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N. 22 - Marzo 2007

ALEXANDR TVARDOVSKIJ

Novyj Mir e il disgelo

di Stefano De Luca

Che qualcosa in Unione Sovietica stesse cambiando, dopo la morte di Stalin, fu evidente a tutti, ma intuire quale sarebbe stata la portata di tale cambiamento era un’impresa ben più ardua. E’ certo che il solo fatto della ‘percezione’ di un cambiamento poteva permettere ai cittadini sovietici di guardare al domani con più fiducia.

Se si voleva tentare di cambiare le cose in meglio, liberalizzando il regime, bisognava però trovare la forza di agire. In tal senso, la rivista letteraria ‘Novyj Mir’ (Mondo Nuovo), diretta da Aleksandr Trifonovič Tvardovskij, uscì allo scoperto. Col fine di constatare le reali intenzioni degli uomini del Cremlino in merito all’apertura nel campo culturale, nel dicembre del 1953 Tvardovskij pubblicò sulla rivista l’articolo intitolato Della sincerità in letteratura, che portava la firma di Vladimir Pomerancev.

Questi sosteneva che lo scrittore avrebbe dovuto evitare di farsi condizionare nella propria creazione dall’ambiente esterno, altrimenti sarebbe stato un ipocrita ed un traditore dell’arte e del popolo. Aggiungeva che “il grado di sincerità, cioè l’immediatezza dell’opera, deve essere il primo criterio di valutazione. La sincerità è la somma di quel complesso di doti che noi chiamiamo talento. La sincerità distingue l’autore di un libro e di una commedia dal suo compilatore. Per comporre sono sufficienti l’intelligenza, l’abilità, l’esperienza. Per creare occorre talento, cioè in primo luogo sincerità”.

L’attacco era condotto, indirettamente ma non troppo, ai burocrati della letteratura ufficiale, i quali mancando di ‘sincerità’ non potevano esprimere il loro ‘talento’ nella produzione artistica. Su ‘Novyj Mir’ comparvero allora altri scritti, specie quelli di Michail Lifšits, che criticavano alcuni libri di scrittori sovietici recenti colpevoli di idillizzare  la realtà sovietica e i suoi reali problemi. Da sottolineare il fatto che fosse finalmente una rivista, liberamente pubblicata e quindi facilmente accessibile per tutti i lettori, a portare alla ribalta queste tematiche che prima di allora erano state analizzate solo da gruppi ristretti di letterati, per questo facilmente reprimibili.

La condatta che impresse Tvardovskij a Novyj Mir, pur non avendo finalità controrivoluzionarie, venne vista comunque con timore dal Partito Comunista, che non poteva permettere il proliferare di pericolosi tentativi di fuga in avanti lungo la via del ‘rinnovamento’. L’11 agosto del 1954, in una seduta allargata della presidenza della direzione dell’Unione degli scrittori, Aleksej Surkov, segretario generale dell’Unione dal 1953 al 1959, attaccò apertamente ‘Novyj Mir’, e soprattutto lo scritto di Pomerancev.

Surkov sosteneva che non fosse la sincerità a permettere di comprendere i concreti fenomeni letterari come […] espressione e raffigurazione dell’ideologia, della psicologia e del carattere degli uomini che tale società costruisce; uno scrittore non va giudicato dal suo minore o maggiore grado di sincerità, ma dalla sua posizione di classe entro la società stessa”.  

La sostanza della questione non era affatto mutata rispetto agli anni Trenta e Quaranta, così come non erano cambiate le conseguenze per chi continuava a non adeguarsi alle direttive del Partito. Infatti, a seguito della seduta, Tvardovskij venne rimosso dalla direzione della rivista, sostituito da Konstantin Simonov. Il PCUS, in una fase cruciale per il futuro sovietico, non intendeva lasciarsi sfuggire dalle mani la gestione diretta delle tematiche principali della transizione e ‘Novyj Mir’ venne per questo attaccata, ma non messa tacere: il nuovo direttore, Simonov, proseguì infatti lungo la linea tracciata da  Tvardovskij.

 

Riferimenti bibliografici

Vittorio Strada, Letteratura sovietica: 1953-1963, Roma, Editori Riuniti, 1964, p. 16

 

 



 

 

 

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