matrimonio nel 1801 con il giudice V. S. Černov e la nascita del figlio nel 1803, abbandonò la famiglia fuggendo con un ufficiale cosacco nel 1805.

 

Nel 1807 si spacciò per uomo con il nome Alexander Sokolov ed entrò in un reggimento uhlan polacco.

 

Partecipò alla campagna di Prussia del 1806-1807. Impavida in battaglia venne soprannominata dallo zar “Alexandrov”.

 

Nonostante il suo aspetto da fanciullo imberbe le sue gesta in battaglia ebbero eco in tutto l’impero.

Partecipò anche alla battaglia di Smolensk durante l’invasione di Napoleone del 1812.

 

Durante la battaglia di Borodino fu ferita da una palla di cannone, nonostante la grave ferita alla gamba continuò a combattere senza mai risparmiarsi.

Si ritirò nel 1816 con il grado di capitano.

 



 

 

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