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N. 24 - Maggio 2007

CAVALLO PAZZO

Lo spirito di una leggenda e la battaglia di Little Bighorn

di Luigi Buonanno

Cavallo Pazzo, per gli americani Crazy Horse, ovvero Tashunka Uitko (in lingua Sioux), nasce dalle parti di Ripid Creek, presumibilmente nel 1841 (non esiste una data certa). Figlio di uno sciamano della tribù Oglala Lakota, appartenente ai Sioux, così come la madre, veniva chiamato anche ricciuto, a causa dei suoi capelli particolarmente ricci e chiari, caratteristica rara negli indiani.

Il suo nome originale significa letteralmente “il suo cavallo è pazzo”, attribuitogli perché dopo la sua nascita, un cavallo selvatico si aggirava nella valle in cui era nato e anche per il suo modo intrepido di combattere riscontratogli da giovane.

In piccola età, riuscì a sopravvivere alla distruzione del suo villaggio ad opera dei soldati federali, guidati dal generale George Crook, soprannominato dagli indiani Volpe Grigia e che per tutta la vita sarà un suo acerrimo nemico. Esperienza traumatica che accentuò in lui un enorme odio verso i federali e un’incessante attività per la resistenza allo sterminio del suo popolo.

Cresciuto con il consueto spirito Sioux insegnatogli, qualche anno più tardi sposò una donna Cheyenne, Rebosio Nero.

Anche se ritenuto dagli anziani un guerrafondaio, le sue immense doti carismatiche e di guerriero, gli valsero la nomina di grande capo guerriero dai capi tribù Toro Seduto e Nuvola Rossa. Da quel giorno, dedicò la sua vita quasi esclusivamente nel combattere le armate che tentavano di impadronirsi del loro territorio e che minacciavano la loro vita e soprattutto la loro libertà.

Il 25 giugno 1876, la battaglia di Little Bighorn, rese Cavallo Pazzo un eroe leggendario.

Il 22 giugno, il generale George Armstrong Custer (chiamato dagli indiani Capelli Lunghi), ricevette l’ordine di recarsi in esplorazione a monte del fiume Rosebund. Due giorni dopo, i suoi esploratori gli riferiscono che un gruppo di Sioux si dirige verso la valle di Little Bighorn ed egli stesso volle accertarsene. Sottovalutando la forza dei pellirossa, il 25 giugno decise di attaccare gli indiani, tentando di accerchiarli con tre truppe: quella guidata dal generale Custer, quella con il capitano Frederick Benteen e la truppa del maggiore Marcus Reno, in cui diversi italiani ne facevano parte e alcuni di questi sopravvissero alla battaglia.  Increduli, i federali si trovarono di fronte più di 1.200 uomini Sioux e Cheyenne, sotto la guida del leggendario Cavallo Pazzo, di Pianto in volto, Due lune e Pizi, il quale costrinsero prima le truppe di Reno alla ritirata, poi quelle di Benteen, per poi sterminare quasi del tutto le truppe di Custer. In poche ore i federali furono costretti a trincerarsi, riuscendo a fuggire dalla valle solo quattro giorni dopo e subendo circa 270 perdite, mentre le truppe indiane, armate solo di tomahawk, arco e frecce, furono quasi indenni.

Dopo questa battaglia, nasce la leggenda che vede Cavallo Pazzo invulnerabile ai proiettili (a causa di una ferita, forse di striscio, che non gli causò problemi) e che il suo spirito, ancora oggi sovrasta le capanne indiane. Alcuni istruttori di scuola militare americana, ritengono Cavallo Pazzo il più grande stratega indiano mai esistito.

Il successo dei Sioux non durò molto. Poco dopo furono costretti a fuggire e il 6 maggio1877, 900 Oglala, tra cui Cavallo Pazzo, furono costretti ad arrendersi e a consegnarsi al comandante Clark di Fort Robinson, che li terrà sott’occhio in una riserva poco distante.

Cavallo Pazzo morì il 5 settembre del 1877, si dice a causa di una ferita mortale di baionetta durante una lite con un soldato federale. Gli indiani non si sono mai interessati più di tanto nel sapere com’è morto, hanno sempre preferito ricordarlo da vivo.

Nel South Dakota è in costruzione il Crazy Horse Memorial, in suo onore.

“Noi non abbiamo chiesto a voi uomini bianchi di venire qui. Il Grande Spirito ci diede questa terra perché ne facessimo la nostra casa. Voi avevate la vostra. Non abbiamo interferito con voi. Il Grande Spirito ci affidò un grande territorio per viverci, e bufali, cervi, antilopi e altri animali. Ma voi siete arrivati; state rubando la mia terra, state uccidendo la nostra selvaggina rendendoci difficile la sopravvivenza. Ora ci dite di lavorare per mantenerci, ma il Grande Spirito non ci creò per faticare, bensì per vivere di caccia. Voi uomini bianchi siete liberi di lavorare, se volete. Noi non vi ostacoliamo, e ancora chiedete perché non ci civilizziamo. Non vogliamo la vostra civiltà! Vogliamo vivere come i nostri padri e come i padri dei nostri padri.”

 



 

 

 

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