N. 9 - Febbraio 2006
AEREI ITALIANI NELLA SECONDA GUERRA
MONDIALE
Tra mito e realtà
di
Alessandro Farris
Con questo articolo mi prefiggo di chiarire quanto è
ancora divulgato in ambito di racconto orale o di
sentito dire senza essere stato visto. Questo articolo
si occuperà degli aeroplani italiani che affrontarono
il secondo conflitto mondiale.
E’
opinione diffusa che gli aerei italiani del secondo
conflitto mondiale siano stati inferiori ai loro
avversari solo sul piano costruttivo,e su questo si fa
riferimento ai biplani,in quanto ritenuti i soli aerei
prodotti dalle industrie italiane.
La
realtà smentisce questa fantasiosa idea.
Negli anni ’30 l’industria aeronautica italiana
attraversa un momento di splendore.Aerei italiani sono
quelli più veloci (vedere record di velocità per
idrovolanti stabilito nel 1934 da Francesco Agello),
quelli che compiono raid a grande distanza (Roma –
Addis Abeba e ritorno), ma in questo clima di entusiasmo avvengono interventi esterni che si
riveleranno dannosi.
Dopo la conquista dell’Etiopia, pur avvenuta con
relativa facilità proprio grazie all’Aeronautica, una
direttiva ministeriale porta ad un punto di svolta.
I
motori degli aerei italiani di quegli anni sono in
linea, ovvero come oggi si vedono nei piccoli aerei
da turismo. Proprio grazie ai motori in linea che
verranno compiuti record di velocità come quello sopra
citato.
La
direttiva ministeriale del 1935 porta alla decisione
di costruire, invece, motori radiali.
La
notizia sconvolge l’ambiente motoristico italiano.Non
se ne comprende la ragione, ma da Roma chiariscono
subito : un motore radiale è meno vulnerabile alle
pallottole nemiche.
L’industria italiana aveva abbandonato questo tipo di
motore dopo la prima guerra mondiale in quanto, con i
mezzi a propria disposizione, non era riuscita a
costruire motori di grande potenza e così si era messa
a costruire motori in linea.L’aereo di Agello ne ha
addirittura due di motori, collegati da un albero
motore, per una potenza di 3000 cavalli
complessivamente.
Dopo questa direttiva le industrie italiane devono
partire da zero.
Non avendo materiali di questo tipo nei depositi,
decidono per l’acquisto di motori radiali dall’estero
per poi in seguito costruirli su licenza.
L’aereo italiano da caccia fino a quel momento è il
CR32.Un caccia con motore in linea da 600 cavalli. Biplano, ma armato con 4 mitragliatrici ; 2 da 12,7 mm e 2 da
7,7 mm.
Questo armamento è il migliore di cui può disporre un
caccia in quel periodo.( Il monoplano ME 109 B è
armato con 3 mitragliatrici leggere)
Grazie alle importazioni dall’estero e ai motori
costruiti su licenza nasce il CR42. Sempre biplano, ma
con un motore da 840 cavalli.Se il motore risulta
potenziato, l’armamento invece risulta diminuito.Infatti
il nuovo caccia è armato con solo 2 mitragliatrici da
12,7 mm.
Si
corre ai ripari.
Nascono due aerei monoplani e con carrello retrattile. Sono
il G.50 e il MC.200.
Questi aerei hanno lo stesso motore del caccia CR42,
e purtroppo anche la stessa velocità. Questa non è una
nota lieta in quanto si sperava che, passando dalla
formula biplana a quella monoplana, gli aerei
costruiti potessero guadagnare in velocità.
Questo non avviene e i due nuovi nati sono anche
afflitti da problemi che il CR42 non presenta ; quali
la pesantezza strutturale e la minore affidabilità del
motore.
L’entrata in guerra coglie l’Aeronautica italiana in
preda alla ripresa dopo la guerra di Spagna, nella
quale aveva colto molti successi, però dovuti sia
all’imperizia dei piloti avversari che alla vetustà
delle macchine di volo.
I
circa 600 caccia italiani sono principalmente di 3
tipi : CR42, G.50 e MC.200.
Hanno in comune il motore e l’armamento, ma il fatto
di essere già 3 come tipi, quando ne sarebbe bastato
uno solo, complica la fragile linea logistica
italiana.
La
guerra contro la Francia segna l’ingresso in
combattimento dei CR42.I quali hanno vita facile
finquando colpiscono bersagli a terra, ma l’incontro
con la caccia francese ridimensiona la realtà.
I
caccia francesi sono i DE520, caccia monoplani armati
di 4 mitragliatrici e 1 cannoncino.I caccia italiani,
pur in superiorità numerica, rimediano solo meschine
figure. La breve durata della guerra esclude guai
peggiori e le condizioni dell’armistizio fanno avere
all’Italia parte di questi caccia.
Ma
in Italia, non s’impara la lezione e i caccia
francesi, invece di essere un chiarimento di tecnica
costruttiva, verranno affiancati ai caccia italiani
quali supporto.
Il
tardo 1940 fa debuttare l’Aeronautica italiana in
altri due teatri operativi : la battaglia
d’Inghilterra e l’invasione d’Egitto.
La
missione contro l’Inghilterra fu decisa da Mussolini
per motivi di prestigio, in quanto riteneva che se la Luftwaffe bombardava l’Inghilterra, l’Italia non
poteva restare in disparte.
Viene allestito un corpo di spedizione. Caccia come il
CR42 e il G50 si preparano ad affrontare i più
insidiosi e non solo caccia inglesi, quali lo Spitfire e l’ Hurricane.
Gli esiti del mese di combattimenti aerei, nei quali
gli aerei italiani affrontano anche il clima ostile,
sono negativi e gli inglesi arrivano a catturare
piloti italiani atterrati in Inghilterra per termine
del combustibile.
Questa campagna militare si conclude e ne inizia una
nuova : l’Egitto.
Anche qui il clima comanda e gli aerei italiani devono
vedersela in condizioni difficili senza averne
l’equipaggiamento idoneo.
Risulteranno aerei perduti più per il clima che per le
azioni nemiche.
La
campagna di Egitto termina a Sidi el Barrani e da lì
non si muoverà fino alla controffensiva britannica.
Un’ altra campagna militare si inserisce a complicare
questo fosco quadro. La campagna di Grecia, una
campagna senza gloria e con soli lutti e dolore.
L’anno si conclude con la flotta italiana decimata a
Taranto da attacco aereo inglese e con crisi in
Grecia.
L’industria che aveva costruito il MC.200 interviene
di propria iniziativa e così acquista alcuni motori
tedeschi, che al contrario di quelli italiani sono in
linea, e con quelli rimotorizza gli MC.200.Nasce così
il MC.202. Pulito, filante, veloce, ma con il
vecchio difetto degli aerei italiani del tempo :
l’armamento. Anch’esso manterrà le 2 mitragliatrici da
12,7 mm. Questo in nome della manovrabilità, ma che lo
renderà inferiore ai caccia inglesi che volano in quel
periodo.
Il
nuovo caccia non verrà impiegato immediatamente al
fronte.Verrà munito di filtri antisabbia per il
deserto e quest’operazione lo farà entrare in azione
dopo l’arrivo in Africa di Erwin Rommel, il quale era
intervenuto su ordine del Comando Supremo tedesco
preoccupato della disfatta italiana.
Il
nuovo caccia, una volta attato per combattere in
Africa, dato alle mani di piloti esperti si dimostra
valido e così gli aerei italiani possono trionfare sui
caccia avversari.
Un
ostacolo di natura non tecnica si contrappone agli
aerei italiani. Questo è la produttività delle
industrie italiane. Le industrie italiane non riescono
a produrre più di 40 MC.202 al mese, mentre i vari
fronti ne reclamano molti di più e in più i motori
italiani costruiti su licenza, dato che i tedeschi
non potevano dare motori a getto continuo agli
italiani, si dimostrano inferiori e con problemi
tipici dei motori italiani, quali l’affidabilità e
l’autonomia.
Tuttavia non si trova soluzione e i prototipi che
nascono in quel periodo non portano altro che
sottrazione di tempo e risorse, i quali erano carenti
per le industrie italiane.
Si
ricorre ai caccia francesi di preda bellica, ma i
risultati sono negativi.L’assenza di parti di ricambio
e il miglioramento tecnologico dei caccia britannici
rendono tali aerei superati.
L’entrata in guerra degli Stati Uniti d’America porta
nuovi mezzi agli inglesi, anche se al momento non
decisivi sui cieli del Mediterraneo.
Gli aerei italiani devono coprire il cielo delle
truppe impegnate nel deserto e il cielo dei convogli
navali che riforniscono le truppe combattenti in
Africa, ma come detto la scarsa produttività delle
industrie non permette facilità nei due compiti
gravosi di cui di deve occupare l’Aeronautica.
Per vedere un caccia italiano armato di cannoncino si
deve arrivare al 1943. Ma è tardi. Troppo tardi.
Migliorano sia il G.50 e diviene G.55 (armato con 2
cannoncini e 2 mitragliatrici) sia il MC.202 che
diviene il MC.205 (armato con 4 cannoncini).
Questo progresso avviene grazie, nuovamente,
all’acquisto di motori tedeschi, i quali rendono gli
aerei italiani in condizioni migliori contro i caccia
anglo-americani.
Si
giungerà, all’armistizio, senza che i nuovi caccia
siano stati distribuiti in numero sufficiente ai
reparti.
Scarsa produttività delle industrie, direttive
governative errate, gap tecnologico rendono gli aerei
italiani inferiori ai rivali stranieri. Non si deve
ritenere che, l’industria italiana non sapesse
costruire, ma di fronte ad un sistema governativo che
voleva tutto senza tener conto di come poteva
ottenerlo, anche un’industria diversamente operativa
sarebbe stata in difficoltà, così come la fu
l’industria tedesca. Questa è un’altra storia e non è
tema di questo articolo. |