N. 14 - Luglio 2006
HASTINGS
1066 A.D.
Verso lo scontro -
Parte VI
di
Antonio Montesanti
La "Terra Anglia" era pronta ad essere conquistata,
ormai dopo quasi sei lunghi secoli di dominio sassone,
stabile ma tuttavia in fase di declino, negli ultimi
due secoli diverse etnie avevano provato ad occuparla.
Nei cieli notturni di fine inverno e d’inizio
primavera, illuminati dalla sfolgorante chioma della
cometa di Halley, che velocemente si portava in
direzione del Sole,
Guglielmo non fece attendere la sua risposta; entro la
fine di gennaio aveva già convocato in assemblea i
suoi maggiorenti per tastare il loro appoggio ad
un’autentica impresa. Allora venne proposto il piano
che prevedeva un corpo di spedizione trasportato da un
numero adeguato di navi oltre il canale della Manica.
Ma prima era necessario che gli emissari del duca
sparpagliati per tutta la Francia tastassero i
potenziali alleati per un’approvazione e per vagliare
i quantitativi necessari a i preparativi.
L’occasione era sul piatto: in primavera numerosi
signori, cavalieri, soldati di ventura, si unirono
sotto la sola bandiera di Normandia: erano presenti
truppe provenienti dalle contee bretoni, fiamminghe,
francesi, del Maine, dell'Aquitania, del Poitou che si
offrirono di servire i Normanni che insieme ai Franchi
avrebbero costituito la porzione maggiore della forza
d'invasione.
Uomini quali i fratelli Guarniero le Riche e Simone di
Senlis si misero al servizio del duca; erano pronti ad
occupare una parte di quella terra era una buona
occasione per ottenere fondi coltivabili, posizioni
economicamente elevate, guadagni e vantaggi che
avrebbero ottenuto in caso di successo, molti signori
del Continente portavano compagnie di cavalieri o
improvvisati.
Guglielmo di Poitiers sottolinea chiaramente che
l'esercito poteva essere più o meno diviso in baroni,
cavalieri importanti e cavalieri comuni. Il termine
per questi ultimi è di gregari, termine che si
incontra spesso nel resto d'Europa per distinguere i
cavalieri comuni dai loro superiori.
Il contingente maggiore, escluso quello Normanno, era
quello dei bretoni, che avrebbe formato l’ala sinistra
nello schieramento di battaglia. Risulta comunque
piuttosto strano come nonostante gl’innumerevoli
conflitti tra i due ducati francesi, ci fu, in quel
periodo e poi proprio in quell’occasione, un così
amplio appoggio da parte della regione bretone a
quella normanna: è necessario ricordare che lungo il
confine tra i due regni, nell'area di Bayeux, tra l'XI
e XII sec. i funzionari di confine spesso cambiavano
ducato andando di fatto ad integrarsi.
Guglielmo riuscì, diplomaticamente, a riappacificare
l’area dell’Atlantico settentrionale francese, i cui
contingenti avrebbero formato l’ala destra a Hastings.
La fanteria, nelle cui file si contavano molti
arcieri, alcuni balestrieri (secondo Guglielmo di
Poitiers) e genieri, proveniva da aree sconosciute.
39.HIC NAVIS ANGLICA VENIT IN TERRAM WILLELMI DUCIS
(Qui una nave inglese approda sul territorio del duca
Gugliemo)
Aroldo intanto inviava delle navi-spia in territorio
normanno per saggiare l’ambiente, poiché sapeva bene
di essere in torto.
Lo spergiuro, o la questione della slealtà fu
effettivamente decisiva per la causa normanna, la
chiave dell’intero conflitto, quello che fece
discernere i vari stati d’Europa, ed in particolare il
papato, un probo difensore dei propri diritti
“divini”.
Fu in uno dei vari consigli tenuti che il fratellastro
di Guglielmo, il vescovo Oddone di Conteville, dovette
illustrare il piano per avere l’appoggio di molti
stati stranieri: Aroldo era uno spergiuro e bisognava
mettere in evidenza che era necessario scendere in
combattimento poiché era giusto, date le circostanze,
che fosse punito; anche se nessuno si aspettava che
finisse in una guerra aperta. Dai racconti di Wace,
Guido di Amiens e di Guglielmo di Malmesbury, il duca
Guglielmo "con atteggiamento pacato dichiarò a voce
alta che Dio sarebbe stato dalla sua parte, quella
giusta..”
Lo stesso Conquisatore era
deciso a far valere i suoi diritti, per questo nella
sua opera diplomatica aveva cercato ed ottenuto il
riconoscimento dell'imperatore di Francia Enrico IV
e dal papa Alessandro II. Ambedue ebbero
reazioni positive: il papa inviò da Roma delle insegne
o uno stendardo consacrato in dono a “significare
l’approvazione di San Pietro” (Guglielmo di Poitiers).
Anche se è difficile stabilire cosa implicasse
esattamente quest'approvazione sappiamo che il Duca,
in caso di successo, avrebbe ridato all'abbazia di
Fécamp al manor di Steyning, nel
Sussex, dono di Edoardo, di cui Aroldo si era
impossessato. Forse il benestare del papa per la sua
impresa, gli era stato procurato tramite Roberto il
Guiscardo, il signore normanno dell’Italia.
Questa crociata ante litteram, come al pari di
quelle in Terra Santa, sarà l’esemplificazione del
fatto di quanto fosse spesso difficile la distinzione
tra un reale scopo religioso ed un obiettivo
esclusivamente materiale. Attraverso l’esempio,
ambiguo della Chiesa, le menti degli uomini di allora
passavano facilmente e con entusiasmo da una
motivazione terrena ad una spirituale o morale nel
quale si riconoscevano le virtù del cavaliere,
giustificate da razionalizzazioni e dalla confusione
tra potere temporale, beni terreni e ricompense
divine.
Guglielmo era deciso ad affrontare tutte le avversità;
intendeva rischiare tutto in un unico compatto attacco
a fondo.
Il primo passo che doveva essere compiuto per tentare
un attacco al nemico dall’altra parte della manica era
quello di radunare una flotta adeguata,
quella permanente, lasciatagli dal padre Roberto, era
stata dismessa.
Per questo l’intera Normandia si profuse in sforzi
notevoli, oltre ad imporre una tassa navale a gruppi
di nobili, Guglielmo
ordinò subito la fabbricazione di centinaia di
battelli che entro sei mesi avrebbero dovuto essere
pronti. Tutti i cantieri di Normandia furono sfruttati
e tanti altri furono aperti e, a questo scopo, reclutò
all’estero, in particolare in Fiandra e Bretagna, la
manodopera necessaria.
Il problema più grande era in definitiva,
rappresentato dalla necessità di dover fabbricare un
quantitativo, tra le 400 e le 700 navi, in grado di
poter trasportare un gran numero di cavalli, uomini,
armi e rifornimenti in breve tempo.
40.HIC WILLELM DUX IUSSIT NAVES EDIFICARE
(Qui il duca Guglielmo ordina di costruire le navi)
Immediatamente vennero impartiti gli ordini: l'Arazzo
di Bayeux mostra persone intente ad abbattere alberi
lungo tutta la foresta normanna, che cadono sotto i
colpi dei boscaioli, i falegnami piallano le assi, i
carpentieri incavigliano i fasciami delle navi
41.HIC TRAHUNT NAVES AD MARE(M)
(Qui le navi sono tirate verso il mare)
Le imbarcazioni, messe in mare mediante un complesso
sistema di pulegge e di gomene si allineano sulle rive
per poi essere trascinate in mare.
42.ISTI PORTANT ARMAS AD NAVES, ET HIC TRAHUNT CARRUM
CUM VINO ET ARMIS
(Questi portano le armi a bordo delle navi e qui
tirano un carro colmo di vino e armi)
Guglielmo era uno stratega, non trascurava nessun
particolare. Si caricavano a bordo con i carri armi e
vettovaglie: cotte di maglia, armature tanto pesanti
da dover essere portate da due persone, le spade, gli
elmi; altri le vettovaglie e soprattutto le vivande
tra cui è messa in risalto una grande botte di vino.
Sembra che la stessa moglie, la duchessa Matilde abbia
offerto alla causa la sua nave, che sarebbe divenuta
l’ ammiraglia dell’intera flotta, la Mora,
la quale in cima all’albero maestro sfoggiava lo
stemma crociato papale, che nell’Arazzo risalta in
tutta la sua magnificenza.
Wace, a cui un secolo dopo fu commissionata un'epica
sui duchi normanni, apprese dal padre che Guglielmo
aveva radunato 696 navi oltre a molte piccole
imbarcazioni. Altri scrittori, che volevano stupire
con il numero, parlano di una flotta fino a tremila
navi. Possiamo essere solo sicuri che, per l'epoca, si
doveva trattare di una flotta di grandi dimensioni.
Normalmente le truppe nordiche, non utilizzavano la
cavalleria negli scontri, piuttosto facevano
affidamento sui cavalli che riuscivano a radunare dopo
uno sbarco di sorpresa.
Tuttavia i Normanni continentali (francesi o Italiani)
avevano iniziato a far buon uso di ingenti turme di
cavalleria e il problema lo avevano facilmente appreso
dalla marina bizantina, che già era a conoscenza e
aveva risolto il problema, quando nel i Normanni di
Roberto il Guiscardo avevano attaccato la Sicilia
(1060-1).
I legami che connettevano gli stati Normanni portarono
Guglielmo a conoscenza di quei metodi, non è
improbabile che si sia avvalso, per l’occasione di
consiglieri dall'Italia Meridionale.
Le navi costruite erano navi a vela che potevano
contare soltanto sul vento favorevole, infatti la
velatura si limitava a un'unica vela latina, manovrata
da una scotta e in alcuni casi, come si evince
dall’Arazzo, addirittura tenuta nel lembo inferiore, a
mano.
Si dovette lavorare a ritmi ferratissimi, tant’è che
l’insieme dei nobili si riunì con Guglielmo per
l’ultima volta prima della partenza a metà giugno, a
Caen, mentre
l’esercito composto anche da numerosi civili,
gentiluomini, scudieri, vivandieri che portavano
vettovaglie, armi, truppe, cavalli, iniziò a riunirsi
alla foce del Dives,
tra Caen e Le Havre, già almeno dalla
metà di luglio e già il 12 agosto era pronta a salpare.
Forse il “Bastardo” contava di salpare già verso la
metà di luglio, quando le condizioni del tempo erano
favorevoli. La rapidità con cui le navi furono
radunate e la destrezza nel tenere ben coordinate per
diverse settimane simili quantità di uomini e di navi,
sono prova dell'eccellente reputazione che Guglielmo
godeva, della sua capacità organizzativa e dei mezzi
del ducato da lungo tempo preparati per questo
momento. I suoi nobili erano sconcertati dalla vastità
del progetto, ma egli mantenne decisamente un
atteggiamento di sicurezza.
Dopotutto, il grosso dell’esercito,
un effettivo di circa diecimila uomini tra cavalieri e
fanti e di 2500 cavalli, che si radunò
sulle coste della baia della Senna, era normanno e i
vassalli e parenti, seguaci del duca, erano vincolati
dall'obbligo di sostenerlo in battaglia.
Ma quell'anno accaddero eventi sconcertanti per la
stagione: l'inclemenza del tempo non consentiva la
traversata: ai cieli plumbei, piogge e nuvole basse
sul mare in parallelo si manifestavano burrasche
violente, venti impetuosi, improvvise bonacce seguite
da raffiche di tempesta. Non si riusciva a intravedere
la costa inglese all'orizzonte. Sembrava dopo alcune
settimane che fosse necessario rinunciare.
Ciò nonostante il Duca tenne unito il suo esercito
sulla foce della Dives, in un periodo in cui mancava
la possibilità di adeguate sistemazioni e di un vitto
certo e soprattutto dove spesso il soldato non veniva
pagato se non combatteva: un esercito o entrava
immediatamente in battaglia o si dissolveva. Guglielmo
di Poitiers in gioventù avviato alla camera militare -
sottolinea che il duca aveva predisposto con gran cura
gli alloggi, i viveri e gli approvvigionamenti per le
sue forze, in modo che gli abitanti del posto non
avessero motivo di lagnarsi della presenza dei militi.
Guglielmo fu costretto, dal perdurare delle
condizioni, a rimandare la partenza e a chiedere al
conte Guidone (quello che fece prigioniero due anni
prima Aroldo) di spostare la flotta nel suo territorio
da dove avrebbe potuto compiere l’attraversata più
agevolmente. Il 12 settembre la flotta viene quindi
trasferita presso l’estuario della Somme, a Saint
Valery, nel Ponthevin
250 km. a est, il che consentiva una
traversata della Manica molto più corta che da un
porto normanno come Dieppe.
Ciò nonostante le condizioni meteorologiche non
cambiavano, ormai sembrava che la spedizione non
dovesse più aver luogo, se ne sarebbe riparlato, caso
mai, la primavera successiva. Guglielmo aveva sperato
di salpare in luglio e i ritardi misero alla prova le
sue energie e la sua risolutezza. Ma l'attacco doveva
aver luogo nel 1066, altrimenti Araldo avrebbe
rafforzatola sua posizione, l'esercito raccolto con la
benedizione e sotto lo stendardo papale si sarebbe
sciolto, e i baroni normanni si sarebbero scoraggiati.
Poitiers dice che catturò una spia inglese e la
rimandò m patria impunita, con un messaggio per
Aroldo: "Digli che se non dovesse vedermi entro l'anno
nel posto dove ora si sforza di costruire di fese
contro la mia venuta, può rimanere tranquillo fino
alla fine dei suoi giorni, senza temere che io gli
arrechi alcun danno".
L’avversario, intanto, aveva abbassato la guardia,
sull’altra sponda, Aroldo non fu ugualmente accorto:
già ai primi di settembre la mancanza di vettovaglie
lo obbligò a congedare la flotta e l'esercito che
aveva radunato per difendere la costa meridionale.
Questo favorì il duca di Normandia e gli consentì di
sfruttare la sorpresa.
Lo spettacolare ascendente che Guglielmo aveva sulle
sue truppe fece si che non perdesse nessuno dei suoi
uomini durante le sei settimane dell'attesa.
Intanto,
mercoledì 27 settembre 1066, dopo una messa mattutina
e una processione solenne delle reliquie di santa
Valeria in giro per il campo,
all'improvviso il tempo cambiò,
pare che il forte vento che impediva l’attraversata
dei normanni si affievolisse permettendo finalmente
alla flotta di salpare alla volta d’Inghilterra,
cessarono le tempeste non solo i venti
contrari caddero, ma cominciò a spirare il favorevole
vento del Sud ed il duca impartisce l’ordine di alzare
le vele senza indugiare e l'armata normanna s'imbarcò.
La flotta, approfittò della brezza pomeridiana di un
giorno insolitamente caldo per quella stagione e prese
il largo nel Canale della Manica con l'alta marea (tra
le 15,00 e le 16,00). La flotta si riunì in alto mare,
al di fuori dell'estuario, al calar del sole.
Il tratto più breve da Saint Valery era verso la baia
di Pevensey e lì si decise di sbarcare.
43.+ HIC WILLELM DUX IN MAGNO NAVIGIO MARE
TRANSIVIT
(Qui Guglielmo attraversa il mare su una grande
nave)
44.ET VENIT AD PEVENESAE
(E approda a Pevensey)
Quella notte, la nave ammiraglia di Guglielmo, la
Mora,
verso mezzanotte si trovò separata dalla sua flotta.
Se Aroldo avesse avuto pattuglie di vedetta, per
Guglielmo forse sarebbe stata la fine, ma la
traversata risultò agevole.
Sfruttando il chiarore lunare e riuscendo a rimanere unite
nell'oscurità, grazie a lampade e segnali, le navi
giunsero al largo della costa del Sussex la mattina
del 28 settembre, dopo un viaggio di circa 125
chilometri. Il duca e il suo seguito, a quanto pare,
consumarono un'allegra colazione sul ponte della sua
grande nave mentre la flotta le si ricostituiva
attorno alla luce dell'alba. Quindi, il grosso della
flotta raggiungeva Beachy Head in Inghilterra, quindi
venne costeggiata l’isola verso est fino alle larghe e
basse rade di Pevensey Bay, il luogo dove
evidentemente intendeva approdare.
45.HIC EXEUNT CABALLI DE NAVIBUS
(Qui i cavalli escono dalle navi)
La lunga spiaggia, infatti, era assai adatta al rapido
sbarco delle truppe e alla costruzione di una robusta
fortificazione nella vicina struttura di un forte
romano, situato proprio sulla fascia costiera, non vi
furono eventuali nemici disposti a difesa da
respingere, perché non si incontrò nessuno.
Tutti si affaccendano a mollare gli
ormeggi, abbattere gli alberi, far scendere i cavalli
a riva.
46. ET HIC MILITES FESTINAVERUNT HESTINGA, UT CIBUM
RAPERENTUR
(Qui i soldati si affrettarono per raggiungere
Hastings, onde procurarsi vettovaglie)
Per questo, l'armata non si accampò come previsto e
alcuni degli uomini, se non tutti, avanzarono
velocemente per conquistare la città di Hastings,
scelta quasi obbligata, per prima cosa da qui era
possibile muoversi facilmente verso l'entroterra e poi
perché più ad est, lungo la costa, alcune navi
francesi si erano separate ed erano approdate nella St
Mary's Bay vicino Romney, dove le truppe locali
avevano attaccato e ucciso molti degli uomini.
Guglielmo di Poitiers riferisce che sbarcando nel
Sussex, nell'ottobre del 1066, il duca si mise
immediatamente in contatto con Robert Fitz Wimarc, un
normanno che si era stabilito nell'Essex sin dal 1052
e aveva occupato un ufficio a corte sotto Edoardo.
Fitz Wimarc gli fornì preziose informazioni e consigli
e lui e altri avrebbero potuto fare altrettanto, in
segreto, per mesi o addirittura anni.
Guglielmo non marciò direttamente su Londra, temendo
di essere sorpreso alle spalle dalla flotta di Aroldo
con il pericolo di vedersi tagliati i collegamenti col
continente.
L’entroterra non era dei più adatti per un’eventuale
battaglia, e Guglielmo portò l’esercito un po’ più a
est, dove si accamparono a circa 10 km dall’attuale
Hastings.
Li fece subito erigere delle fortificazioni iniziando
il saccheggio sistematico del territorio circostante.
I cavalieri normanni galoppano
attraverso la campagna abbandonata dagli abitanti ed i
foraggieri fecero razzia di maiali, buoi, e pecore.
47.HIC EST WADARD
(Questi è Wadard)
Questo cavaliere, tra i pochi ad essere designati con
il loro nome, già rivestito della cotta di maglia e
armato, tenutario delle terre del vescovo Oddone,
assolve alle funzioni di intendente ed organizza i
rifornimenti.
48.HIC COQUITUR CARO
(Qui si preparano le carni)
49.ET HIC MINISTRAVERUNT MINISTRI
(e i servitori attesero alle loro mansioni)
50.HIC FECERUNT PRANDIUM
(Qui preparano il pranzo)
51.ET HIC EPISCOPUS CIBU(M) ET POTU(M) BENEDICIT
(e il vescovo benedice i cibi e le bevande)
52.ODO
EP(ISCOPU)S, WILLELM, ROTBERT
Passarono almeno due settimane,
in attesa di notizie su Aroldo
che si trovava ancora a York, quando questi seppe
dell’arrivo di Guglielmo.
In questo periodo i cuochi da campo sono indaffarati a
cuocere le carni mantenendo così le truppe pronte allo
scontro. Dietro un tavolo, un servitore soffiando in
un corno, raduna i convitati per il lauto pasto.
Tutti si siedono attorno al tavolo d’onore, disposto a
forma di ferro di cavallo. Al centro il vescovo
Oddone, sempre riconoscibile per via della tonsura,
benedice i cibi e le bevande. A destra del vescovo,
Guglielmo è seminascosto da un personaggio con la
barba: si tratta molto probabilmente di Ruggero di
Beaumont, soprannominato “Ruggero con la barba”, il
cui valore, durante la battaglia di Hastings, gli
valse di essere citato da tutti gli storici del suo
tempo, mentre il vescovo si appresta a banchettare con
un pesce: con una cura tutta particolare, l’opera
sottolinea che il prelato si asterrà dal cibarsi di
carne in questo venerdì 29 settembre, giorno
d’astinenza.
Subito dopo il pasto, il duca tiene di nuovo
consiglio. Presiede al centro con la spada innalzata
ed interroga Oddone, che gli siede accanto. Roberto di
Mortain, con la spada già sguainata, si tiene pronto
ad eseguire gli ordini.
53.ISTE IUSSIT UT FODERETUR CASTELLUM AT[D] HESTENG[A]
CEASTRA
(Questi ordina di edificare una fortificazione innanzi
al campo di Hastings).
Durante il consiglio, una tra le prime decisioni prese
è quella di edificare una specie di ridotta
fortificata che avrebbe costituito riparo in caso
d’attacco a sorpresa del nemico. Mentre uno dei capi
dirige i lavori, un gruppo di uomini di fatica
attendono allo scavo dei fossati attorno ad uno di
questi castelli di legno, inventati da Guglielmo
medesimo, ed i cui elementi avevano fatto parte del
carico delle navi.
La Manica venne attraversata senza difficoltà e senza
rischi. Guglielmo e i suoi Seimila armati sbarcarono
sulle coste inglesi una decina di giorni prima dello
scontro, riuscendo in un'impresa dove falliranno gli
spagnoli dell'Invencible Armada,
Napoleone e Hitler.
Aroldo e
Harald Hardraada
Aroldo a capo dell’esercito sassone, dovette
scontrarsi con un terzo ipotetico pretendente al
trono: il re di Norvegia Harald Hardraada “lo
spietato”, già guardia variega presso Costantinopoli,
rivendicava la corona in virtù dell’accordo di mutua
successione avvenuto tempo addietro tra il suo
predecessore Magnus e il re di Danimarca Harthacnut (Ardicanuto),
figlio del defunto re d’Inghilterra Canuto che aveva
regnava in contemporanea anche in Norvegia e la
Danimarca.
Il fatto che l’elezione di Eduardo fianco di ferro
pose fine a suo tempo l’unità dinastica tra
Inghilterra e Danimarca non impedì ai suoi successori
di pretendere la legittimazione della lro ipotetica
successione. Aroldo si trovò così stretto tra due
fronti. A sud incombeva Guglielmo, mentre da nord
Harald.
Anch’egli al pari di Guglielmo si preparava da tempo,
partito dalle isole Orcadi, dove aveva stabilito una
base per le operazioni, avrebbe percorso l’intera
costa orientale inglese fino a penetrare nella foce
del Tyne da dove si sarebbe diretto a York dove
avrebbe incontrato le forze sassoni, alleate di
Aroldo, degli earls Edwin di Mercia e Morcar di
Northumbria.
Harald, dopo aver saccheggiato la costa orientale
dello Yorkshire da Withby a Scarborough, risalendo la
foce dell’Humber e poi l’Ouse fino a Ricall, in quello
stesso giorno si scontrò, nella località di Gate
Fulford, con le forze congiunte di Edwin e Morcar,
annientandole e uccidendo gli stessi earls.
York si arrese all’invasore.
Aroldo, consapevole che la minaccia più grave venisse
dalla Normandia, appena ricevuta la notizia della
sconfitta dei suoi earls, riunì l’esercito e il
20 settembre iniziò una marcia forzata di circa 300 km
verso nord per scontrarsi con Harald. Il 25 settembre
Aroldo giungeva con l’esercito nello Yorkshire e
sorprendeva l’esercito norvegese presso Stamford
Bridge che veniva massacrato, mentre lo stesso Harald
cadeva sul campo.
La sostanziale contemporaneità dell’attacco sferrato
da Guglielmo di Normandia a sud con quello dei
Norvegesi a nord probabilmente non fu del tutto
casuale ma dovuta a un preciso piano.
Gli inglesi ebbero la meglio sui nordici a Stamford
Bridge, ma la furiosa battaglia costò gravi perdite ad
Aroldo, a cui giungeva notizia che il 27 settembre i
normanni erano partiti da St. Valery alla volta di
Pevensey.
In soli due giorni i sassoni si erano trovati in mezzo
a due invasioni dalle due parti opposte dell'isola a
cui potevano opporre un solo e non molto numeroso
esercito.
All’annuncio dello sbarco dei Normanni a Pevensey gli
Anglosassoni, dopo la dura battaglia coi norvegesi di
Harald, si diressero a marce forzate verso sud.
Nonostante le perdite,
Arolodo
era ancora forte di 7.000 unità, aveva a disposizione
una grossa flotta navale e tutto il tempo per
organizzare la controffensiva dato che Guglielmo non
aveva dimostrato alcuna intenzione di penetrare in
territorio sassone.
Aroldo si portava a sud precipitosamente, il 6 ottobre
Aroldo si trovava a Londra e vi rimase e vi rimase
fino all'11 ottobre, a radunare le sue forze e
recuperare quanti più uomini fosse possibile, prima di
marciare attraverso il Weaid e avvicinarsi alla base
normanna. Nonostante questa mossa e nonostante i
rinforzi portatigli dai fratelli Gyrth e Leofwine
le sue truppe non superarono le 8.000 unità. Quindi
ripartì velocemente per il basso Sussex, con metà
delle sue forze, già decimate dalla precedente
battaglia, con le quali, nella notte tra il 13 e il 14
ottobre,
raggiunse Caldbec Hill e si accampò
nei pressi dell'attuale località di Battle
a circa 10 km da Hastings, su
un'altura tra le dune davanti alla foresta di Anderid.
La seconda metà dell’esercito era ancora lontano e si
trovava ad affrontare il nemico in una condizione di
netta inferiorità.
Guglielmo lo aspettava lì da almeno due settimane.
Le truppe che in tutta fretta Aroldo era riuscito a
mobilitare non arrivarono riposate allo scontro con i
normanni ad Hastings. Forse per un eccesso di fiducia,
Aroldo invece di aspettare gli altri suoi uomini o di
ritirarsi attirando i normanni più addentro in un
paese ostile, preferì scontrarsi subito.
Forse il piano del nobile sassone era quello di
marciare tanto rapidamente per sorprendere il nemico
alla sprovvista con un attacco notturno, infatti le 60
miglia coperte in due giorni di marcia denotano una
certa fretta, ma a quanto pare Arolodo fu costretto ad
accontentarsi di occupare la collina, vista la
stanchezza dei suoi uomini, e vista anche la posizione
forte e facilmente difendibile.
Egli avendo almeno due settimane a disposizione
avrebbe potuto temporeggiare per radunare nuove forze
in attesa del grande attacco.
A quanto pare Aroldo era amante di campagne rapide e
inoltre era infuriato per i saccheggi dei normanni
attorno al loro campo. Sta di fatto che, con una
fretta insensata e irresponsabile, Aroldo forzò la
marcia per incontrare il nemico prima possibile.
Sperava di attaccarli di notte oppure di coglierli di
sorpresa, tagliando fuori la loro testa di ponte e
mandando la sua grande flotta per accerchiarli dal
mare.
54.HIC NUNTIATUM EST WILLELM[O] DE HAROLD
(Qui vengono recati a Guglielmo notizie di Aroldo)
Grazie a informatori o semplicemente tramite un
efficiente opera di ricognizione, i suoi movimenti
vennero individuati e Guglielmo fu in grado di
spostare le sue forze a nord di Hastings per
affrontare l'esercito inglese in avvicinamento.
55.HIC DOMUS INCENDITUR
(Qui una casa viene incendiata)
Guglielmo non ha per nulla l’intenzione di lasciarsi
sorprendere dal nemico ed ordina di appiccare il fuoco
ad uno di quegli alti manieri sassoni che ostacolano
la visibilità. Una donna che tiene un bimbo per mano
fugge dalle fiamme. Essi simboleggiano la vedova e
l’orfanello simbolo senza tempo delle vittime della
guerra. È la terza ed ultima donna ad essere
rappresentata nelle scene centrali dell’arazzo.
In una ricca dimora posta nelle vicinanze del campo,
un messaggero annuncia a Guglielmo che Aroldo è stato
vittorioso a Stamford Bridge sui Norvegesi e sul
fratello Tostig, e che a deciso il ripiegamento a
marce forzate verso Hastings per respingere in mare i
Normanni.
“Trovarono il tempo di scambiarsi messaggeri, minacce
e giustificazioni delle proprie azioni. Si sprecarono
le invettive mordaci e beffarde e i racconti
posteriori indugiano sulla pretesa di Aroldo di essere
il re legittimo per nomina sul letto di morte di
Edoardo e per elezione, mentre Guglielmo parlava della
sua stretta parentela col defunto re, la sua anteriore
nomina a erede e lo spregevole spergiuro di Aroldo.
Secondo Guglielmo di Poitiers, che dichiara di aver
svolto attente ricerche sulle esatte parole
pronunciate dall'inviato ducale, Guglielmo propose ad
Aroldo di risolvere la disputa in un duello, da uomo a
uomo. Rifiutare e cercare invece un arbitrato
significava non essere sicuri dei propri diritti e
riluttanti a confidare in Dio. Faceva tutto parte
degli abili giochi della politica francese del nord.
Queste sottigliezze non interessavano Aroldo, come non
lo avevano fatto le manovre della campagna a cui aveva
assistito in Normandia nel 1064. Pare che avesse
lasciato la Normandia con l'idea che i guerrieri
francesi fossero solo degli inconcludenti e si
convinse quindi che un fronte determinato li avrebbe
rispediti oltremare in preda allo scompiglio”.
Nel Sussex, nel 1066, con il mare alle spalle e gli
altri principi pronti a castigarlo se fosse rientrato
sconfitto, Guglielmo era pronto a combattere. |