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N. 15 - Agosto 2006

CRISI PREAMBOLO DI RIVOLUZIONE?

Si può prevedere una rivoluzione o un grande cambiamento storico?

di Sergio Sagnotti

 

Si possono prevedere cambiamenti epocali nella vita di  un paese?

Da alcuni fattori sembrerebbe di si…

 

Normalmente alla base di cambiamenti radicali ci sono delle componenti univoche e degli unici comun denominatori…la fame e la crisi sociale, come a dire che una  volta toccato il fondo si ha quasi sempre una sterzata storica che segnerà in maniera indelebile la vita del paese stesso.

 

Primo esempio è la crisi economico-sociale che colpì l’Impero Romano attorno al 135 a.C. crisi che tentò di fronteggiare la famiglia dei Gracchi (Tiberio e Caio) con le loro famose riforme nel campo terriero e coloniale che prendono il nome proprio dalla celeberrima famiglia romana (Riforma dei Gracchi).

 

La crisi però non si attenuò ed andò man mano accentuandosi aprendo la strada ad un profondo cambiamento nella vita politica romana che sfociò con la dittatura di Silla (83 a.C.) la fine della Repubblica e l’inizio del primo e successivamente del secondo Triumvirato e alla dittatura di Giulio Cesare…

 

Simili le cause che portarono alla Rivoluzione per eccellenza ossia quella francese; la diffusione delle idee illuministe metteva in fermento la gente, la clamorosa crisi finanziaria della corona, un sistema di tassazione arcaico e ingiusto che strangolava le classi più deboli, la mancanza di cibo, uno stato praticamente in bancarotta, con il conseguente rifiuto di tutti gli stati europei di fare prestiti al sovrano francese Luigi XVI per fronteggiare alla crisi.

 

Queste furono le componenti che fecero da preambolo alla rivoluzione del 1789 e che causarono nel paese transalpino la fine della monarchia e dell’ancien règime e negli anni successivi alla dittatura di Napoleone.

 

Sostanzialmente le stesse premesse, con la sola differenza che cambiarono i personaggi, si ebbe nella Russia zarista di inizio novecento; situazione di insofferenza sociale divampante nella popolazione e soprattutto nella classe dei contadini, strutture sociali inadempienti e di tipo semifeudale, dispotismo esasperato da parte della figura semidivina dello Zar, crisi nel campo dei trasporti dovuta al clima non certo favorevole e la conseguente mancata distribuzione di beni alimentari oltre a condizioni di vita popolare più che miserabili (dovute anche alle spese della guerra) spinsero alla ribellione generale, che ebbe la sua massima espressione ed efficacia con la Rivoluzione d’Ottobre guidata da Lenin, la conseguente abdicazione dello Zar e l’instaurazione di un regime socialista prima e staliniano poi.

 

La fine della prima guerra mondiale oltre a creare problemi territoriali tra rivendicazioni e attribuzioni varie egemonizzò una crisi finanziaria e sociale a cui ben pochi paese poterono sottrarsi.

 

L’Italia fu uno dei paese più colpiti, benchè avesse vinto la guerra; fu infatti in questo clima che si sviluppò  l’insoddisfazione popolare italiana dovuta soprattutto al non rispetto della parola data da parte degli alleati e la mancata annessione di territori come l’Istria e Fiume che alimentarono la convinzione di una “vittoria mutilata”.

Alla delusione si aggiunsero ben presto altri problemi strettamente pragmatici: le banche fallivano, l’inflazione e la disoccupazione erano in ascesa, totale astiosità e incomprensione fra la classe operaia e quelle dirigente che portò a massicci scioperi e boicottaggi; per placare la crisi lo stato dovette aumentare le tasse e fare dei tagli sui salari.

Queste furono le premesse che portarono alla marcia su Roma e alla salita al potere da parte del fascismo con il conseguente ventennio di Mussolini.

 

La Germania fu la nazione che più risentì dell’involuzione economico-sociale europea e in parte mondiale; le condizioni dettate dai vincitori della guerra nel trattato di Versailles furono molto pesanti e frustranti, i teutonici furono ritenuti gli unici responsabili; le forze armate vennero drasticamente ridotte, pagamento dei danni di guerra, restituzioni territoriali (Alsazia, Lorena e le colonie) a tutto ciò si unì il crollo del marco e la disoccupazione che toccò apici clamorosi.

 

L’orgoglio nazionale tedesco fu profondamente toccato da questa situazione e tutto ciò aprì la strada all’affermarsi di movimenti nazionalisti come quello nazista e nel crollo della debole e frammentaria repubblica di Weimar postbellica.

 

Con queste premesse Hitler fu nominato cancelliere nel 1933.

 

Si potrebbero citare altri esempi  come il declino dell’Impero Ottomano e la rivoluzione kemaliana; la conseguente rivolta e indipendenza delle ex colonie turche, la sconfitta nella guerra mondiale, lo smembramento e l’occupazione della Turchia da parte dei vincitori fecero da premessa ad una rivoluzione che segnò in maniera indelebile la storia bizantina.

 

Fu infatti sotto la spinta di Mustapha Kemal detto Ataturk (padre della Turchia) che si avviò la rivolta contro il sultanato, la riscossa nazionale e la completa laicità di uno stato altresì strettamente legato alla tradizione islamica; il tutto si concluse con la proclamazione della Repubblica turca nel 1923.

 

Fu nel 1936 che la Spagna si trovò di fronte anch’essa a problemi di natura sociale ed economica e di forte instabilità  politica; economia di natura fortemente arretrata, violenti dualismi tra forze di estrema destra e di estrema sinistra con conseguenti atti coercitivi perpetrati ai danni dei latifondisti e delle istituzioni ecclesiastiche, conditi da scioperi per lo più repressi nel sangue.

 

In questa situazione si avviò una delle guerre civili più sanguinose della storia che si concluse nel 1939 con la presa del potere da parte di Francisco Franco detto “el caudillo”.

 

Cambiano i luoghi, cambiano gli interpreti, cambiano i tempi e le epoche ma i fattori e le premesse che fanno da preambolo a cambiamenti epocali non solo a livello locale o nazionale ma anche a livello mondiale, sono sempre gli stessi.

 

Basti pensare ai segnali precedenti la seconda guerra mondiale a livello internazionale dalla grande depressione statunitense alle crisi e i malumori europei, dal fermento delle colonie alle rivolte mirate alla laicizzazione nazionale.

 

Forse è nell’indole umana compattarsi e reagire nel momento in cui si è sull’orlo del precipizio, come quando un animale è ferito e guardando la morte in faccia tira fuori delle risorse e delle doti che nemmeno credeva di possedere…

 

E altresì obbligatoriamente necessario toccare il fondo per reagire?

 

Le rivoluzioni sia di svolta positiva che negativa le fanno gli uomini, questo è ciò che la storia ci ha insegnato, ma è caratterizzante il fatto che un arringatore di folle ha maggiore presa e potere sul popolo in momenti di insoddisfazione generale e di crisi e sa come approfittarne accendendo la miccia che scatenerà la rivolta, ecco perché non tutti nascono o diventano leader…

 

La  furbizia e la scaltrezza di capire quando è il momento propizio per accendere nella gente quell’orgoglio e quello spirito masaniellano sopito e nascosto dentro ognuno di noi, fanno di uomo un capo, un leader.

 

Dobbiamo cominciare a fare delle serie riflessioni vista la situazione economico-sociale precaria in cui verte il nostro paese?

 



 

 

 

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