N. 11 - Aprile 2006
FUGGIVANO DI POESIA SULL’ISOLA DELLE ROSE
Ludwig
II di Baviera e Sissi d’Austria: Romanticismo e male
di esistere
di
Alessia Ghisi Migliari
.
Alla fine, non è stato poetico.
Eppure non si può rimanere tiepidi, verso queste due
esistenze fortunatissime e disgraziate, nate nobili e
grandiose e terminate male.
Elisabetta d’Austria e Ludwig II di Baviera erano
cugini.
L’esistenza della prima è nota a chiunque: per quanto
raffigurata in maniera idealistica da una serie di
film di decenni fa, tutti a grandi linee sappiamo
ridisegnare i giorni di questa duchessa in
Baviera (e l’ ‘in’ implicava la provenienza da un ramo
cadetto, meno importante) che divenne imperatrice
d’Austria, preferita alla sorella maggiore da
Francesco Giuseppe, e perennemente indisposta verso la
vita di corte.
A
leggere le sue biografie, ci appare di una bellezza
tutta moderna (magrissima, forse anoressica), inquieta
all’inverosimile, senza dubbio afflitta da depressione
ed ansia, che tentava di sfuggire girando senza sosta
per l’Europa e il Mediterraneo, e lasciando spesso
solo l’asburgico consorte, tutto dedito al lavoro e
senza dubbio paziente verso la moglie.
Ebbe quattro figli, ed un solo erede (Rodolfo) che si
suicidò a Mayerling con l’amante, continuando la
tragedia di una famiglia che non sapeva la serenità.
La
stessa Sissi fu poi uccisa neanche
sessantunenne da un anarchico, ovviamente non a casa,
luogo per lei insostenibile, per l’etichetta, per le
regole e i doveri, per un’insofferenza cronica che
tentava di placare in viaggi, cavalcate e ginnastica.
Non fu l’eroina morbida e tenera che ci ha regalato il
cinema, ma fu senza dubbio al di fuori dai canoni e –
come tale – divenne mito.
E
Ludwig?
Ludwig si perde, accanto alla celeberrima parente.
Era nato nel 1845, otto anni dopo Elisabetta.
E
veniva da un altro tempo, incapace di adattarsi al
proprio.
Diventava uomo di fantasia e boschi. Fu il mecenate di
Wagner, di cui fu anche innamorato, almeno a livello
platonico, poiché non fu in grado di affrontare la
propria omosessualità, che creava in lui un dilaniante
senso di colpa. Si perdeva nei miti germanici, in
Parsifal, nelle gesta del Re Sole, sempre in un’altra
epoca, disdegnando le folle, i doveri di una regalità
che – comunque – non tollerava essere messa in dubbio.
Di
aspetto magnifico – altissimo, magro, con sguardo
sognante – salì al trono nemmeno ventenne, e poi
sprofondò. Non aveva senso pratico e, soprattutto,
iniziò a manifestare i segni dei uno squilibrio che
oggi definiremmo come schizofrenia.
Crescendo divenne sempre più indifferente alle
questioni del proprio Paese, preoccupato solo di avere
le rappresentazioni teatrali del suo adorato e la
possibilità di rifugiarsi in una natura che lo teneva
separato da un mondo che non riusciva a comprendere e
a cui non riusciva partecipare. Divenne grasso,
nascosto anche ai suoi servitori, ogni tanto trovando
dei ‘favoriti’ che poi abbandonava in maniera
repentina, gettandosi a capofitto nella sua attività
prediletta : costruire castelli.
Se
andata in baviera, vedrete le magnifiche, irreali
costruzioni di questa figura tormentata, ma abbastanza
ricca da trasformare in capolavori naif le sue
fantasie antiche. Il celebre Neuschwanstein,
inerpicato nel verde, favola persino copiato da Disney
; il barocco Linderhof ; Herrenchiemsee,
piccola copia di Versailles su lago. Sono solo alcuni
delle imponenti opere di questo re che si alzava di
notte, non visto, per prender parte all’immaginazione
deliziosa e dolorosa che popolava la sua testa. Venne
deposto, dopo aver sperperato enormi cifre per
inseguire i suoi progetti edilizi. Al suo posto, lo
zio Luitpoldo.
E
poi morì (assieme al medico che tentava di curare la
sua psiche), appena quarantunenne, in un ‘incidente’
sul lago Starnberg, episodio mai chiarito – perché
chiarezza in lui nemmeno c’era.
E
dunque il lago Starnberg. Sud di Monaco.
Su
quelle acque, una piccola isola : la Roseninsel
(l’isola delle rose).
E
lì un “villino pompeiano”, il punto di incontro di
questi due cugini.
Apparentemente diversi, eppure accomunati da
un’incapacità inguaribile di rimanere tra noi – in una
realtà non facile, ma vera.
Ludwig e Sissi si davano appuntamento in questa magia
(senza alcun interesse sentimentale né simili). Pur
avendo vissuto un attimo di attrito, causato da Ludwig,
che ruppe il fidanzamento con la sorella minore di
Elisabetta, i due cuori affini potevano lasciarsi
andare alla loro melanconia. E – soprattutto – in quel
loro Eden, si lasciavano, quando non riuscivano a
trovarsi, lettere e poesie. Una dietro l’altra, in
attesa, di volta in volta, di trovare una risposta
dell’imperatrice o del re, un modo per rimanete in
contatto, essere stesso posto in tempi diversi.
La
più celebre di queste composizioni è opera di Sissi,
“Saluto dal mare del nord”, versi impregnati di parole
esageratamente dolci, ma nelle quali si trova il
paragone che vuole Ludwig aquila ed Elisabetta
gabbiano. Insomma, nulla che possa esistere in terra –
solo creature che vanno alto e lontano.
E
suona difficile da comprendere, che perone così
privilegiate, con mille e più possibilità, non siano
state in grado di costruirsi almeno un po’ di quiete.
Nella loro tragedia, figlia del Romanticismo, hanno
lasciato la fascinazione di altri secoli e castelli in
cui si può sentire un incanto che di solito non
possiamo avere.
Per quanto riguarda loro, invece, sono stati sempre
smarriti e – per questo – in cerca.
Eccessivamente pesante la corona - eccessivamente
altrove l’anima.
Riferimenti bibliografici:
Burnat E., “La storia di Sissi”, Sonzogno, Milano 1998
Hamann B., “Sissi”, Longanesi, Milano 1983
Herre F., “Ludwig II”, RCS LIBRI, Milano 2000
Vesco E., “Sissi”, Sperling e Kupfer, Milano 2004
www.tuttobaviera.it/ludwig-sissi.html
www.tuttobaviera.it/starnberg2.html
www.tuttobaviera.it/ludwig.html
www.viaggio-in-germania.de/castelli.html |