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N. 3 - Agosto 2005

VIAGGIO IN TURCHIA

Il Mediterraneo - Parte II

di Antonio Montesanti

 

Il Mediterraneo appare immediatamente differente da qualsiasi altro mare, in particolar modo si distanzia notevolmente dall’Egeo stesso, pur volendo ed essendo in realtà lo stesso mare. La differenza, che già notarono gli antichi, è evidente anche ai nostri occhi.

 

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Quand’è che un mare cambia rispetto ad un altro e quando si discosta da esso?

La risposta è insita in una serie di componenti che vanno dal fondale, alla presenza di isole lungo la costa, alle montagne o al tipo di costa che lo sposa, fino, e non per ultimo, alla rifrazione della luce su di esso. Per esempio il fatto che l’Egeo sia esposto a Ovest mentre il Mediterraneo a Sud gli conferisce un tono cromatico differente. Non parliamo di differente bellezza ma di bellezza nella diversità.

 

I monti in quest’area, l’antica Licia, arrivano quasi a picco sul mare, con le sue rocce, non eccessivamente elevate, in questo tratto, spesso nude, e con i suoi pini marittimi, mediterranei appunto. A Kaş, primo centro di rilievo dopo Fethiye, si arriva nel primo sito urbanizzato di un certo rilievo: distante dagli ultimi itinerari turistici, si nota subito che la pesca viene considerata come mezzo di sussistenza, in maniera naturale, forse perché l’incontro dei due mari e di due correnti provoca una concentrazione maggiore di prede. Qui il mare è una cultura. È vita e morte allo stesso tempo. Quello che colpisce, dall'esperienza dei giorni passati in questa terra, è che il popolo turco ha scarse pertinenze con il mare, essendo un'etnia proveniente dalle steppe centrasiatiche;essendo partito dagli altopiani, dalle steppe dell’Altai, infatti, non ha mai considerato il mare come fonte di vita, se non in qualche raro caso; la potenza ottomana medesima ha fondato il suo potere navale solo in base alle esperienze arabo-bizantine e quasi esclusivamente per scopi commerciali o bellici.

 

Ma in questo punto non è stato possibile esimersi dal considerare il mare come fonte di vita, di commercio, di guadagno, di sostentamento al pari della terra, come letto per l’ultimo viaggio nell’Aldilà. La tombe degli antichi Lici, popolazione originaria di queste zone, cantata già da Omero nella Guerra di Troia, erano costituite dalla chiglia di un piccolo scafo rovesciato. In seguito le loro tombe saranno formate da alti mausolei a forma di barca rovesciata che impressionano colui che le scorge tra questi posti montuosi, rocciosi, selvaggi...

 

Le necropoli da queste parti sono maggiormente rupestri con qualche “barca” che s’innalza sporadicamente come ad individuarle. È il caso di due città gemelle, Myra e Lymyra città che mostrano scenografie lunari costituite da necropoli rupestri, appunto, con i defunti che osservavano ancora gli spettacoli che si svolgevano nei teatri, inseriti nelle loro ‘rocciosità’ e ricchi ancora di sculture di magnifica fattura. Sentire, come si è accennato nella prima parte del viaggio, una persona che si esibisce in questo contesto scenografico, mentre canta una litania perfettamente intonata, è un’esperienza che rimane indelebile nei ricordi a distanza di anni…

 

Procedendo verso oriente la forma della costa propone uno schema analogo: montagne molto alte a nord che digradano verso il mare con una vegetazione e anfratti marittimi di vari tipi. La strada procede in maniera pressappoco rettilinea, incuneandosi tra le alture: da lontano è possibile vedere i monti che conchiudono la costa, alti, imponenti, austeri… Di notte nel posto che porta il suo nome dai tempi dei Greci, dove Bellerofonte la uccise, si vede la Chimera… E' un fenomeno costituito da una sere di fiammelle di gas che fuoriesce dal sottosuolo, ben visibili di notte, fenomeno già noto a poeti antichi, seppur in altro contesto:

 

Il navigante…,/ vedea per l'ampia oscurità scintille/balenar d'elmi e di cozzanti brandi, / fumar le pire igneo vapor, corrusche /d'armi ferree vedea larve guerriere / cercar la pugna; e all'orror de' notturni / silenzi si spandea lungo ne' campi / di falangi un tumulto e un suon di tube / e un incalzar di cavalli accorrenti… (U. Foscolo – I Sepolcri)

 

Quello che è possibile notare, è che la costa, in questo tratto, tende progressivamente a salire nel dislivello marino e quindi a scendere a strapiombo sul mare: a mano a mano che si procede verso Est la costa da pochi, arriva a decine e poi a centinaia di metri sul mare. Il punto dove questo fenomeno inizia a prendere forma è dall’ultima grande città di una certa importanza lungo questa costa: Antalia. Il primo impatto certamente non è dei migliori, coste cementificate, come in tutte le città maggiori che abbiamo visitato, traffico caotico e soprattutto un mare dal colore più splendido che questa terra gli ha dato: il turchese. E poi coste rocciose di alcune decine di metri a picco sul mare… il tutto incastonato in splendidi hotel, bianchi, dai molti piani che mettono paura tanto le sovrastano, la ricerca di una di queste discese prive di un mostro di cemento è impresa inutile e dispendiosa, bisogna scendere fino a giù per centinaia di scalini e bagnarsi in quei colori (e soprattutto in quella frescura) per poter godere del mare e dimenticarsi delle balene bianche arenate più in alto.

 

Qualche giorno, in questa città aiuta sicuramente a ritemprarsi e rifocillarsi per una tratta impegnativa che seguirà in seguito. Per apprezzarla al meglio, la città  va vissuta nel e dal centro antico, incastonato all’interno di una di queste calette rocciose dove si trova il porticciolo turistico. Certo, la mancanza dell’aria condizionata all’interno di un vecchio ma caratteristico alberghetto rende le notti insonni e piuttosto ‘umide’. Ma la sorpresa più gradita (e soprattutto rinfrescante) è data dal momento in cui si decide di andare in un hamam, un bagno… ‘turco’ appunto. Vicino all’albergo si trova uno splendido ‘centro termale’, piccolo ma caratteristico, risalente al XIII secolo, ai primissimi anni della dominazione turca e forse più antico, al cui interno è possibile vedere marmi e travi che i proprietari asseriscono essere originali… Il piacere dei passaggi freddo/caldo, e viceversa, ma soprattutto il massaggio finale con un sacco di juta intriso di sapone è illimitato…

 

Le serate passano piacevoli ad acquistare prodotti in spuma di mare (pietra vulcanica molto malleabile se bagnata), a mangiare del pesce e a passeggiare al fresco, di giorno al mare e per il centro abitato, estremamente commerciale ma piacevole, fino al giorno della ripartenza.

 

Se si osserva la piantina, si noterà che dopo Antalia, a parte un paio di minuscole cittadine, proseguendo lungo la costa, non vi è null’altro che zone semidisabitate. Da qui inizia la regione antica della Panfilia, che si apre con una vasta e verde pianura, sulla quale sorge il triangolo di città archeologicamente interessanti. Perge, presenta una particolarità, un lungo viale, suddiviso in due corsie, da una fontana-ninfeo che lo attraversa per tutta la sua lunghezza. È un peccato che non sia stato ripristinato il condotto che dalla fonte sull’acropoli della città conduceva fino alla porta a doppia torre cilindrica, accesso principale che nella sua particolarità, rappresenta per il mondo ellenistico un unicum e un progetto “pilota” per tutte le fortificazioni a venire. L'incontro con dei sauridi, ossia lucertole giganti grandi almeno tre o quattro volte quelle che conosciamo, che in assenza di turisti, al momento dell'apertura del sito archeologico, spadroneggiano incontrastati e che si dileguano ad una velocità impensabile, lascia il visitatore esterrefatto.

 

Aspendos è famosa per il teatro greco che tutt'ora è quello meglio conservato al mondo, infatti nessun teatro antico, ci è giunto con l’ultimo anello ancora intatto e con il muro scenico ancora perfettamente integro, con la presenza anche della scena sarebbe stato ‘perfetto’.

 

L’ultima città, Side sorge, al contrario delle prime due, sul mare e la cosa più terrificante, che può indurre ad abbandonare il sito, benché la bellezza dell’incastonatura marina, è data dalla connessione bituminosa tra una pista d’asfalto e i reperti strutturali. Anche se il teatro proprio su una propaggine rocciosa sul mare, merita una visita.

 

Da qui 320 km di panorami meravigliosi su questa parte di costa, che, considerata come un segmento che va da Antalia a Tarsus, troverà il picco massimo di dislivello, proprio in questo punto, nel centro, dove in alcuni tratti il picco sul mare raggiunge, tra salite e discese, diverse centinaia di metri. La strada è pericolosissima, priva di guardrail, e le uniche persone che si vedono sono i venditori di banane (squisite!) nei pressi delle loro coltivazioni. All’interno è inutile addentrarsi, vi è solo una landa desolata. La costa rarissimamente è alternata a piccole pianure marine e su quello costiero nell’estremo sud si incontra il Mamure Kalesi, un antico e complesso castello di pirati, evidentemente caratteristico.

 

Gli antichi stessi preferivano addentrarsi, senza intraprendere la strada costiera e  aggirare così lo ‘scoglio’ di 2300 m. s.l.m. e riscendere il corso dell’antico fiume Kalykadnos, (Göksu Nehri) che conduceva nuovamente sulla costa a Silifke tappa obbligata per coloro che giungevano dall’Europa, via terra per dirigersi nell’area mediorientale, arrivavano a passare il fiume solo in questo punto, perché le sue gole lo rendevano insormontabile. L’enorme sforzo prodotto per giungere presso questa città, la Seleucia ellenistica, doveva essere talmente elevato da spingere coloro che vi giungevano a considerare questo tratto di fiume come un miraggio, con la possibilità di rinfrescarsi: il primo istinto era quello di buttarcisi dentro per fare un bagno per attenuare la calura: ma le sue acque anche d’estate sono gelide… Ad Alessandro Magno questo gesto gli costò quasi la vita, uscendo per poco, da una tremenda polmonite… A Federico I, partito per le crociate, gli fu addirittura fatale.

 

Da Seleucia la desolazione, sembra terminare, da qui ci si può addentrare, verso un’arida bellezza dei luoghi. I punti d'accesso alle strade che conducono agli insediamenti antichi sono segnate, da monumenti magnifici, isolati, tristi che si stagliano da soli nella radura pietrosa e solcata da valli profonde e da corsi d’acqua inesistenti. Mausolei, che sembrano riproduzioni di quello di Alicarnasso, torri monumentali, tempietti votivi che seguono la sinuosità della strada fino al punto più alto che da lontano osserva la costa e da solo nella sua beata solitudine accoglie i resti del centro romano di Diolba Diocaesarea. Poche persone, neanche definibili cristiani, abitano questi resti tra un bar e qualche venditore di souvenir e anticaglie, resti isolati che lasciano a bocca aperta per la monumentalità delle colonne del tempio di Giove, poi trasformato in basilica paleocristiana.

 

Da qui verso est, il paesaggio si evolve in gole più grandi, radure costiere e baie circondate da picchi o alture, s’iniziano a vedere in lontananza, su quelle più alte, castelli, risalenti al periodo delle crociate. La vicinanza  con quelli europei è chiaramente simultanea, tra questi al pari del precedente menzionato, spicca Kiz Kalesi, l’unico esempio, insieme a quello di Le Castella in terra di Calabria, di fortezza interamente sul mare. Non sopra un isola, con le mura a pelo d’acqua e non collegato alla terra: una vera fortezza ‘galleggiante’. Il mare con il suo colore acceso, lo avvolge e lo sostiene, lontano dalla riva centinaia di metri. Una visione di un romanticismo senza eguali… A meno che non lo si veda a mezzogiorno, nell’ora di punta in uno dei luoghi balneari più affollato dell’intero paese, da turchi stessi!

 

Proseguendo, in direzione di Mersin (Içel), moderna cittadina, s’incontra l’ennesima città abbandonata, questa volta lungo la costa, ormai notevolmente bassa. Kalindvane o Kanytelys, presenta al suo interno una particolarità: una specie di grande buca, di cratere sacro, nel quale venivano fatti dei riti ieratici e intorno alla quale e ai quali ruotava l’intero sito, fisicamente l’intera cittadina. Intorno ad essa ruotano gli edifici maggiori, ma le note che sorprendono sono due: la stratificazione culturale, con testimonianze visibili che vanno dal periodo preromano a quello turco. Abbandonata poco prima dell’occupazione turca conserva in gran parte degli ‘spaccati reali ed effettivi’ delle strutture, che conservano ampie aree portanti con architetture evolute e complesse che sembrano anticipatrici del gotico europeo piuttosto che una continuazione del romanico bizantino. L’estrema lavorabilità della pietra locale consente la riduzione di essa in blocchi più o meno grandi con conseguenti possibilità di tipo mosaicale e strutturale. Il tutto è dominato nella parte più alta da un’ennesima tomba-mausoleo a tempio, secondo lo schema già visto in Licia e Panfilia.

 

Da qui in poi entriamo in una nuova regione e si nota bene sia dal punto di vista fisico che umano. L’ampia distesa di Tarso, città di S. Paolo, apre le porte della Cilicia, area ricca e caotica, dove, al contrario di quello che ci sia aspetterebbe dirigendosi verso un paese mesorientale come la Siria, le persone sono più aperte, disponibili, addirittura sorridenti e le donne ti rivolgono la parola, usanza sconosciuta questa nel resto del paese...

 

La Cilicia è ben circoscritta da montagne tutt’intorno, a sud separata dalla Siria dalle montagne della Coelesiria (Nur Dag). Adesso, la parte costiera dell’antica siria appartiene alla Turchia come la città capitale di quest’area: Antakya o che i turchi chiamano anche Hatay, l’antica Antiochia sull’Oronte.

 

 

Spinti dal consiglio di vedere i mosaici romani conservati al Museo Archeologico, la città al contrario dei ‘quadri’ di pietra esposti nelle sale della struttura, spaventa ed intristisce allo stesso tempo. Non è rimasto nulla dell’opulenta città antica, nulla…

 

 

L’Oronte, fiume che appare sotto forma di un dio barbuto nelle composizioni statuarie ai piedi della città, personificata da una donna, prospera e con una cornucopia in mano è poco più che un torrente in secca… confusionaria, disordinata e con quartieri estremamente poveri, appartiene, in realtà, culturalmente, ancora alla Siria: araba è la lingua, la cucina, la cultura usate parallelamente in maniera quasi ufficiale, mentre l’unica cosa di cui riesce a fare sfoggio è la c.d. chiesa paleocristiana di Pietro o prima chiesa. Un antro desolato…

 

Solo una cosa, lungo la via del ritorno, ci rende partecipi della ricchezza passata, le campagne intorno che si estendono per decine di km, estremamente floride e pingui di ogni messi, come appaiono nella cornucopia della fanciulla-città: irrigate proprio con l’acqua dell’Oronte…

 

VIAGGIO IN TURCHIA

La costa dell'Egeo - Parte I

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L'entroterra anatolico - Parte III



 

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