N. 21 - Febbraio 2007
GLI SCITI
Alla scoperta dell’antica Scizia
di
Luigi Buonanno
Popolazione
nomade d’origine iranica, gli sciti nascono
secondo la mitologia, dall’unione di un eroe
greco con ed una donna serpente.
Fatto sta, che
la loro comparsa avvenne tra l’VIII e il VII
secolo a.c. e realmente, questo popolo è uno
dei tanti che si vennero a creare dopo le
scissioni delle etnie iranofone, che diedero
vita a nuovi popoli, come anche i Sarmati e
gli Alani.
Il loro nome,
deriva dalle tante modifiche fatte all’antico
termine indoeuropeo “skeud”, in altre parole
arciere, dal loro grande talento con
arco e freccia.
La Scizia,
si estendeva originariamente dal Mar Nero
ai Monti Urali, fino alle steppe del
Kazakistan. Col passare degli anni, la loro
mai esagerata volontà d’espansione, li spinse
dalle parti dell’attuale Cina e in Grecia.
La loro presenza
si fece sentire soprattutto nell’attuale
Russia, diventandone poi i dominatori anche
dell’attuale Siberia per molti secoli,
trovandosi a confinare con i Germani, i Parti,
i Daci, i Traci e i Medi soprattutto, questi
ultimi acerrimi nemici degli sciti e quasi
sempre da loro sconfitti.
Gli sciti,
furono considerati dai greci, come un popolo
di barbari, ma non avevano del tutto ragione.
Lo stesso storico greco Erodoto, fu
incredibilmente affascinato da questo popolo,
cercando più volte ospitalità nella speranza
di conoscerli a fondo. Fu colpito dalla loro
attiva vitalità artistica, organizzativa,
logistica e soprattutto dalla loro capacità
militare. Secondo delle scoperte
archeologiche, fu proprio il popolo scita ad
inventare la cavalleria pesante.
I loro villaggi
erano di forma circolare e non disponevano di
grosse palizzate, in quanto difficilmente
subivano attacchi nemici.
Non amavano
particolarmente espandere il loro territorio e
commerciare con altri popoli.
Avevano una
mentalità molto radicata e fiera.
Il cuore del
loro villaggio era la “Dimora del guerriero”.
Di solito di grosse dimensioni, quì si riuniva
il popolo per decidere gli ordini, in caso di
guerra e per decidere i nuovi sviluppi, in
tempo di pace.
Adoravano
diverse divinità pagane, tra cui Kolaksay.
Eroe semidivino, che secondo una leggenda,
fondò la Scizia e s’impossessò, togliendoli
dal cielo, dei tre tesori d’oro: un aratro,
una coppa e un’alabarda.
In particolare
adoravano la dea Api “Madre Terra”, la madre
di tutti gli dei. Veniva celebrata come potere
sessuale e come dea della fertilità. Il suo
altare era composto da una serie di grosse
pietre a forma di cono, con la punta
arrotondata, grandi fino a dieci metri e
collegate tra loro da delle funi.
Oltre
all’altare, alla dea Api venivano dedicati
anche dei boschi, i cosiddetti “boschi sacri
di Api”, in cui venivano addestrate le
“Cacciatrici di teste”. Donne guerriere,
armate di lunghe asce e di spade, in groppa a
cavalli, le cacciatrici erano la testimonianza
che gli sciti ritenevano la donna in grado
anche di combattere alla pari con gli uomini.
Alle vergini
cacciatrici era proibito sposarsi fin quando
non aveva combattuto, ed era motivo di vanto
portare al villaggio come trofeo, il maggior
numero di teste mozzate dei nemici.
Le forze
militari scite, disponevano non solo di
valorose cacciatrici, ma anche di ottimi
cavalieri nobili sciti, con codici e regole
proprie, dei formidabili arcieri e di fanti
temerari. Questi ultimi, armati per lo più da
asce e da tondi scudi, combattevano a dorso
nudo anche in condizione climatiche perverse
(neve e gelo in particolare), a dimostrazione
della loro forza e nel tentativo di intimorire
i nemici.
Tra il IV e il
VI secolo d.C., le invasioni degli Ostrogoti e
degli Unni, hanno spazzato via l’intero popolo
scita. Attualmente, i loro discendenti si
trovano tra la Georgia e la Cecenia,
nell’attuale Ossezia. |