N. 14 - Luglio 2006
LA CRISI MISSILISTICA DI CUBA
Ottobre 1962
di Matteo Liberti
Nell'Ottobre del 1962 scoppiò una
pesante crisi diplomatica tra gli Stati Uniti
e l'Unione Sovietica, prologo della quale fu
una ricognizione svolta da due aerei spia
U-2 (statunitensi) sopra lo spazio aereo
cubano.
La suddetta ricognizione permise ai piloti di
fotografare la presenza di alcuni missili
nucleari sovietici a medio raggio e la
costruzione in atto dei relativi sistemi di
lancio.
D'improvviso, quasi l'intero territorio
americano rischiava di trovarsi sotto
l'effettiva minaccia di apparati missilistici
nemici.
Cuba era stato un paese strettamente legato
agli interessi nordamericani fin dai tempi
della sua indipendenza dalla Spagna, nel 1898,
e dopo la vittoria di Fidel Castro
nella rivoluzione cubana del 1959, gli
Stati Uniti erano desiderosi di soffocare il nuovo regime di stampo filosovietico,
unico stato socialista del continente
americano.
Già dal 1961, l'allora presidente
Eisenhower aveva interrotto i rapporti
diplomatici con il nuovo stato e lo aveva
escluso a dall'OEA (l’Organizzazione
degli Stati Americani). Il suo successore,
John Fitzgerald Kennedy, arrivò
addirittura ad
approvare un piano di invasione dell'isola
(definito dal precedente governo), addestrando
e confidando sul supporto degli esuli cubani.
Lo sbarco delle armate anti-castriste avvenne il 17 aprile
1961, in un punto dell'isola nominato
Baia dei Porci.
L'operazione
si rivelò però un fallimento e Cuba, vistasi
minacciata, concordò con
Mosca (nell’estate del 1962)
l'installazione di alcune batterie di missili
nucleari sul proprio territorio.
I servizi segreti americani, tra la fine di
agosto e ottobre, raccolsero le prime notizie
relative a movimenti di forze superiori al
normale sul territorio cubano, ma ognuno di
questi sospetti venne preso in scarsa
considerazione, pensando semmai all’imminente
allestimento, nell’ isola cubana, di armi difensive.
Le cose, però, stavano diversamente.
Sulla scia di nuovi sospetti, il 9 ottobre
1962 venne autorizzato un primo volo di
ricognizione, missione affidata ad un aereo
spia U-2.
Il cattivo tempo ritardò il decollo fino al 14
di ottobre, ma in quella stessa notte si
poterono esaminare i primi rotoli di
microfilm fotografico, procedendo anche nel
mattino del giorno seguente.
Il 15 ottobre 1962 i rilievi
fotografici confermarono che i sovietici
stavano completando la costruzione di basi
missilistiche per il dispiegamento di missili
a media gittata (armi d’offesa, dunque), già
trasportati sull’isola.
Il giorno 16 un gruppo di stretti
collaboratori del presidente Kennedy si riunì
in una seduta speciale in qualità di Excom
(Executive Committee del National Security
Conuncil).
Facevano parte di questo gruppo il segretario
di Stato Dean Rusk, il segretario della
Difesa Robert McNamara, il direttore
della CIA John McCone, Robert
Kennedy ed un ristretto numero di
consulenti politici, militari e diplomatici.
Alle 11:45 circa avvenne il loro incontro.
Il commiato dovette attendere per 13 giorni...
La situazione da affrontare era tra le più
difficili e delicate: quale via diplomatica era la
migliore per fermare il pericolo di quei
missili (con un raggio di azione superiore ai
duemila chilometri), probabilmente operativi in poche settimane?
La capacità dei missili era di copertura
quasi totale del territorio americano:
attraverso Cuba, l’URSS aveva improvvisamente un enorme
potenziale di pressione nell'ambito della
sfida tra le due potenze.
Si doveva
affrontare quello che sarebbe passato alla
storia come
il picco più alto della tensione durante
Guerra Fredda: con terminologia essenziale, la
Crisi dei Missili.
In questa fase si cercò di mantenere segreta
la notizia, affinchè ne l'URSS ne
l'opinione pubblica potessero sapere nulla prima che
si fosse deciso come muoversi.
Solo il 22
ottobre, con un discorso alla nazione del
presidente Kennedy, in parallelo a un ricorso
presentato alle Nazioni Unite e ad una lettera
personale a Chruscev, la notizia
diverrà di pubblico dominio.
Dopo giorni di tensione internazionale, tra
minacce di intervento militare ed inutili
tentativi di mediazione da parte dell'ONU,
il presidente Kennedy decretò il 23 ottobre il
blocco navale dell'isola, chiedendo
contemporaneamente lo smantellamento delle
basi missilistiche.
La decisione era quella di fissare una linea
di quarantena, oltre la quale gli USA
non avrebbero concesso il passaggio delle navi
sovietiche dirette a Cuba se cariche di
armamenti.
Le navi che avessero violeranno il blocco
sarebbero state ispezionate e, nel caso,
respinte con la forza.
Se i vascelli sovietici avessero provato a
forzare il blocco, il conflitto armato tra le
due superpotenze sarebbe drammaticamente ed
immediatamente cominciato.
Quando alcuni giornali inglesi insinuarono
l’ipotesi che si trattasse di un montaggio
politico senza reale fondamento, Kennedy
autorizzò la riproduzione delle fotografie.
Tutto era pronto: mercoledì 24 ottobre
la quarantena entrò ufficialmente in vigore,
lo stesso giorno Chruscev ordinò alle navi
sovietiche di non forzare il blocco per nessun
motivo.
La tensione era massima, quando si sparse la
notizia che diciotto navi da carico sovietiche
si stavano dirigendo verso la zona protetta:
la marina americana si preparò per
l’affondamento del nemico, mentre il
segretario generale delle Nazioni Unite, O
Thant, cercava di ottenere un accordo per via
diplomatica e nella Casa Bianca l'Excom
studiava attentamente la posizione, le
caratteristiche e la traiettoria di ognuno dei
diciotto vascelli sovietici, alla ricerca di
quelli più adatti al trasporto di armi.
A questo punto la notizia che sedici delle
diciotto barche russe avevano fermato i motori
ed invertito la rotta, monitorati dagli
aeroplani statunitensi.
Il giorno dopo tutte le navi sovietiche erano
lontane dalla zona del blocco.
Il pericolo era scampato, ed un’altra buona
notizia si faceva strada: in una lettera
privata, Chruscev si impegnava con Kennedy a
rimuovere i missili già piazzati a Cuba, in
cambio della dichiarazione pubblica di Kennedy
che gli Stati Uniti non avrebbero mai invaso l’isola,
ne appoggiato altri tentativi di invasione.
Era il 26 ottobre.
Il giorno successivo la radio di Mosca
trasmise una seconda lettera di Chruscev,
nella quale il ritiro dei missili di Cuba era
però condizionato alla rinuncia americana ai
suoi missili Jupiter installati in Turchia.
Kennedy rispose pubblicamente, accettando il
contenuto della prima lettera di Chruscev ed
aggiungendo una proposta di accordo
riguardante altri armamenti, come proposto
nella seconda lettera. Era il 28 ottobre,
la crisi poteva dirsi terminata.
In sede non pubblica si raggiunge anche un
secondo accordo con i sovietici, non
confermato ufficialmente, con cui gli Stati
Uniti si impegnavano a rimuovere i missili
installati in Turchia.
Tra la fine di ottobre e i primi giorni di
novembre i sovietici smantellarono le basi
cubane, mentre sei mesi più tardi gli
americani inizieranno lo smantellamento dei
razzi installati in Turchia.
Il post crisi
vide, come conseguenza di quelli eventi, Cuba
rafforzare la sua nuova posizione di
fedele alleato dell'URSS, accanto al nemico
statunitense, quale avamposto occidentale del
socialismo internazionale.
Per quanto riguarda invece gli Stati Uniti, la
fine pacifica della crisi dei missili regalò
al presidente Kennedy una memorabile vittoria
storica, accompagnata da un nuovo, mai morto,
prestigio internazionale.
Ultimo atto di quei 13 giorni fu la decisione
di instaurare una comunicazione diretta tra la
Casa Bianca ed il Cremlino, per meglio gestire
qualunque incidente o malinteso futuro.
La Guerra Fredda si arricchiva di un nuovo
simbolo: il telefono rosso. |