N. 19 - Dicembre 2006
SOLO
UNA DONNA VESTITA DI NERO
Il mistero della Dalia Nera
di Laura
Novak
Negli ultimi giorni un
film ha riportato agli “onori” della più bassa cronaca
nera, quella intrusiva e morbosa, una donna di appena
22 anni, Elizabeth Short, soprannominata nell’ambiente
patinato e artificioso di Hollywood “Black Dalia”,
probabilmente per il suo atteggiamento da dark lady o
la sua predilezione per il colore della notte, è una
giovane bellezza del nord degli stati Uniti, il
Massachusetts, mora, dagl’occhi grandi e le forme
voluttuose.
Trasferitasi dalla
Florida, dove viveva con la madre, in California, dove
era andato il padre in cerca di fortuna dopo la fine
del matrimonio con la propria moglie, la sua parabola
discendente comincia nel 1943.
All’epoca ha solo 19
anni e un arresto per ubriachezza (per la legge
americana non si possono consumare alcolici sotto i 21
anni) fornirà alla storia le più famose foto di
Elisabeth, le sue foto segnaletiche.
A parte la certezza di
due impieghi statali, uno alle poste, quando era
ancora in Florida, quando il suo sogno di sposare il
maggiore dell’aeronautica americana Gordon morì
insieme al suo fidanzato in un incidente aereo, e un
lavoro per breve tempo nella mensa all’Università di
Harvard, il suo lavoro a Los Angeles rimane un
mistero.
Speculazioni, ipotesi,
dubbi si sono susseguiti in anni di ricostruzione
minuziosa del puzzle intrigato che sembra essere
l’esistenza della Dalia Nera.
Molti raccontarono della
vita da prostituta di Elizabeth presso un bordello di
classe condotto da una certa matraise Brenda Hallen.
Altri affermarono invece che facesse la cameriera e in
seguito la spogliarellista in un night club della
città. Altri ancora che fosse l’amante, forse scomoda,
di molti uomini e donne illustri a Hollywood. Dopo
anni di investigazioni rimangono ancora semplici
ipotesi.
Sulla sua persona non
esiste nessuna certezza, ancora oggi nel 2006. Di
certo si hanno alcune foto professionali della
ragazza, che sembrano ipotizzare il tentativo di
Elizabeth di diventare modella, e quel suo corpo
smembrato e irriconoscibile immortalato dopo il
ritrovamento.
L’ultima avvistamento in
vita di Elisabeth risale al 9 gennaio 1947, quando,
secondo alcuni testimoni, insieme ad un uomo, si
trovava nella Hall dell’Hotel Biltmore.
Da lì il buio.
Il 15 gennaio in un
campo di un sobborgo di Los Angeles viene ritrovato il
corpo decapitato di Elizabeth: lo scenario è
terrificante: il busto è stato tagliato e separato
dalle gambe che vengono ritrovate leggermente più
lontano, e varie tipologie di sevizie e mutilazioni
risultano da subito visibili sui suoi resti. Il corpo
era completamente esangue, svuotato quindi di ogni
goccia di sangue dopo la morte.
Da quel giorno il caso
rimase irrisolto.
L’opinione pubblica,
scossa dalla brutalità dell’omicidio, ingaggiò una
caccia spietata al colpevole. Un clamore crescente
accompagnò le indagini intraprese dall’FBI, ma nulla
di concreto si può affermare venne poi alla luce.
Le indagini erano
articolate e complesse. Innanzitutto contrastanti
erano i risultati dell’autopsia. Le innumerevoli
leggende, che alimentavano il mito della Dalia Nera,
volevano da una parte Elisabeth donna dissoluta,
dedita all’amore a pagamento e a quello omosessuale,
dall’altra affetta da una grave malformazione vaginale
che le impediva di avere rapporti sessuali. L’analisi
del medico legale sul corpo della ragazza evidenziò
come in realtà Elisabeth avesse avuto dei partners
sessuali, almeno tre differenti nell’ultimo periodo
pre morte, e che non avesse una malformazione
vaginale, ma bensì alle ovaie, che le avrebbe impedito
di rimanere incinta.
Si racconta inoltre di
un tatuaggio, in particolare una rosa, su una coscia
della ragazza; possibilità che potrebbe essere
confermata da un parziale asportazione della carne di
una coscia, fin quasi all’osso, effettuata dal suo
assassino.
Oltre ai referti medici
e alle prove acquisite con il tempo, in effetti ben
poche, speculazioni e illazioni hanno alimentato la
nascita di un mistero.
Del suo omicidio furono
accusate, seppur in maniera circostanziale, 22
persone, per la maggior parte uomini. Ma nel corso di
questa seconda metà di secolo moltissime furono quelli
che si auto accusarono del suo assassinio, per la
maggior parte mitomani e maniaci sessuali.
I sospettati principali:
Primo fra tutti fu messo
sotto accusa un chirurgo di Los Angeles, Walter Bayley,
che fino alla separazione dalla moglie, aveva abitato
in una casetta nella stessa periferia dove era stato
rinvenuto il corpo della Dalia. Bayley, affetto da una
grave malattia neurologica, morì nel 1948 a 67 anni.
Varie testimonianze sembrano concordare con l’ipotesi
che Bayley sia l’assassino, indicato come il
responsabile solo nei primi anni ’90 dal redattore del
Los Angeles Times, Harnish, dopo anni di ricostruzione
dell’omicidio. Nel reportage giornalistico di Harnish,
per la precisione di alcune mutilazioni inferte al
corpo si affermava che solo un esperto chirurgo
potesse essere il killer e che per la sua malattia
degenerativa il medico potesse aver perso il senso
della realtà, tanto da massacrare indicibilmente la
ragazza. Oltre a questo, nessun indizio schiacciante.
Altro personaggio
centrale nell’indagine della polizia fu Gorge Hodel.
Fisico specializzato in salute pubblica, fu messo per
la prima volta nel registro degli indagati e posto
sotto osservazione nel 1949, dopo che sua figlia
adolescente lo accusò di molestie sessuali.
Da alcune delle
intercettazioni telefoniche ottenute durante
l’indagine nei confronti dell’uomo, alcune frasi di
Hodel pronunciate in discussioni con la moglie,
riguardanti il delitto e l’impossibilità della polizia
di provare la sua colpevolezza, sembravano essere
schiaccianti; una delle sue pazienti, poco attendibile
in ogni caso perché affetta da disturbi mentali,
affermò di aver accompagnato pochi giorni prima Hodel
nei paraggi dell’hotel Biltimore e di aver
riconosciuto Elisabeth come una delle fidanzate del
medico. Nessuna però di queste prove poteva condurre
al suo arresto, e l’uomo non fu mai incriminato. Dopo
la sua morte avvenuta nel 1999, suo figlio Steve, ex
detective privato, pubblicò un libro, dopo anni di
raccolta di prova e fonti, in cui accusava il padre di
innumerevoli delitti, rimasti irrisolti, oltre a
quello della Dalia. Secondo molti il caso avrebbe,
dopo la pubblicazione del libro, finalmente trovato la
sua soluzione, mentre, secondo altri, la ricostruzione
di Hodel sarebbe assolutamente non realistica e
concordante storicamente.
Seppur in maniera
assolutamente ipotetica, persino il regista e attore
Orson Welles fu immischiato nella polvere alzata dalla
caccia al colpevole. Mary Pachos, ex vicina di casa
della famiglia Short, ipotizza, in maniera
assolutamente aleatoria e soprattutto inconsistente,
che alcune particolarità del carattere del regista,
come la sua ossessione di tagliare tutto a metà
denunciata da lei stessa di cui non si hanno prove,
potessero rendere lui il killer ideale. La coincidenza
che secondo la Pachos darebbe sostegno alla sua teoria
sarebbe poi la partenza pochi giorni dopo al delitto
di Welles per l’Europa dove rimase per svariati mesi.
Con un ultimo nome
rilevante si chiude il cerchio dei sospettati più
probabili.
Di George Knowlton si sa
poco, anzi in realtà solo che viveva nel periodo della
residenza di Elisabeth a Los Angeles, proprio in
quella città. La sua persona viene posta sotto i
riflettori da una denuncia di sua figlia Janice, 30
anni dopo la sua morte in un incidente
automobilistico. Janice afferma nel suo libro verità “
Mio Padre è l’assassino della Dalia Nera” che
Elisabeth sarebbe stata ospita a casa sua quando era
ancora bambina perché amante del padre, e che lei
avrebbe assistito all’omicidio per poi partecipare,
insieme al dottor Hodel e ad un editore del Los
Angeles Times, Norman Chandler, all’occultamento del
cadavere.
Le sue affermazioni
riguardo al delitto sono state poi affiancate a
stralci di vita traumatizzanti che affermò aver
dimenticato per anni, venuti poi alla luce della sua
coscienza solo dopo sedute di ipnosi.
Completamente esiliatasi
dal mondo, dopo essere stata bollata dall’opinione
pubblica come una mitomane psicolabile, si suicidò nel
2004 con un’overdose.
Sembra che in quest’intreccio
oscuro e contorto niente abbia veramente senso
realistico. Le indagini sono ormai chiuse, e il
mistero si arenato sulle spiagge di mille ipotesi e
nessuna certezza.
Il suo mito, che ha
ispirato libri, fiction televisive, films e la nascita
di associazioni culturali che cercano di sfruttare
l’enorme popolarità del mistero, o la nascita di
gruppi rock che porto il nome della Dalia Nera, è
ormai si può dire svuotato.
Elisabeth ha assunto
svariati ruoli. E’ stata icona mediatica, simbolo
assunto di una Hollywood malata e ipocrita, o di un
disagio giovanile, o di quel sogno dorato di una
popolarità ad ogni costo infranto contro la vita.
E’ stata molte cose nel
corso di questi anni.
Morbosamente, come
spesso accade tutt’oggi, l’attenzione si è indirizzata
sulla sua fine, non sulla sua vita, di cui sono state
date per certe informazioni deviate, manipolate.
Nessuno, nemmeno le
persone che si occuparono del suo caso direttamente,
riuscirono mai a decifrare il suo personaggio per poi
scinderlo dalla persona.
Ma di certo rimasero
anche loro, come Ellroy autore del libro più famoso
sulla Dalia Nera che affermò di avere una vera e
propria ossessione su di lei, e De Palma regista del
nuovo film sul caso, imprigionati nel fascino macabro
del mistero della sua morte e nell’alone di dubbio che
aleggia da sempre intorno alla sua vita.
Come una sottile
ragnatela tessuta non da lei stessa, morta da
sconosciuta al mondo, ma famosa sopra ogni misura
proprio da morta, ma da una fitta rete di sospetti,
illazioni e leggende che ti intrappola.
E se qualcuno, come
vuole l’ultima delle leggende su di lei, incontrasse
una giovane donna di nero vestita sull’Hollywood
Boulevard apparsa dal nulla, cerchi di non rimanere
intrappolato in questa successione di ipotesi, di
manipolazioni della realtà storica di una morte forse
più banale di quello su cui tanto si fantastica.
Una donna finita al
margine nella vita, ma sfruttata tanto nella sua morte
da finire al centro.
Riferimenti
bibliografici:
www.larepubblica.it
www.ilcorriere.it
www.wikipedia.it
www.thrillermagazine.it
www.ilgiornale.it |