N. 21 - Febbraio 2007
LA CARTA DEL CARNARO
Analisi della costituzione dannunziana per
Fiume
di Marco
Grilli
La presa di Fiume (12
settembre 1919)
Capire la Costituzione
della Reggenza italiana del Carnaro, significa
connotarla storicamente nell'ambito di quell'azione
ardita che fu l'impresa fiumana, guidata dal
poeta-soldato Gabriele D'Annunzio.
Agitando in patria la
sindrome della "vittoria mutilata" e schierandosi
apertamente contro la linea filo-alleata e
anti-militarista del Governo Nitti e la politica del
Presidente americano Wilson, considerata lesiva dei
diritti dell'Italia vincitrice nella I Guerra
Mondiale, il poeta-vate, uomo di lettere e d'azione
affermatosi come il personaggio più alla moda nella
società del tempo, capeggiò il composito movimento
(ex-interventisti, nazionalisti,
sindacalisti-rivoluzionari, avventurieri ecc.) che,
instauratosi a Fiume il 12 settembre 1919, proclamò la
Reggenza Italiana del Carnaro.
Il fatto di Fiume fu il
primo esempio di violenza internazionale nell' Europa
del primo dopoguerra e costituì un punto di svolta
nella "crisi dello stato liberale italiano", prologo
dell'avvento del fascismo.
L'aspetto più grave
dell'impresa fiumana fu la sedizione militare; un
governo incapace di disporre del proprio apparato
militare non poteva più considerarsi libero. Il
distacco tra il legittimo governo italiano e la Fiume
dannunziana si fece incolmabile; nella città
adriatica, centro del "sovversivismo" nazionale,
nacque un "Antistato" con una propria coreografia
rivoluzionaria evidente nei discorsi dal balcone, le
parate, i riti, i motti, le canzoni strafottenti ecc.
Nell'Italia del primo
dopoguerra, D'Annunzio fu il più autorevole
sostenitore dell' "imperialismo adriatico" ispirato
dalla convinzione della superiorità latina; leggiamo
nei suoi discorsi roboanti e suggestivi: "Fiume è
pronta a subire il martirio per tutti gli oppressi.
Combatteremo da soli contro l'iniquità e
l'ingiustizia", oppure: "Fiume è come un faro luminoso
che splende in mezzo ad un mare di abiezione".
I principi della
Carta del Carnaro
In
questa contingenza storica venne emanata la Carta del
Carnaro, promulgata l' 8 settembre 1920, un documento
che riletto attentamente oggi, al di là dei
pregiudizi, rivela caratteri straordinariamente
moderni, perfino anticipatori dell'attuale
Costituzione italiana.
Questa Carta, che ribadiva l'italianità di Fiume e
prevedeva la nascita di uno Stato rivoluzionario
corporativo, racchiudeva la visione politica e poetica
del Vate e fu elaborata concettualmente anche dal
sindacalista-rivoluzionario De Ambris. Secondo le
intenzioni di D'Annunzio e dei suoi collaboratori, la
Carta, espressione dell'animo degli italiani
rigenerati dalla guerra, doveva instaurare un nuovo
ordine fondato sul lavoro, la tutela dei diritti
individuali, la giustizia sociale, la prosperità e
l'idea di bellezza.
Per
quanto riguarda il territorio geografico, la Reggenza
italiana del Carnaro ribadiva le tesi nazionalistiche
riferendosi non solo al territorio di Fiume e alle
isole di antica tradizione veneta, ma anche (art. II)
: "...a tutte quelle comunità affini che per atto
sincero di adesione possano esservi accolte secondo lo
spirito di un'apposita legge prudenziale".
Con una visione
estremamente anticipatrice dei tempi, la Costituzione
dannunziana riteneva la Reggenza (art. III) : "...un
governo schietto al popolo -res populi- che ha per
fondamento la potenza del lavoro produttivo",
ribadendo che (art. IV) : "La Reggenza...amplia ed
innalza e sostiene sopra ogni altro diritto i diritti
dei produttori". La centralità del lavoro veniva
ribadita anche nell'art. XIV: "...il lavoro, anche
il più umile, anche il più oscuro, se sia bene
eseguito, tende alla bellezza e orna il mondo".
Questo punto
rappresenta una delle tre credenze religiose della
Carta fiumana, art XIV : "La vita è bella, e degna
che severamente e magnificamente la viva l'uomo
rifatto intiero dalla libertà; l'uomo intiero è colui
che sa ogni giorno inventare la sua propria virtù per
ogni giorno offrire ai suoi fratelli un nuovo dono".
Ecco la nuova religione dell'Italia del dopoguerra,
fondata sul pilastro dell'uomo libero e totale che
nella sua operosità, socialmente funzionale, si
collega alla collettività.
Il lavoro è l'essenza
dell'uomo nuovo, non il lavoro alienato e disumano, ma
il prodotto dello sforzo creativo del virtuoso. In
questo articolo troviamo la nuova estetica dei
futuristi ma anche riferimenti alla filosofia europea
del XIX sec. e all'ideologia socialista; la
contraddittorietà, in linea con la complessa
personalità del Vate, costituisce il limite e
l'originalità di questa Carta che unisce elementi
socialisti e anarco-sindacalistici a quelli
nazionalistici, l'idealismo ed il sindacalismo.
I
concetti di libertà e uguaglianza sono cardini
fondamentali della Costituzione fiumana, art.IV:
"La Reggenza riconosce e conferma la sovranità di
tutti i cittadini senza divario di sesso, di stirpe,
di lingua, di classe, di religione"; art.VI:
"Tutti i cittadini dello Stato, d'ambedue i sessi,
sono e si sentono eguali davanti alla nuova legge";
art.VII: "Le libertà fondamentali di pensiero, di
stampa, di riunione e di associazione sono dagli
Statuti guarentite a tutti i cittadini"; art VIII:
"Gli statuti garantiscono a tutti i cittadini
d'ambedue i sessi: l'istruzione primaria...l'educazione
corporea...il lavoro remunerato con un minimo di
salario bastevole a ben vivere; l'assistenza nelle
infermità, nella invalitudine, nella disoccupazione
involontaria; la pensione di riposo per la vecchiaia;
l'uso dei beni legittimamente acquistati;
l'inviolabilità del domicilio; l' "habeas corpus"; il
risarcimento dei danni in caso di errore giudiziario o
di abusato potere".
Un
altro aspetto stupisce nei fondamenti della Carta, la
funzione sociale della proprietà giustificata solo dal
lavoro (art.IX): "Lo Stato non riconosce la
proprietà come il dominio assoluto della persona sopra
la cosa, ma lo considera coma la più utile delle
funzioni sociali. Nessuna proprietà può essere
riservata alla persona quasi fosse una sua parte; né
può essere lecito che tal proprietaro infingardo la
lasci inerte...Solo il lavoro è padrone della sostanza
resa massimamente fruttuosa e massimamente
profittevole all'economia generale". Parole
estremamente moderne, se le pensiamo prodotte negli
anni in cui l'occupazione delle terre costituiva uno
dei principali motivi di contesa in Italia.
L’organizzazione politica
Lo
Statuto dedicava gran parte dei suoi articoli all'idea
di Stato ed all'organizzazione politica ed economica,
art. XVIII: "Lo Stato è la volontà comune e lo
sforzo comune del popolo verso un sempre più alto
grado di materiale e spirituale vigore. Soltanto i
produttori assidui della ricchezza comune e i creatori
assidui della potenza comune sono nella Reggenza i
compiuti cittadini"; evidenti in questo punto le
affinità col pensiero rousseauniano e la teoria del
contratto sociale.
I
cittadini della Reggenza ottenevano tutti i diritti
civili e politici al compimento del ventesimo anno
d'età, divenendo senza distinzione di sesso elettori
ed eleggibili per tutte le cariche (art.XVI).
Il
potere legislativo spettava a tre camere con
competenze diverse: il Consiglio degli Ottimi, non
meno di trenta membri in carica per tre anni che si
radunavano una volta l'anno ad ottobre; il Consiglio
dei Provvisori, sessanta membri in carica per due anni
eletti proporzionalmente dalle corporazioni, che si
radunavano due volte l'anno a maggio e novembre ed
infine il Consiglio nazionale, detto Arengo del
Carnaro, formato dai membri dei precedenti consigli
riuniti in seduta plenaria una volta l'anno.
"...L'Arengo tratta e delibera delle relazioni con gli
altri Stati; della Finanza e del Tesoro; degli Alti
Studii; della riformabile Costituzione; dell'ampliata
libertà" (art XXXIV). Era premura del D'Annunzio
il celere svolgimento dell'attività parlamentare in
brevi periodi dell'anno. Il potere esecutivo era
competenza di sette Rettori, in carica per un anno,
paritamente eletti dalle tre Camere legislative:
"...il Rettore degli Affari Esteri assume titolo di
Primo Rettore, e rappresenta la Reggenza al cospetto
degli altri Stati "primus inter pares" (art.XXXVI).
Per
quanto riguarda il potere giudiziario vi erano varie
magistature: i Buoni Uomini, eletti a suffragio
popolare e giudicanti in questioni minori; i Giudici
del Lavoro, eletti dalle Corporazioni, aspetto molto
interessante se pensiamo che la magistratura del
lavoro è una conquista recente delle democrazie
occidentali; i Giudici togati, scelti per concorso
pubblico; il Tribunale del Maleficio, giudicante per i
delitti politici ed infine la Corte della Ragione,
avente funzioni di corte costituzionale.
L'ordinamento politico prevedeva anche il ricorso al
Comandante, imitazione del Dictator romano, eletto
dall'Arengo solo in caso di estremo pericolo e per un
breve periodo. D'Annunzio tese a distinguere il popolo
"proprietà di qualcuno" da quello artefice del proprio
Stato.
Corporativismo e laicità
Altro elemento fondamentale per l'originalità della
Carta del Carnaro era la progettazione dello Stato
corporativo, ispirato a quella dottrina che mira ad
organizzare la colletività in base alla rappresentanza
degli interessi economici e professionali, allo scopo
di superare la conflittualità sociale.
Il
breve periodo di vita della Reggenza non permette di
fornire un giudizio valido sulla reale efficacia di
questo ordinamento statale, riportato in voga dal
fascismo italiano. Comunque sia la Costituzione
fiumana (art. XIX) prevedeva l'obbligo per ogni
lavoratore d'iscriversi ad una delle dieci
corporazioni. Ognuna di queste svolgeva il diritto di
una compiuta persona giuridica riconosciuta dallo
Stato (art. XX); la partecipazione individuale alla
vita politica si traduceva quindi nell'elezione di un
rappresentante al Consiglio provvisorio. La vita dei
lavoratori si realizzava totalmente all'interno di
questi organismi, ognuno dei quali decideva su tutte
le questioni lavorative ed aveva i propri distintivi,
canti, riti, eroi, ecc.
Il
filone del corporativismo, voluto fortemente dal
sindacalista-rivoluzionario De Ambris, si accompagnava
ad una chiara tendenza al decentramento statale; per
tutti i comuni era previsto il pieno diritto
d'autonomia (art XXII) cosi come la facoltà di formare
un corpo unitario di leggi municipali (art.XXIII),
purché in linea coi fondamenti costituzionali. Gli
enti locali godevano quindi di ampie libertà nel
trattare temi quali la sicurezza, l'istruzione ed il
fisco; D'Annunzio affrontava negli anni '20 questioni
tanto dibattute e contese nell'Italia di oggi.
La
Fiume dannunziana mandava al mondo anche un forte
messaggio di laicità: "...Ogni culto religioso è
ammesso, è rispettato, e può edificare il suo tempio;
ma nessun cittadino invochi la sua credenza e i suoi
riti per sottrarsi all'adempimento dei doveri
prescritti dalla legge viva", (art.VII) e ancora:
"...Le scuole pubbliche accolgono i seguaci di
tutte le confessioni religiose, i credenti di tutte le
fedi, e quelli che possono vivere senza altare e senza
Dio. Perfettamente rispettata è la libertà di
coscienza" (art. LIV).
Lo stile teatrale, l’idea di bellezza e
il ruolo della cultura
La
Carta del Carnaro spicca per la sua letterarietà e lo
stile teatrale, non usuali per un documento
politico-giuridico.
Il
gusto della bella parola, i concetti aulici e la
tonalità solenne rivelano le qualità letterarie del
suo ideatore, il poeta-vate, che naturalmente dedicò
parte cospicua del documento all'istruzione ed alla
cultura, definita come: "...la più luminosa delle
armi lunghe...l'aroma contro le corruzioni...la
saldezza contro le deformazioni...Perciò la Reggenza
italiana del Carnaro pone alla sommità delle sue
leggi, la coltura del popolo; fonda sul patrimonio
della grande coltura latina il suo patrimonio" (art.L).
Nella città di Fiume era prevista l'istituzione di un'
Università libera e di Scuole di Arti belle, Arti
decorative e di Musica (art.LI).
Nonostante il forte nazionalismo di D'Annunzio,
evidente negli articoli del documento, stupisce la sua
apertura nell'insegnamento linguistico, stante fermo
il privilegio accordato alla lingua italiana: "...Nelle
scuole medie è obbligatorio l'insegnamento dei diversi
idiomi parlati in tutta la Reggenza italiana del
Carnaro. L'insegnamento primario è dato nella lingua
parlata dalla maggioranza degli abitanti di ciascun
Comune e nella lingua parlata dalla minoranza in corsi
paralleli" (art.LII).
La
democraticità della Carta è attestata anche
dall'introduzione del sistema referendario, sia in
chiave propositiva che abrogativa (art.LVI e LVII),
nonchè dall'incompatibilità, il nostro moderno
conflitto d'interessi: "...Nessun cittadino può
esercitare più di un potere né partecipare di due
corpi legislativi nel tempo medesimo" (art.LIX).
Significativi gli ultimi
due articoli del codice che, uscendo dai canoni dei
testi costituzionali, incarnano l'ideale di bellezza
del poeta. L'art. LXIII "Dell'edilità" recita: "E'
instituito nella Reggenza un collegio di Edili, eletto
con discernimento fra gli uomini di gusto puro, di
squisita perizia, di educazione novissima...Esso
presiede al decoro del vivere cittadino...impedisce il
deturpamento delle vie...allestisce le feste civiche
di terra e di mare...si studia di ridare al popolo
l'amore della bella linea e del bel colore".
L'art. LXIV esaltava invece la musica considerata
istituzione religiosa e sociale, l'esaltatrice
dell'atto di vita. A tal fine si prevedeva la
costituzione di una Rotonda capace di almeno 10.000
uditori, fornita di gradinate comode per il popolo,
dove svolgere celebrazioni gratuite.
Giunti alla fine di
quest' analisi possiamo concludere che lo Statuto di
Fiume, seppur effimero e velleitario in alcuni
aspetti, merita di esser riletto scrupolosamente per
valorizzare gli aspetti innovatori della nuova società
che intendeva proporre.
Riferimenti
bibliografici:
Giulio Vignoli:
“Una straordinaria carta costituzionale: la
Costituzione della Reggenza italiana del Carnaro”
in “Fiume nel secolo dei grandi mutamenti” (Atti del
Convegno), Rijeka, Edit, 2001
G. Negri e S. Simoni:
“Le Costituzioni inattuale”, Roma, Ed. Colombo,
1990
Renzo De Felice:
“La Carta del Carnaro”, Bologna, 1973
Renzo De Felice: “D’Annunzio
politico (1918-1928), Roma-Bari, Laterza, 1978
Cinzia Guazzi: “La
Reggenza italiana del Carnaro nella storia del diritto
costituzionale”, Genova, a cura del Centro di
Cultura Giuliano-Dalmata, 1982
Peteani: “La Carta
del Carnaro e l’ordinamento corporativo”, Firenze,
1937 |