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N. 17 - Ottobre 2006

L'AGENZIA STEFANI

Storia della prima agenzia di stampa italiana

di Fabrizio Tommasi

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La Stefani è la prima agenzia di stampa italiana. Nasce a Torino nel 1853, si afferma con l'appoggio di Crispi e diventa nel ventennio fascista un’agenzia di rilievo internazionale. Rimane attiva fino al secondo dopoguerra. Oggi la proprietà della testata rimane all’ordine dei giornalisti dell’Emilia Romagna e dà il nome al settimanale della scuola di giornalismo di Bologna.

 

Il fondatore, Guglielmo Stefani, nasce a Venezia nel 1819. Terminati gli studi universitari a Padova, si dedica all’attività giornalistica. A ventisei anni, all’inizio del 1846, comincia a lavorare al “Caffè Pedrocchi”, quotidiano padovano che sostiene l’unione e l’indipendenza dell’Italia. Scoppiati i moti del 1848, Stefani, dopo aver passato anche un periodo in carceri condannato dal governo austriaco, combatte in difesa dell’ultima repubblica di Venezia. Ripristinato il dominio austriaco, abbandona il Veneto.

 

E’ incluso in un elenco di 86 persone, la cui presenza, nei regi stati, viene ritenuta dalle autorità austriache non tollerabile a causa della loro «ingiustificabile perseveranza nelle mene rivoluzionarie e per le sovvertitrici loro tendenze». Trova rifugio a Torino dove dirige la “Gazzetta piemontese” e dà vita, con l’appoggio del Conte di Cavour, all’agenzia telegrafica Stefani.

E’ il 1853.

 

Quando Guglielmo Stefani muore nel giugno 1861, l’agenzia riusce a superare le difficoltà intervenute allacciando rapporti con l’Havas e la Reuter. La prima era nata nel 1835 a Parigi, quando l’ufficio specializzato nella traduzione di articoli di giornale di Charles Havas cominciò a garantire ai suoi clienti anche la trasmissione delle informazioni. La seconda venne fondata da Julius Reuter ad Aquisgrana, ma ben presto venne trasferita a Londra.

 

La quasi totalità delle informazioni provenienti dall’estero giungevano alla Stefani attraverso la Havas che, intorno al 1865 entrò nella proprietà con una quota del 50 per cento. La Stefani tasferì la sua sede, seguendo la capitale d’Italia, prima a Firenze e poi, nel 1881, a Roma.

 

L’ascesa al potere di Francesco Crispi segna una svolta importante: Crispi si mosse in favore di una lega tra le agenzie telegrafiche di Italia, Germania e Austria. La Havas e la Reuter avevano dato vita a una lega di agenzie dei diversi paesi che, dietro compenso annuo, ricevevano le informazioni dalle due grandi e si impegnavano a coprire il proprio territorio nazionale.

 

E’ di Crispi l’idea di utilizzare la Stefani per influenzare la sempre più ampia stampa nazionale e contrapporre la versione italiana dei fatti alle notizie «quasi sempre false e tendenziose» diffuse dalle agenzie francese e inglese, la Havas e la Reuter. La progressiva dipendenza dell'agenzia dal governo - lo stato sabaudo prima e il Regno d’Italia poi - ne fanno sempre più marcatamente uno strumento politico dell'esecutivo. In seguito a difficili trattative, la Stefani scioglie il contratto con la Havas e firma un accordo solo con la Reuter, la tedesca Continentalen e l’austriaca Correspondenz-Bureau. Il governo, che aveva decisamente spinto l’operazione, premia la Stefani con il rinnovo della licenza e un aumento degli abbonamenti ministeriali all’agenzia.

 

Nonostante il sostegno economico del governo, la Stefani ai primi del Novecento aveva ancora una dimensione ridotta, con abbonati solo in trentanove città. I corrispondenti erano pochi, le provincie poco servite. Molte prefetture erano abbonate, ma spesso non ricevevano il servizio.

 

Nel 1920 venne stipulato un accordo con il governo che affidava all’agenzia il compito di distribuire le informazioni ufficiali alla stampa, ai prefetti e agli uffici governativi. La nomina del direttore da quel momento venne sottoposta all’approvazione del governo.

 

Nel 1921 le difficoltà economiche costrinsero l’agenzia a stipulare un nuovo accordo con l’Havas che dava a quest’ultima l’esclusiva sulla pubblicazione delle notizie della Stefani fuori dall’Italia. L’accordo con l’Havas rendeva anche possibile l’accesso alle notizie della Associated Press, che copriva gli Stati uniti e il Sud America, grazie ai cavi stesi nell'oceano che collegavano New York a Parigi.

 

Con l’avvento del fascismo, la direzione dell’agenzia venne affidata a Manlio Morgagni, che la potenziò e la trasformò, rilanciandola anche sul piano internazionale. L’agenzia diventò la voce del regime. Morgagni riuscì a conquistare una certa indipendenza dall’Havas e a raggiungere con il notiziario italiano le comunità italiane in Sud America, attraverso un accordo con la United Press.

 

Dopo l’8 settembre 1943, l’agenzia la Stefani si trasferì al Nord e divenne proprietà dello Stato. Nell’Italia liberata nacque l’Ansa (Agenzia Nazionale Stampa Associata) da un accordo tra editori di varie tendenze politiche, prima solo del centro-sud e poi anche del nord.

 

Col passare del tempo nacquero poi altre agenzie, come l’Agi (Agenzia Giornalistica Italia), l’ADN Kronos, l’Asca e Radiocor. La Stefani cessò rapidamente le attività e divenne successivamente di proprietà dell'ordine dei giornalisti.

 



 

 

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