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N. 5 - Ottobre 2005

OPERAZIONE OVERLORD

Lo sbarco alleato in Normandia

di Stefano De Luca

 

I leader inglesi nel 1941 non credevano possibile realizzare un’invasione della Francia, ma dopo Pearl Harbor e grazie al sostegno statunitense tale idea venne considerata praticabile, ma non in tempi brevissimi. Era preliminarmente essenziale che il fronte sovietico reggesse, altrimenti la Germania avrebbe potuto spostare ad occidente le truppe schierate sul fronte orientale. Era inoltre essenziale che gli Alleati eliminassero la minaccia dei sommergibili tedeschi per permettere l’afflusso dei rifornimenti tra le due sponde dell’Atlantico, e ottenere un vantaggio sulle forze aeree tedesche sino ad allora dominanti. Tutti e tre i fattori furono col tempo soddisfatti.

 

Relativamente alla la praticabilità del piano emerse un diverso atteggiamento della Gran Bretagna rispetto agli Stati Uniti: già nel gennaio 1942 tanto Roosvelt quanto i generali Gorge C.Marshall e Dwight D.Eisenhower erano convinti della necessità di uno sbarco in Francia; dal canto loro gli Inglesi nel 1942 ritenevano impossibile una simile operazione, preferendo invece un’azione indiretta per battere Hitler che passasse per il Mediterraneo, ponendo decisamente l’accento sulla flessibilità. Erano due diverse concezioni sulla conduzione di una guerra, una inglese volta a logorare il nemico combattendolo su più fronti (tattica definita dagli americani dello sparpagliamento), l’altra, propria della tradizione americana risalente a Ulysses Grant, di cercare la forze principale del nemico ed attaccarla in modo massiccio.

 

Col trascorrere del tempo prevalse la tesi statunitense, e tra la fine del 1942 e l’inizio del 1943 venne approvata l’operazione congiunta, conosciuta come operazione Bolero, che consisteva nel concentrare le forze d’attacco in Gran Bretagna. Nel gennaio 1943 c’erano così 390.000 militari americani in Gran Bretagna, ma rispetto ai 600.000 impegnati nel Mediterraneo e ai 700.000 nel Pacifico è lampante come le priorità in quel momento fossero altre. Nel maggio 1943 i vertici inglesi ed americani si incontrarono a Washington, e qui decisero di sviluppare un piano che avesse per finalità l’invasione della Francia nel maggio del 1944. Nelle trattative che seguirono, di nuovo vennero a galla delle divergenze, in quanto il generale inglese Morgan sosteneva che l’attacco andasse portato nella zona più vicina all’Inghilterra, il Pas de Calais, mentre gli americani preferivano la Normandia in quanto meno difesa dai tedeschi.

 

Nell’incontro di Quebec gli inglesi iniziarono a cedere, ed accettarono il principio dell’invasione della Francia, l’operazione Overlord, anche se per volontà inglese non venne considerata come priorità assoluta, bensì come obiettivo principale. In privato gli inglesi deploravano l’impresa (Churchill diceva che bisognava buttare i piani a mare, non Overlord ma ‘Overboard’). La svolta finale venne dall’incontro al vertice di Teheran nel novembre 1943, quando finalmente si trovarono faccia a faccia Roosvelt, Stalin e Churchill. Il 28 novembre prese la parola Roosvelt, bruciando sul tempo le velleità di un raffreddatissimo e debilitato Churchill. Roosvelt sapeva che Stalin avrebbe a dir poco esaltato l’operazione Overlord in quanto l’apertura di un secondo fronte in Europa era la priorità assoluta delle richieste dei sovietici, che stavano sopportando praticamente da soli tutto il peso della guerra diretta coi tedeschi, ed infatti Stalin disse “fate di Overlord l’operazione chiave per il 1944”. Churchill provò a prospettare alternative nell’Egeo (il fronte mediorientale era senza dubbio una priorità per gli interessi inglesi), ma Stalin scartò l’idea come una inutile perdita di tempo. Per la prima volta dall’inizio del conflitto i tre Alleati avevano una strategia comune, e l’operazione Overlord fu approvata anche perché equivaleva finalmente ad un’alleanza.

 

Stalin voleva anche una data verosimile, e si optò per il primo maggio. Era il momento di nominare i comandanti dell’operazione: Roosvelt scartò la carta Marschall, capo di stato maggiore ma con poche esperienze operative, e scelse il generale Eisenhower, già comandante dell’operazione Torch in nord Africa nel 1942; I britannici scelsero B.Montgomery, il vincitore di El Alamein. Il rapporto tra i due non fu idilliaco, perché Eisenhower era tanto pacato quanto Montgomery immodesto. Così, dopo trattative durate circa un anno e mezzo e non senza difficoltà, l’operazione Overlord passava dalla fase del concepimento a quella della pianificazione, prima di diventare operativa.

 

E’ importante ripercorrere quanto accaduto nel maggio del 1942, durante l’operazione Ironcald, che prevedeva la conquista da parte inglese del Madacascar francese, in quanto per la prima volta vennero combinati mezzi navali e aerei a forze di terra. L’obiettivo era la baia naturale di Diego Suarez, al nord dell’isola, per bloccare l’avanzata giapponese che minacciava la stabilità della ‘via delle indie’ inglese. La baia era protetta da fortezze costiere e numerosi cannoni navali, ma gli inglesi con una manovra volta ad attaccare di sorpresa ad occidente eluse le difese francesi (che rifiutarono di arrendersi) e conquistò la baia, anche se le perdite furono alte. Il resto dell’isola rimase in mano francese fino a novembre, a conferma dell’inadeguatezza inglese a condurre un’operazione anfibia in Europa contro i tedeschi, in quel momento.

 

Nel 1942 un’invasione della Francia era impossibile dal punto di vista operativo. L’addestramento ed equipaggiamento di una forza capace di stabilire una base nell’Europa settentrionale richiedeva tempi più lunghi. Era innanzitutto essenziale ottenere una copertura aerea e navale valida per permettere di trasferire delle forze di terra tanto numerose da creare un avamposto stabile. Inoltre c’era il problema della traversata della Manica, tragitto breve ma assai ostico per l’instabilità che la caratterizza. Al di là del mare c’era un nemico barricato dietro il Vallo atlantico voluto da Hitler ed un esercito vasto. Occorreva creare dei mezzi di trasporto capaci di far sbarcare rapidamente e senza sosta le truppe, navi grandi per trasportare le truppe e gli approvvigionamenti, navi più piccole per farli sbarcare direttamente sulle spiagge. A tal fine le dimensioni del riarmo americano e la sua velocità di produzione consentirono la creazione tra il 1943 e il 1944 di circa 30.000 imbarcazioni, la maggior parte di piccole dimensioni.

 

Vennero prodotti anche dei particolari mezzi anfibi da sbarco, gli Sherman DD (Duplex-Drive: doppia-trazione) ossia dei carri armati di tipo Sherman modificati i quali navigavano grazie ad un sistema particolare. Attorno al mezzo si alzava, sostenuto da un sistema di camere d’aria, un telo che fungeva da scafo. Il moto era assicurato da un elica, da cui il nome. Il carro armato vero e proprio in navigazione si trovava sotto il livello dell’acqua e solo il comandante, in piedi su una piattaforma sistemata sulla torretta, poteva guardare avanti da sopra l’involucro. Il lancio dei mezzi doveva avvenire a cinque miglia dalla costa, e tali carri funzionavano bene col mare calmo. Il carro Sherman DD venne precedentemente sperimentato, tra il 5 e il 20 luglio del 1944, nelle acque del Golfo di Salerno, ma l’esito non fu positivo poiché affondò durante le operazioni.

 

La scoperta eccezionale del suo utilizzo prima dell’operazione Overlord va attribuita alle ricerche di alcuni subacquei italiani che, con l’aiuto di alcuni pescatori salernitani ai quali si continuavano ad impigliare le loro reti da strascico sempre nello stesso punto a 24 metri di profondità, decisero di immergersi e scoprirono con stupore che le reti si incagliavano proprio nel relitto dello Sherman DD. La notizia venne così inviata alla Marina statunitense che prima negò l’utilizzo degli Sherman prima del 1944, poi sotto l’evidenza delle immagini nel 2000 inviò a Salerno una portaerei per tentarne il recupero, ma non si riuscì a riportarlo in superficie dopo quattro giorni di tentavi. Ma allora il creatore del Museo di Piana delle Orme, Mario De Pasquale, decise, con l’assenso del Ministero della Difesa, di tentarne il recupero, e ciò avvenne il 18 maggio 2002. Oggi al mondo sono conservati solo 3 esemplari di Sherman DD, ed uno è al museo di Piana delle Orme (Latina). Tale ritrovamento eccezionale ci mostra come la preparazione per l’operazione Overlord abbia radici nelle sperimentazioni precedentemente fatte in altri teatri bellici della Seconda guerra mondiale, e  come la vittoria alleata  venne costruita passo dopo passo, imparando dagli errori commessi de affinando le tecniche.

Il 21 gennaio del 1943 l’unità di comando alleata decise di allargare il fronte d’attacco in Normandia, rispetto a quanto precedente pensato, dalla foce della Senna alla costa orientale della penisola di Cotentin, con lo scopo di impadronirsi del porto di Cherbourg e poi di Caen, e di utilizzare nelle prime fasi non più tre ma cinque divisioni. Una volta conseguita una stabile testa di ponte, trasferire trentasette divisioni e puntare verso la Germania. Tali aumenti comportarono un ritardo sulla data stabilita per l’attacco di circa un mese, per consentire ai cantieri americani di produrre il necessario e trasportarlo in Inghilterra. Calcolando maree e pleniluni, Eisenhower decise che il D-Day sarebbe stato il 5 giugno 1944, e l’ora dell’attacco le 5,58 del mattino.

 

Circa 350.000 tra civili e militari lavorarono dietro le quinte per il reclutamento e gli approvvigionamenti. L’operazione navale venne definita Neptune, e posta sotto il comando dell’ammiraglio inglese Ramsay, e il suo compito fu il trasporto di armi e mezzi e la creazione di vie navali sicure. A tal fine vennero usati dei porti artificiali ideati dal commodoro inglese Huges-Hallett, costituiti da sezioni di calcestruzzo lunghe settanta metri che andavano trainate e fissate nel luogo prescelto, difesi da strutture galleggianti d’acciaio e, viste le burrasche della Manica, con una seconda linea frangiflutti aggiuntiva fatta con le carcasse di vecchie navi (55 in tutto). L’attacco sarebbe stato condotto ad ovest della penisola di Cotentin dalla prima armata americana guidata da Bradley, sulle spiagge (nome in codice) di Utah e Omaha, e ad est della penisola stessa dal generale canadese Dempsey lungo le spiagge Gold, Juno e Sword. Molto importanti furono i bombardamenti preventivi sulla Francia per danneggiare strade e ferrovie in modo da limitare il più possibile la capacità tedesca di inviare rinforzi dopo il D-Day, ed anche i bombardamenti contro l’industria aeronautica tedesca e i rifornimenti di petrolio. Churchill si mostrò però contrario a tali bombardamenti che, diceva, potevano causare la morte di 100.000 francesi  e macchiare il buon nome della RAF, ma dovette piegarsi alle pressioni di Roosvelt (alla fine si contarono 10.000 morti francesi, ma il traffico ferroviario era calato ad un terzo rispetto al mese di gennaio).

 

Ultimo ed altrettanto importante fattore della preparazione dell’attacco fu l’operazione Bodyguard, ossia una enorme operazione di depistaggio condotta dagli Alleati per non far capire ai tedeschi dove sarebbe avvenuto lo sbarco. Bisognava far credere al nemico che l’attacco sarebbe avvenuto nella zona compresa tra Dover e Calais, e per questo compito era necessaria una azione assai efficace degli addetti allo spionaggio. Nel 1944 le comunicazioni crittografate tedesche (Ultra) venivano regolarmente decifrate dagli Alleati, mentre al contrario lo spionaggio tedesco in Inghilterra venne depistato in maniera efficace (molte spie tedesche erano state comprate ed agivano da doppi agenti), e soprattutto gli Alleati riuscirono a far credere ai nazisti che il grosso delle truppe alleate fosse stanziato nel sud-ovest dell’Inghilterra, quindi pronto ad attaccare il Pas de Calais, mentre in realtà le truppe erano stanziate nell’Inghilterra sud-occidentale in vista dell’attacco alla Normandia.

 

Culmine delle operazioni di depistaggio fu il far credere ai nazisti che nell’Inghilterra sud-orientale fosse schierata la First US Army Group (Fusag), composta di un milione di soldati, che in realtà non esisteva affatto, ma che i tedeschi continuarono a credere che esistesse anche dopo l’invasione della Normandia. Sorsero nell’Inghilterra sud-orientale campi e depositi finti, quartier generali inesistenti, carri armati di gomma, il tutto ben visibile agli aerei nemici che sorvegliavano la zona, mentre ad occidente si fece di tutto per mantenere segrete le installazioni. Il depistaggio riuscì, Hitler rimase convinto che l’attacco sarebbe avvenuto nel Pas de Calais, e si convinse che al massimo gli Alleati avrebbero potuto fare un attacco puramente diversivo in Normandia. Le condizioni per attaccare verso la fine di maggio erano state tutte raggiunte con successo, non rimaneva che aspettare il D-Day.

Hitler era convinto già dalla fine del 1943 che l’attacco alleato sarebbe giunto, così come sapeva che avrebbe deciso le sorti della guerra. Il piano di rafforzamento del Vallo atlantico era cominciato nel 1942, ed era un progetto assai ambizioso e superiore alle possibilità tedesche: 15.000 capisaldi di mitragliatrici e lanciafiamme furono costruiti lungo la costa, ma la maggior parte delle risorse furono investite tra le foci della Senna e dello Schelda, perché era in quell’area che si credeva sarebbe avvenuto lo sbarco. Tra Senna e Scheda i tedeschi disponevano infatti di una divisione ogni 50 miglia, mentre in Normandia ce n’era una ogni 120 miglia e nel resto delle coste una ogni 217. Quando fu chiaro che nella primavera del 1944 ci sarebbe stato l’attacco, Hitler nominò (15 gennaio 1944) a capo delle forze che si sarebbero opposte agli Alleati il feldmaresciallo Erwin Rommel, che nonostante avesse precedentemente avuto grossi successi con gli Africa Korps attuando una guerra di movimento, preferì ora, di comune accordo con Hitler, attuare una difesa statica rafforzando la linea difensiva costiera: venne aumentato il numero dei bunker, piazzate cinquanta milioni di mine sulla costa e nei mari, aumentato il numero delle divisioni (da 48 a 56), ma il tutto sempre privilegiando la zona tra Senna e Scheda. Tale linea suscitò la disapprovazione del comandante von Rundsedt e del generale von Schweppenburg, i quali erano per una difesa più flessibile capace di assorbire l’invasione iniziale e poi di replicare con una forte riserva mobile che avrebbe battuto la testa di ponte  degli invasori su un terreno più adatto.

 

Hitler risolse la discussione dividendo le risorse tra il rafforzamento della prima linea difensiva e il rafforzamento delle divisioni mobili, ma ciò in pratica finì per non soddisfare pienamente né l’una né l’altra strategia difensiva, favorendo per contro gli Alleati che non avrebbero potuto auspicare di meglio. La dispersione delle forze tedesche fu diretta conseguenza dell’incapacità di avere certezze sul luogo esatto dove sarebbero sbarcati gli Alleati, i quali erano così riusciti a trasformare il vantaggio tedesco, che aveva avuto tutto il tempo di pianificare una valida difesa, in uno svantaggio causa appunto dell’incertezza sul luogo della battaglia. Dal 25 maggio tutte le comunicazioni (radio, telefoni, lettere) tra i soldati e le rispettive famiglie vennero sospese dagli Alleati, perché un solo errore che potesse aiutare i tedeschi ad individuare il luogo e i tempi dello sbarco avrebbe potuto rovinare tutto ciò che era stato fatto.  3 milioni di soldati alleati erano pronti all’attacco, in attesa dell’ordine definitivo di avvio delle operazioni belliche.

 

All’alba del D-Day, 5 giugno 1944, Eisenhower si svegliò trovando venti forti e piogge, condizioni proibitive per l’attacco, ma improvvisamente la pioggia cessò e, anche se il tempo era cupo, diede l’ok per l’inizio delle operazioni. Paradossalmente il tempo instabile favorì gli Alleati, in quanto i tedeschi erano convinti che con quelle condizioni metereologiche non avrebbero attaccato. Addirittura Rommel era andato a trovare la moglie in Germania per il suo compleanno! Circa 2700 imbarcazioni alleate attraversarono la Manica, le quali all’alba iniziarono con intensi bombardamenti navali che stordirono i difensori, per poi iniziare ad inviare sciami di bombardieri. Fu così il turno dei mezzi navali da sbarco, tra i quali gli Sherman DD, i quali partirono nonostante le condizioni del mare fossero proibitive. Le difese tedesche non risposero al fuoco, restando mute e invisibili. Il loro fuoco cominciò quando i mezzi da sbarco si trovavano a circa quattrocento metri dalle spiaggie.

 

Dei trentadue carri lanciati a largo della spiaggia di Omaha, solo cinque, di cui tre sbarcati dal trasporto sulla spiaggia a causa del danneggiamento degli involucri, raggiunsero la spiaggia, gli altri ventisette affondarono portando, quasi sempre, con se gli equipaggi. Dei carri che raggiunsero la spiaggia tre furono subito distrutti dalle difese. Gli Sherman DD, che per essere efficaci necessitavano di un mare pressoché immobile, trovarono così scarsi successi nelle prime fasi dello sbarco causa le cattive condizioni del mare. Nonostante le perdite ingenti, gli Alleati riuscirono ovunque a conseguire i loro obiettivi, con un ritardo solamente ad Omaha dove il mare era più mosso che altrove. L’11 giugno erano sbarcati 326.000 uomini, 54.000 veicoli e104.000 tonnellate di rifornimenti, e tutto il fronte dell’attacco era stato conquistato dalle truppe alleate, che già il 15 giugno erano penetrate per 10 miglia di profondità in terra francese. Il fallimento della difesa tedesca era stato netto: la marina venne schiacciata dalla netta superiorità numerica alleata; i sommergibili non inflissero i danni sperati; l’aviazione non riuscì a difendersi causa anche in questo caso la netta superiorità numerica alleata, con la conseguenza di non poter coprire le truppe di terra che cercavano di raggiungere il fronte di guerra che cadevano costantemente sotto il fuoco alleato.

 

Hitler non si perse d’animo, convinto che si trattasse solo di un attacco diversivo, e non consentì di inviare in Normandia le 34 divisioni di Rommel, convinto che se le avesse spostate avrebbe fatto il gioco degli Alleati scoprendo la zona di Calais che era minacciata dal Fusag (ancora in agosto Hitler era convinto della sua esistenza). A metà giugno c’erano in Normandia circa 500.000 soldati alleati, e il loro afflusso continuò regolarmente, eccetto che tra il 20 e 22 giugno quando la Manica fu colpita da una delle più violente burrasche del secolo, che causò ingenti perdite di uomini e mezzi. Il 17 giugno Rommel e von Rundsted si incontrarono con Hitler a Margival: von Rundstedt chiedeva di creare una linea difensiva arretrata, tra la Loira e l’Orne, per permettere di assemblare forze sufficienti per una controffensiva, ma Hitler rifiutò chiedendo di mantenere la posizione ad ogni costo. Anche due settimane dopo, in un incontro a Berchtesgaden, Hitler rifiutò ogni arretramento, convinto che avrebbe causato pericolosi disfattismi tra le sue fila. Sostituì allora von Rundstedt col feldmaresciallo von Kluge, che però presa conoscenza della reale situazione perse la fiducia inizialmente posseduta. Probabilmente con più realismo e meno enfasi retorica sulla superiorità militare tedesca, Hitler avrebbe quantomeno potuto dare molto più filo da torcere ai suoi nemici di quanto realmente fece.

 



 

 

 

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