N. 22 - Marzo 2007
Anna Achmatova
Requiem
di
Stefano De Luca
Riuscì a sopravvivere al terrore staliniano Anna
Andreevena Gorenko, nota sotto lo pseudonimo
Achmatova (che era il cognome della bisnonna
materna), la quale, assieme alla Cvetaeva, fu una
delle maggiori poetesse russe del ‘900.
Se prima della Rivoluzione visse felicemente ed ebbe
la possibilità di viaggiare per l’Europa (in Italia
conobbe Amedeo Modigliani, che la ritrasse in vari
dipinti), dal 1922, anno dell’uccisione del marito
Gumilëv, reo di un presunto complotto monarchico, le
cose per lei cambiarono.
Le venne sbarrata la strada per la pubblicazione
delle sue opere, e per sopravvivere svolse la
professione di traduttrice.
Nel marzo del 1938 venne arrestato il suo unico
figlio, Lev, probabilmente per causa del cognome
paterno, e da tanta sofferenza nacque il suo poemetto
‘Requiem’, che esprime l’angoscia di una madre,
come tante altre nella Russia di quegli anni, alla
disperata ricerca del figlio nelle carceri del regime.
A guerra finita, nel 1946, venne cacciata
dall’Unione degli scrittori assieme a Michail Zoščenko,
incriminato per aver scritto La storia di una
scimmia.
Nell'opera si sosteneva che fosse meglio vivere in una
gabbia di uno zoo piuttosto che in Unione Sovietica.
Per ricominciare a pubblicare, e per riabbracciare
il figlio, Anna Achmatova avrebbe dovuto attendere le
riabilitazioni dell’età chruščëviana.
Col 1946 era iniziata una nuova campagna ideologica
condotta con spietatezza da Ždanov, la ždanovščina
per l’appunto.
Nel 1946, appena combattuta e vinta la guerra
‘patriottica’ (Stalin durante la Seconda guerra
mondiale riuscì a mobilitare il Paese facendo appello
non al comunismo, ma alla ‘Madre Russia’), la
conquista di un ‘impero’ e l’inizio di tensioni sempre
più minacciose con l’Occidente indussero il Partito ad
adottare una linea interna di inasprimento
dell’intransigenza ideologica.
“Si postulava il primato dello Stato sull’individuo:
secondo l’opinione di Stalin, gli uomini sovietici
dovevano essere ‘ingranaggi’ utili alla macchina
sociale, mentre l’individualismo piccolo-borghese
andava estirpato”.
Ždanov, allora responsabile del settore propaganda
del CC del PC(b), attaccò le riviste leningradesi ‘Zvezda’,
che venne chiusa, e ‘Leningrad’, che fu tenuta
da allora sotto stretta vigilanza, accusate entrambe
di aver pubblicato del materiale “estraneo allo
spirito del partito”, in primis le opere
della Achmatova.
Riferimenti
bibliografici:
Ettore Lo Gatto, Profilo della letteratura russa
dalle origini a Solženicyn
Nicholas Werth, Storia della Russia nel Novecento,
Bologna, Il Mulino, 2000
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