N. 28 - Settembre 2007
Aleksandr Blok
Il crollo dell’umanesimo
di
Stefano De Luca
Il ‘dissenso’ come fenomeno compiuto nasce dopo
quasi cinque decadi di vita dell’URSS, ma le sue
radici sono riscontrabili già negli anni successivi
la Rivoluzione d’ottobre e per una corretta analisi
del fenomeno bisogna partire proprio dal 1917, dalle
speranze e dai sogni disillusi di quanti credevano
che il ‘Nuovo Stato’ avrebbe assicurato quelle
libertà sino ad allora negate.
Dopo secoli di regime zarista la Russia voltava
pagina, imboccando la via segnata da Lenin e Marx,
quella del socialismo scientifico che avrebbe
condotto l’arretrata Russia, secondo le tesi dei sui
padri fondatori, ad una nuova e migliore vita.
La Rivoluzione russa costituiva una soluzione al
problema, emerso nel 1789, del rapporto tra élite e
massa, della dimensione della partecipazione sociale
alla vita politica, un problema che investiva tutta
l’Europa.
Davanti ad una Russia sconvolta dalla Prima guerra
mondiale, il poeta pietroburghese Aleksandr Blok
si fece interprete di quello spirito di rinnovamento
che la Rivoluzione d’ottobre sembrava suggellare.
Blok ne Il crollo dell’umanesimo,
scritto nel 1919, sosteneva che sulle ceneri
della decaduta civiltà borghese, si sarebbero levate
le masse, rimaste ormai uniche portatrici dello
spirito della musica (ossia il senso di integrità
proprio della cultura).
L’umanesimo, caratterizzato dall’individualismo, si
è scisso “in infinite direzioni, politica,
giuridica, scientifica, artistica, filosofica,
etica; ciascuna delle quali si è infranta a sua
volta in centinaia di sentierini che hanno portato
in direzioni diverse, e hanno diviso gli uomini, che
hanno cominciato a sentirsi l’uno nemico dell’altro,
non appena si incontravano”.
“Con il consenso, violentemente antimusicale, dato a
tale guerra, la civiltà ha firmato la sua morte,
[…] vincitore è lo spirito della musica, […] l’uomo
è in movimento, si è destato dal secolare sonno
della civiltà”.
A proposito della Rivoluzione diceva “Che cosa fu
ideato? Rifare tutto.
Fare in modo che la nostra falsa, sporca, tediosa
vita diventi una vita giusta, pulita, allegra,
bellissima. […] Grande è lo slancio della
Rivoluzione russa desiderosa di abbracciare tutto il
mondo: essa carezza la speranza di sollevare un
ciclone, che porterà nei paesi sepolti dalla neve un
tiepido vento e un dolce profumo di aranceti […],
pace e fratellanza dei popoli”.
Il suo, più che un convincimento politico, era
l’annuncio di un rinnovamento globale. Blok lavorò
nelle nuove organizzazioni culturali sovietiche
(sino alla morte nel 1921), convinto che la cultura
dovesse aiutare le masse, senza imporre loro nulla,
“noi non siamo i pastori, il popolo non è il
gregge”.
Non visse abbastanza a lungo per vedere infrangere
le proprie speranze nei provvedimenti, sapientemente
organizzati dal Partito, degli anni successivi alla
morte di Lenin ed alla presa del potere di Stalin. |