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N. 12 - Maggio 2006

HASTINGS 1066 A.D.

L’Arazzo di Bayeux - Parte IV

di Antonio Montesanti

 

Premessa

 

Hastings non è solo una battaglia, non è solo un punto di svolta della storia europea, non è esclusivamente un intreccio di eventi. Se volessimo utilizzare un termine moderno, ed anche unico, nella storia precedente a quella contemporanea, potremmo affermare che “Hastings è anche uno splendido film”.

 

L’ordito di una trama così affascinante e di una storia così intrigante è stato impresso su una pellicola che, come pochissimi altri documenti, si è conservata nella sua fragilità di fronte al tempo per mille anni.

 

Hastings era un’impresa, che contribuì in maniera determinante alla nascita della nazione Inglese, e questa venne riconosciuta come tale, al termine della battaglia stessa, il 14 ottobre 1066. Questo venne compreso sia dal suo fautore, sia dalla sua cerchia ed anche dal resto del mondo conosciuto.

 

Insieme alle varie fonti che ne glorificarono l’impresa, alle varie canzoni che la cantarono, per la prima ed unica volta nella storia, dobbiamo annoverare tra i racconti che narrano della battaglia anche il resoconto visivo. La storia della battaglia, e non il semplice evento, venne ricamata in ogni particolare, per quanto fu possibile, su un tessuto (Fig. 1).

 

Fig. 1 - L'Arazzo di Bayeux (Tapisserie de Bayeux)


Ideologia, periodo, luogo di creazione

 

Quello che viene chiamato Arazzo di Bayeux (Tapisserie de Bayeux, città della Francia settentrionale, nella bassa Normandia) non sappiamo da chi fu voluto, ma sappiamo che si richiese un documento che fosse comprensibile al popolo perché anche coloro che non erano in grado di leggere potessero sapere quello che era accaduto e perché.

 

La storia dell’Arazzo inizia in realtà poco prima che vi fosse una qualche traccia, seppur lontana, di un interessamento di Guglielmo al trono Inglese. Come abbiamo visto infatti è del 1051, al più presto, la data in cui sembra che Eduardo (Edward the Confessor), re d’Inghilterra abbia promesso il trono al Conquistatore.

 

Nel 1048/49 una piccola cattedrale di una cittadina in ascesa sulla costa francese della manica, Bayeux appunto, brucia quasi totalmente. L’incendio di così vaste dimensioni la distrugge completamente ed obbliga il vescovo di allora, Ugo (Hugues) II, alla ricostruzione della stessa. La morte dello stesso vescovo, però sopraggiungerà pochi mesi dopo, alla fine del 1049.

 

Bayeux, città fiorente e vicina alla nuova “capitale” del ducato normanno, Caen, era stata già individuata da Guglielmo come città gemella che avrebbe potuto affiancare, al potere temporale quello spirituale, pur non concentrando i due poteri, tra loro autonomi, in una sola città.

 

Guglielmo spinse, al momento della scomparsa di Ugo II, affinché il conclave ecclesiastico eleggesse il fratellastro Oddone di Conteville, ancora adolescente, come vescovo della città. Negli anni, il giovanissimo vescovo di Bayeux appoggerà Guglielmo incondizionatamente nelle sue decisioni ed imprese.

 

Oddone, originario di Bayeux, divenne vescovo della cittadina normanna ed in seguito conte del Kent dopo la conquista del fratellastro dal quale, entrato in contrasto, venne incarcerato nel 1082. Mandato in esilio presso il ramo di Altavilla (Auteville) a Palermo e morì in viaggio verso Gerusalemme per la prima crociata con i Normanni.

 

Oddone (Odo) rappresenterà sempre la guida spirituale di Guglielmo, suo consigliere e suo ‘animatore’: sarà la persona che interverrà direttamente nelle questioni d’Inghilterra instradando il fratellastro sulla procedura d’attuare, le modalità, le formalità per giungere sull’Isola in maniera totalmente giustificata, fino ad arrivare a combattere a fianco del Conquistatore durante la battaglia e ad animare i soldati nei momenti più difficili (Fig. 2).

 

 

Fig. 2 - Odone (ODO:EPS:) e Guglielmo (WIL-LELM:) nell'Arazzo

 

All’indomani della battaglia, Guglielmo, per i servigi resi dal vescovo/guerriero, donerà a Oddone la contea del Kent insieme a benefici di vario genere e somme di danaro ingentissime. Lo scambio di favori tra i due detentori del potere, spirituale e temporale appunto, sarà continuo e Oddone programmerà la ricostruzione della splendida e sontuosa nuova basilica di Bayeux.

 

Così come la conquista dell’Inghilterra avvenne attraverso un programma organizzativo ed organizzato nei minimi particolari ed estremamente preciso, allo stesso modo la manifattura dell’Arazzo aveva un suo scopo ed un suo programma altrettanto preciso.

 

La forma di iconoclastismo che pervadeva l’Europa Occidentale dal periodo di Costantino il Grande, in cui si consideravano tutte le forme di rappresentazione iconografica di soggetti sacri come strumenti pagani viene totalmente abolita dal Concilio di Arras nel 1025.

 

Il Concilio tenutosi nella cittadina, ora belga, di Arras e  da cui prendono il nome i ricami di grandi dimensioni e di splendide fattezze, oltre a condannare il Catarismo (Neo-Manicheismo, Albigesismo), raccomanda, prendendo spunto da Gregorio Magno che affermava che

 

"La pittura si impiega nelle chiese affinché coloro che non sanno leggere leggano almeno sulle pareti, vedendo, le stesse cose che non saprebbero leggere sui libri"

 

, di dipingere affreschi nei luoghi di culto per istruire gli illetterati ed ufficialmente ribadiva:

 

"Coloro che sono illetterati guardino ed apprendano in qualche modo mediante la rappresentazione delle pitture ciò che non sono in grado di intendere mediante la parola scritta".

 

Per questo scopo non si sarebbero dovuti usare solo affreschi e rappresentazioni statuarie, ma ogni altro elemento iconografico atto a questo scopo. Il popolo avrebbe allora potuto accedere all’istruzione attraverso le immagini mentre i letterati e i chierici vi avrebbero trovato inoltre determinate descrizioni poste a commento delle immagini.

 

Oddone ebbe modo, appena preso possesso della contea del Kent, già famosa per il talento dei suoi ricamatori, di ammirare gli splendidi arazzi che ornavano i santuari e, che già da allora nelle festività, sacre e laiche, venivano esposti con lo scopo di rendere edotti e coscienti gli animi di fedeli e sudditi.

 

Gli studiosi non possono che riconoscere nel centro religioso di Canterbury come il luogo dove Oddone conobbe e probabilmente commissionò l’Arazzo.

 

Da qui, probabilmente, prese spunto il fratellastro di Guglielmo quando decise di fondere in un’unica celebrazione  le glorie temporali del nuovo re d’Inghilterra e quelle spirituali della chiesa e di Dio che gli avevano concesso i favori dell’impresa. L'arazzo ha dunque una duplice funzione: quella di celebrare una grande impresa e l'importante funzione politica di legittimare la successione al trono d'Inghilterra di Guglielmo il Conquistatore.

 

L’Arazzo è un telo di lino sul quale vennero ricamate delle figure che componevano la storia della conquista d’Inghilterra e che aveva lo scopo di spiegare ai Normanni come e perché Guglielmo era divenuto, per diritto, re d’Inghilterra, col duplice intento di glorificare le prodezze del Duca-Re e di giustificarne le azioni.

 

Le ultime teorie riguardo il documento indicano che invece di avere una funzione propriamente storico-deduttiva sulla conquista d’Inghilterra, l’obbiettivo della narrazione doveva porre l’attenzione sui temi religiosi: in realtà doveva mostrare e dimostrare soprattutto, attraverso la punizione divina dello spergiuro Aroldo sulle sante reliquie, quali conseguenze portassero atteggiamenti in contrasto con la morale cristiana che termina con la punizione divina ultima, cioè con la morte dell’usurpatore (Figg. 2-3).

 

 

 

Figg. 2-3 - Spergiuro e morte di Arold

 

Oddone volle un elemento estremamente semplice e comprensibile da una parte, ma genialmente e immanentemente occulto dall’altra, come un enorme racconto che illustrasse l’impresa d’Inghilterra, che doveva essere appeso per la prima volta il giorno della Dedicazione, sulla faccia interna dei pilastri della navata della neo-cattedrale di Bayeux in presenza di Guglielmo.

 

L’ipotesi più accreditata vede l’Arazzo iniziato pochi mesi o addirittura giorni, dopo la battaglia di Hastings e terminato in non più tardi di dieci anni. Questo è stato dedotto dal fatto che con una probabilità altissima, l’Arazzo venne esposto per la prima volta, lungo la navata della cattedrale di Notre Dame di Bayeux, appena ricostruita, il 14 luglio 1077 giorno della sua dedica; in seguito sarebbe stato esposto ogni anno nel giorno delle Sante Reliquie (5 Novembre).

 

Questa teoria è stata screditata da alcuni perché la dimensione totale della navata non permette al tessuto di essere steso completamente per tutta la sua lunghezza, cosa che ha portato a pensare che sia servito piuttosto come decorazione per il palazzo vescovile di Bayeux.

 

Altre teorie, non mettono in dubbio l’anno d’inizio dell’opera ma il suo termine ed il luogo di confezionamento e sulle sue finalità. Per alcuni venne terminato nel 1082 in una bottega inglese nei pressi o proprio a Canterbury.

 

Lasciando inalterata l’ipotesi che il committente sia stato Oddone, un’altra tradizione popolare narra che il compito di ricamare il tessuto spettò alla regina Matilde, moglie dello stesso Guglielmo, nel Kent o a Winchester nell'Hampshire, mentre attendeva il ritorno del consorte dalle imprese belliche sul suolo inglese (Fig. 4).

 

Gli storici sono certi che fu proprio Oddone a dirigere l’esecuzione dell’Arazzo, che fu ideato  abilmente e che non doveva essere uno squallido racconto della conquista, bensì con un’impostazione narrativa completamente diversa: la giustizia divina e il rispetto della fede.

 

Fig. 4 - La regina Matilde ricama la

"tela della conquista" -

Alfred Gaillard, 1849

 

Secondo altri addirittura non venne ideato o neanche ordinato da Oddone ma venne completato addirittura venti o trent'anni dopo la battaglia.

 

Sconosciuto è il disegnatore e il realizzatore del progetto anche se sembra scontato che si trattò di un artista proveniente dall'ambito dei miniatori di scuola anglosassone.

 

Cantebury torna in gioco ancora una volta quando si accosta la similarità tra i ricami e i manoscritti  anglo-sassoni prodotti a questi tempi; in particolare assumono una rilevanza notevole i disegni astratto-naturalistici delle decorazioni accessorie floreali che riportano alle preziose miniature dei codici irlandesi del meraviglioso Grande Evangelario di San Colombano o Libro di Kells.

 

Le legende in latino che spiegano le ‘vignette’ danno ancora una volta la conferma dell’origine inglese della manifattura: difatti lettere latine maiuscole che compongono i nomi e che accompagnano alcune scene sono scritti all’inglese, sono letteralmente trasposti in latino da una pronuncia anglo-sassone e addirittura in un caso vengono riportati caratteri tipici dell’inglese antico.

 

Sconosciuto è lo staff di ricamatori/trici che si alternarono o che in contemporanea portarono a termine il capolavoro, ma anche in questo caso sembra scontata l’appartenenza all’ambito anglosassone e normanno rinomato per i lavori di questo tipo.

 

Dall’unione dei dati a disposizione possiamo affermare che, vista la precisione rappresentativa dei vestiti, dell’armamento, dell’equipaggiamento, delle flotte soprattutto normanne, l’Opera venne realizzata sulla base di un “cartone”, ossia un disegno o una serie di schizzi su carta, da un normanno o da un profondo conoscitore dei costumi scandinavi – vista l’affidabilità e i riscontri precisi – e che il ricamo venne eseguito quasi certamente da manifatture inglesi che eccellevano in quest’arte.

 

Secondo alcune teorie il programma su cui venne basata la linea narrativa è prevalentemente di tipo epico concepito nello spirito delle Chansons de geste di tipo cavalleresco, dove il tema centrale è il tradimento del vassallo nei confronti del suo signore per la donna. In questo caso vengono messi sul piatto della bilancia torti ancor più gravi, la mancanza della parola data e lo spergiuro di fronte a Dio. Il giuramento che nelle Chansons rappresenta un cardine è riproposto come elemento unificatore e accomunatore, tanto da poter essere paragonati, Chanson e Tapisserie, alla stessa stregua. Un altro elemento che trova l’una come derivazione dell’altra o semplicemente in commistione tra loro è l’incoraggiamento di Guglielmo a combattere viriliter et sapienter, (coraggiosamente e saggiamente). Questi sono i medesimi termini epici della Chanson de Roland (sage et preu, sago et bardi), nei quali vengono identificati Rolando e Oliviero.

 

La cattedrale e l’Arazzo vennero ad essere creati parallelamente: allo stesso tempo venivano sovrapposte le pietre che componevano l’edificio, contemporaneamente  venivano eseguiti i nodi delle figure che componevano il racconto.

 

Elementi tecnici


L'Arazzo di Bayeux (Tapisserie de Bayeux) in realtà non è né una tappezzeria né propriamente un arazzo nel senso e secondo il termine tecnico che noi conosciamo; infatti, è più esattamente un ricamo ad ago con soggetti ed iscrizioni. Mentre gli arazzi presentano dimensioni alquanto eccezionali, se non addirittura spettacolari e sono costituiti da una serie multipla di nodi ravvicinati e contigui, l’Arazzo di Bayeux ha delle caratteristiche totalmente differenti dalla definizione usuale.

 

La base su cui si intrecciano i ricami in filo di lana di otto colori naturali è costituita da nove pezze di lino bigio cucite tra loro: la più lunga misura 13,90 m e la più corta 2,43 m; questi lembi formano una tela a tramatura molto sottile alta appena 50 cm e lunga quasi 70 m.
 

Gli otto colori vennero accostati sapientemente a ricamo con l’ago, consegnando ai posteri un effetto prospettico inimmaginabile proprio in contrasto con la lunga fascia di lino grezzo che fa da sfondo, questo, lasciato scarno, oltre a dare un effetto in rilievo pari ad un intaglio ligneo o ad un bassorilievo scultoreo, esalta la ricchezza e l’originalità e l’accostamento dei colori che per bellezza delle forme sembra riprendere i manoscritti miniati dell’epoca.

 

I fili colorati così intrecciati creano una forma indefinibile tra pittura, scrittura, scultura in una serie di rilievi ‘piatti’ ottenuti tramite l’uso di quattro punti di ricamo: un punto piatto o largo, detto punto di Bayeux, utilizzato per i riempimenti e per le aree più estese; un punto erba utilizzato per eseguire i contorni, i lineamenti di visi, mani, gambe dei personaggi e delle iscrizioni;  un punto diviso, più raro, realizzato con filo doppio; e infine un punto a catenella. Quest’ultimo è particolare, non trova riscontri in altre parti del mondo ed è presente esclusivamente sui restauri successivi.
 

Tra questi comunque il più affascinante è il punto di Bayeux la cui realizzazione si compone di quattro tempi:

1 – viene ‘disegnata’ una superficie più o meno ampia tramite una serie multipla di fili, molto fitti, che si s’intrecciano e si ricoprono vicendevolmente sempre nello stesso verso

2 – i fili quindi vengono tesi e fissati in base alla tecnica del punto diagonale usato in tappezzeria

3 – viene ricoperta in senso perpendicolare alla trama la superficie piana ottenuta dai primi due passaggi con una nuova serie di fili più spaziati e più fini.

4 - Infine, quest’ultima e definitiva tramatura così ottenuta viene fissata da una serie ‘casuale’ di altri piccoli punti che oltre a bloccare la trama imprimono l’intero disegno sulla tela.
 

All’epoca in cui venne fatto il ricamo vi erano due scuole di lavorazione: quella bizantina e quella araba. Mentre la seconda, decisamente più ricca e fastosa della prima, data dall’uso base della seta, sulla quale venivano intessuti filati in oro, perle e smalti, ed ebbe come centro d’irradiamento la Sicilia e la Spagna, trova la sua diffusione in Italia fin ai primi Länder germanici del Sacro Romano Impero e in Provenza e in Francia Meridionale.

 

L’altra, la prima, detta anche opus anglicanum, non ostenta la ricchezza della prima ma è caratterizzata da punti estremamente complessi che fondamentalmente si suddividono in punto erba e il punto spaccato (o fendu) che riescono a dare una rappresentatività pittorico-scultorea (tridimensionale) al motivo. L’opus anglicanum si diffuse principalmente in Europa del Nord ed in ambiente Scandinavo. In Italia l’esempio più famoso è dato dal Piviale della Vergine del Tesoro della Cattedrale di Anagni dove in grandi medaglioni sono narrate le Storie della Vergine di Cristo.

 

Quello che in maniera un po’ colorita viene definito come ‘l'antenato del fumetto’, vede disporsi sulla lunghezza 1500 soggetti o figure, di questi 126 sono personaggi inseriti in 58 scene, alcune delle quali presentano didascalie in latino di cui si è già parlato.

Il ‘film’ della conquista occupa il centro del tessuto ed ha un’altezza di circa 33-34 cm e per l’intera lunghezza è incorniciato da due bande istoriate, delle dimensioni di circa 7-8 cm di altezza.

 

Storia dell’Arazzo

 

Dopo il suo trasporto dal Kent alla Normandia e la sua dedica nel 1077, l’Opera rimase all’interno delle mura della chiesa di Notre Dame di Bayeux per almeno altri 400 anni, poiché il primo richiamo scritto, a noi tramandato, si trova nell’Inventario delle Ricchezze della Cattedrale  del 1476: “Arazzo lunghissimo e storico di tela a ricami con immagini e bande scritte, rappresentanti immagini della conquista d’Inghilterra, esso arazzo essendo teso attorno alla navata della chiesa, il giorno e attraverso gli ottavari delle reliquie”. È questa una definizione assai breve, ma anche di notevole esattezza.

 

Infatti questo vecchio termine di ‘tela’, ovvero di ‘cortina’, costituisce una denominazione più precisa di quella assai meno idonea di ‘arazzi’ che, solitamente, sta ad indicare alcune grandi opere di alto o basso liccio.


Poco o niente si seppe per quasi 300 anni, ma sappiamo che rimase certamente  a Bayeux, fino a quando l’interesse per il Tessuto andò aumentando intorno al 1750 in Inghilterra dove viene citato in un opera intitolata Palaeographia Britannica.

 

Seguirono periodi di turbolenza durante i quali fu nascosto, specialmente durante la Rivoluzione Francese quando, viste le sue dimensioni, venne utilizzato nascondere un carico di armi che doveva essere spedito sul fronte nord-occidentale, dove i repubblicani francesi stavano combattendo contro i monarchici. Dobbiamo a Lambert Leonard Leforestier, un giovane avvocato, il riconoscimento e la salvezza del celebre tessuto, che lo trasse in salvo sostituendolo con un altro telo. Per i trent'anni successivi l'arazzo rimase nella mansarda dell'avvocato, finché fu trovato da un vescovo di Bayeux che lo appese all'interno della cattedrale.

 

Nel 1803 venne rimosso nonostante le proteste degli abitanti di Bayeux da Napoleone e trasportato a Parigi ed usato come oggetto di propaganda per il suo attacco all’Inghilterra. Dopo il fallimento dell’impresa venne restituito alla città d’origine.

Nel corso del XIX secolo fu oggetto di numerosi studi scientifici e di un restauro condotto a Bayeux nel 1842, in seguito al quale fu esposto sotto vetro. Fu nuovamente nascosto durante la guerra franco-prussiana del 1870 ed infine durante la Seconda Guerra Mondiale, ma venne individuato e prelevato dal regime nazista per un breve periodo per essere studiato e analizzato a Parigi.

Attualmente l'arazzo è conservato ed esposto nel Centre Guillaume le Conquérant, a Bayeux.

 

L'Arazzo come documento

 

L’Arazzo non è solamente un resoconto storico che aiuta la ricostruzione dell’Evento, come poche volte nella storia, ma la sua importanza inestimabile è data dalla restituzione della vita dell'epoca nei minimi particolari. Questa non è una “semplice” narrazione storica, la sua forza non è nella scientificità ma nella quotidianità dell’Impresa. Il racconto, suddiviso in scene, viene narrato in maniera notevole e particolarmente abile, in modalità continuativa, cioè con le scene che si susseguono una dopo l’altra senza interruzioni. Qualche volta le scene al contrario appaiono delimitate da registri composti da elementi naturali o architettonici quali alberi dai rami e dalle fronde geometrizzate naturalisticamente  e da edifici in alcuni casi con geometrie complesse.

 

Vista la mancanza quasi totale di reperti archeologici, strutturali e manifatturieri, l’Arazzo ci concede la possibilità non solo di osservare i fatti storici comunque noti e confrontarli con le fonti, ma ci illustra, allo stesso modo, in maniera precisa aspetti della vita quotidiana e gli usi e costumi dell’epoca: banchetti e ricevimenti, campagne belliche e scene di caccia col falcone, come nel caso di Aroldo, castelli come quello di Edoardo il Confessore a Westminister, palazzi di corte come quello di Guglielmo (Figg. 5-6), informazioni geografiche e storiche che ci restituiscono datazioni e luoghi inalterati e inalterabili: il caratteristico Mont-Saint-Michel, le cittadelle di Bosham e Dinant (Fig. 7), fino addirittura il passaggio nei cieli d’Inghilterra della cometa di Halley, il 24 aprile del 1066 (Fig. 8).                                                           

 

 

Figg. 5-6 - Palazzo di Edoardo a Westminister, scena di caccia col falcone di Aroldo e palazzo di corte di Guglielmo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fig. 7 - Dinant sotto assedio

 

 

Fig. 8 - L'apparizione della Cometa di Halley

Anche se il contributo più grande viene fornito dalle illustrazioni di imbarcazioni ed armi. La Tapisserie de Bayeux, oltre ad essere il documento più importante della storia e della civiltà dei Normanni è anche la fonte più completa per lo studio dell’equipaggiamento offensivo, difensivo e navale degli stessi.

 

Le varie tipologie di soldati, armi ed armature presenti non solo sono ben visibili, ma sono state ricreate fedelmente le tecniche belliche, la costruzione delle navi, da cui la constatazione che a distanza due secoli dall’istallazione del centro di Rouen le stesse erano rimaste praticamente invariate rispetto a quelle vichinghe dalle quali sbarcò l’ecista Rollone, del tutto simili a quelle di IX e di XI secolo, rinvenute rispettivamente nelle tombe a tumulo di Gokstad e di Oseberg (Kulturhistorisk Museum Oslo, Norvegia) e in a Skuldelev (Roskilde Museum, Danimarca ).

 

Grazie alle rappresentazioni del Ricamo, non solo sappiamo come fossero le navi dei vichinghi, che le fonti normanne dell’XI secolo chiamano ‘esnecche’ (esnèques), ma si è avuta conferma che la narrazione ha un carattere estremamente realistico mantenendo una perfetta rispondenza tra disegni e reperti archeologici, sia dello scafo che dei vari accessori rappresentati: ancore, remi, timoni, alberi maestri.

 

L’importanza di questo tipo di navi è data dal fatto che esse erano effettivamente molto maneggevoli e solo tramite queste i vichinghi potevano risalire facilmente i fiumi e attraccare sulle rive basse sabbiose, non necessitando di porti o punti d’attracco. Questa caratteristica sarà fondamentale per la Conquista quando i Normanni potranno sbarcare indisturbati in massa a Pevensey nel 1066.

 

Ancor più precisi appaiono essere i disegni che riguardano le armi offensive e difensive di Normanni e Sassoni. Il campionario e soprattutto l’uso degli equipaggiamenti fa dell’Arazzo di Bayeux una vera e propria enciclopedia della guerra attorno all’anno 1000. Per prima cosa sono rappresentati tutti e tre i reparti di un esercito terrestre: fanteria leggera, pesante e cavalleria; le armi sono ricamate con estrema precisione ed accuratezza; vengono rappresentate le tecniche di combattimento, le strategie e cosa incredibile l’animosità degli eventi.

 

Sono raffigurate le armi d’offesa per i Normanni: spada lunga per colpi secchi, lancia non utilizzata come picca ma come elemento da ‘tiro’, un piccolo arco in dotazione ai fanti leggeri, mentre i sassoni appaiono armati quasi esclusivamente con una grande scure a due mani. Le armi di difesa invece sembrano comuni ad ambedue gli schieramenti: elmo conico metallico con nasale, scudo allungato ad aquilone e l’usbergo o cotta di maglia.

 

La principale differenza tra gli attaccanti e i difensori sarà nella presenza e nell’uso della cavalleria. La cavalleria normanna avrà un ruolo fondamentale al pari di quello delle navi vichinghe per la questione logistica. Oltre alle cariche ripetute contro una posizione inespugnabile si denota l’uso di una cavalleria pesante capace di portare attacchi ripetuti, che avranno un ruolo fondamentale ma non decisivo come la carica finale che concederà la vittoria al Conquistatore.

 

All’interno della conquista, formata da due fasi principali costituite dalla preparazione e dalla battaglia vera e propria e che affronteremo con l’ausilio della tela di Bayeux stessa, nei prossimi due capitoli, l’Arazzo tende a esplicare bene i fatti senza perdersi in troppi vezzi o sfumature. I virtuosismi vengono lasciati a sapienti accostamenti di colori e a superfici più ampie che lo consentono. Quando si può temporeggiare nella narrazione, allora i particolari, le forme, le grandi aree vengono riprodotte con cura, al pari dei volti dei personaggi, ma quando è necessario aggiungere enfasi combattiva e movimento vibrante all’azione e quindi al romanzo visivo, allora i particolari divengono solo un dettaglio nell’importanza di un evento specifico.

 

La narrazione, seguita da un sovrintendente che vide con i suoi occhi l’evento, è opera di un grande artista, forse un combattete di Hastings nella mente del quale rimasero impresse tutti i luoghi, le immagini, i  particolari che vide anche il suo signore Guglielmo. La grandezza artistica, intrisa di misticismo storico si denota in particolari extra-narrativi a margine della narrazione principale.

 

Sono i particolari a divenire segno del genio: gli alberi di suddivisione scenica, le teste di drago delle imbarcazioni o i draghi dipinti sugli scudi, gli edifici e i colori dei cavalli stessi.

 

Il tutto è accostato dai ‘fregi gnostici’ che rappresentano la caratteristica misterica dell’intera narrazione. La complementarietà e la differenziazione lasciano sbalorditi storici, storici dell’arte, filologi, filosofi e teologi quando insieme alle scene che affiancano la battaglia finale, appaiono precedentemente come decorazioni ‘microregistri’ di tipo araldico con fiere affrontate più o meno mitiche o motivi geometrici ottenute con stilizzazioni floro-faunistiche.  

 

La conoscenza di elementi classici e profani è data da episodi ispirati alla tradizione delle favole. A fianco di animali fantastici, vi sono domatori ed ammaestratori di belve come temi ricorrenti, forse la figura di Orfeo, la cacciata dal paradiso e favole pagane dell’antichità di Esopo e Fedro, fino ad un labirinto mistico, che riportano ancora alla tradizione e alla commistione anglo-francese da Ademar di Chabannes, chierico e scoliaste del X secolo, a Odo di Cheriton del XIII secolo, passando per quello che per connessione cronologica (XII secolo), geografica (Bassa Inghilterra) e idiomatica (riscrive in latino le favole di Esopo) potrebbe essere considerato l’ispiratore dei fregi favolistici: Walter d’Inghilterra, futuro vescovo di Palermo presso la corte normanna siciliana.

 

Oggi l’”Arazzo di Bayeux” è forse il documento più importante della storia e della civiltà dei Normanni, costituisce un documento unico nel suo genere. Nessuna opera paragonabile a questa è sopravvissuta nel corso dei secoli e illustra la conquista dell'Inghilterra da parte di Guglielmo il Bastardo, duca di Normandia, detto poi il Conquistatore.



 

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