N. 10 - Marzo 2006
HASTINGS
1066 A.D.
Guglielmo:
da Bastardo a Conquistatore - Parte II
di
Antonio Montesanti
Nella storia dei popoli e delle civiltà è uso comune
cercare d'identificare l'uomo più famoso e che meglio
la identifichi. Tutti sono d’accordo nell’identificare
Guglielmo, detto poi “Il Conquistatore”, in questa
figura, come “il più famoso dei Normanni”. È la storia
stessa che reclama un posto all’interno di essa stessa
per il duca Guglielmo all’interno del percorso umano
in cui la sua figura è preponderante.
Probabilmente, egli non fu propriamente il duca più
grande che la Normandia abbia mai avuto: suo nonno,
Riccardo I, contribuì molto di più per tenere unito,
rafforzare e preservare il ducato.
Anche suo padre, Roberto il Magnifico, nei venticinque
anni del suo ducato fu in realtà molto più attivo del
nascituro. In realtà Roberto ebbe modi ed azioni che
quantitativamente, almeno, superarono nella politica e
nella guerra, quelle del figlio Guglielmo: si
preoccupò di sbarazzarsi del fratello primogenito
Riccardo III, represse rivolte feudali, scelse di
schierarsi con il re di Francia Enrico I contro il
fratello di lui, ottenendo per riconoscenza la
provincia del Vexin, ospitò il principe Edoardo il
Confessore e futuro re d’Inghilterra e come ultimo
atto, si diresse in pellegrinaggio in Terrasanta dove
morì, non negli scontri contro i Mori, ma nel 1035 a
Nicea, durante il suo rientro.
Ma
l’importanza della sua figura si deve al fatto che
egli impose ai suoi vassalli il riconoscimento del
figlio avuto dall'unione con Ariette, figlia di un
conciapelli di Falaise: qui, alla fine del 1027 o
agli inizi del 1028, vide la luce il piccolo
Guglielmo.
Esattamente 7 anni dopo, tra il Natale del 1034 e
l'agosto del 1035, mentre il padre approntava il
viaggio in Oriente, venne designato legittimo
successore. Di lì a poco sarebbe rimasto orfano e duca
di Normandia.
Il
giovane, forse per la sua tenera età, forse per i
giochi di potere che animavano il ducato, prima che la
notizia della morte del padre giungesse in patria,
venne accolto tra i vassalli che, rispettando la
decisione di Roberto, lo considerarono sempre il loro
unico e solo princeps. L’intera aristocrazia
normanna accettava di fatto nell’autunno del 1035 la
successione che prevedeva giuramento di fedeltà.
La
Normandia venne affidata a custodi e tutori, fino a
quando il giovane non avesse compiuto la maggiore età
(16 anni): Alan in di Bretagna, suo primo cugino, i
laici Turoldo e Rodolfo le Moine, Gilberto di Brionne,
e il chierico Mastro Guglielmo. Anche il re Enrico I
sosteneva la successione del giovane.
Per
i primi due anni la cerchia di nobili, chierici e
laici creatasi per fare scudo al giovane duca riuscì a
tenere in equilibrio l’intera cerchia fino alla morte
dell'arcivescovo Roberto nel 1037. Mancando un
appoggio ecclesiastico “forte”, i primi tutori
Gilberto ed Alan dovettero ridisegnare le cariche e i
ruoli ed al tempo stesso mantenere la Normanda unita.
Il
problema rimaneva quello di tenere a bada gli zii del
successore al trono e per questo vennero fatte delle
concessioni: a Mauger venne assegnata la carica di
arcivescovo di Rouen mentre al più giovane, omonimo
del successore, venne assegnata la contea del Pays de
Talou.
Ma i
baroni e i vassalli, che da queste spartizioni
ottenevano ben poco e che si vedevano scavalcati da
loro pari, che in più avevano una nomina forfetaria di
tutori, li tolsero di mezzo: il conte Alan moriva
nell’ottobre 1040 a Vimoutiers e Gilberto e Turoldo
venivano esplicitamente assassinati l’anno seguente.
Iniziava quindi una scontata sostituzione dei ruoli,
al posto di Gilberto venne nominato Raoul de Gacé.
Intuendo il pericolo e vedendo il cerchio intorno al
giovane Guglielmo stringersi di mese in mese, il più
savio tra tutori originari, Osbem fìtz Arfast, si
rifugiò insieme al duca a Vaudreil, poco a sud di
Rouen. La minaccia di una deposizione del ragazzo
divenne concreta quando anche Osben venne assassinato
in sua presenza.
Questa serie di stravolgimenti portarono a un vero e
proprio ammutinamento dei castellani di Normandia i
quali smisero di obbedire ad ordini o autorità
superiori. Tra il 1041 e il 1043 iniziò un periodo
d’anarchia totale che portò la Normandia a scontri
fratricidi e dinastici: Humphrey di Vieilles e suo
figlio, Ruggero di Beaumont, si scagliarono contro la
famiglia di Ruggero di Tosny, annientandola, per il
controllo della valle della Risle.
Inoltre sul ducato si allungavano anche le ombre del
potere centrale: il re Enrico I ne approfittò per
sconfinare in Normandia con la scusa di punire Waleran,
conte di Meulan, che qui aveva trovato rifugio. È
normale dunque che iniziassero le defezioni a favore
della corona di Francia: il visconte di Hièmois
occupava Argentan, mentre proprio sul finire del 1043
la personalità del giovane duca Guglielmo sconvolse il
suo stesso ducato.
Vissuto e nascosto ai suoi tanti nemici, Gulgielmo non
solo era benvoluto dai ceti meno abbienti ma presso di
loro sembra trovasse ospitalità: i suoi sudditi più
umili lo avevano accolto, lo protetto, lo educato
politicamente e militarmente, tanto da sviluppare le
potenzialità di un eccezionale soldato e di un abile
diplomatico. Guglielmo era divenuto quella sintesi
perfetta che pochi altri in passato avevano avuto: un
maestro d’arme ed un monarca coscienzioso.
I
quadri del potere politico erano ancora monopolio
della vecchia cerchia del conte Guglielmo d'Arques, di
Rodolfo di Gacé e dell'arcivescovo Mauger. Apertamente
insoddisfatto della situazione era Guido di Borgogna
che nel 1047 si propose come leader di una fazione
aristocratica contraria al duca e ai suoi
consiglieri/tutori.
Guido, figlio del conte di Borgogna, da giovane era
stato inviato in Normandia dove aveva ricevuto il
possesso dei forti di Brionne e Vernon, per i servigi
resi. Postosi a capo di un gruppo di ribelli tra cui
il vecchio visconte Nigel di Saint Sauveur, quello di
Bessin, il conte Guglielmo Busac di Eu e altri grandi
baroni della Normandia occidentale, si produsse in un
golpe familiare.
Per
prima cosa Guglielmo si appellò al re e quando ebbe
ottenuto anche il suo appoggio militare si scagliò in
una battaglia campale presso Valès Dunes, a est dell'Orne,
tra Caen e Falaise. Qui, appoggiato dalla minoranza
dell'aristocrazia normanna e da un drappello reale,
grazie alla sua tattica militare, sbaragliò i ribelli
che avevano scelto Bayeux come base, quindi eresse una
rocca fortificata a Caen e ridispose le gerarchie
feudali.
Guido si rifugiò nel suo castello a Brionne e vi
rimase sotto assedio fino al 1049 quando, costretto
alla resa, venne perdonato. Dalla battaglia di Valès
Dunes i commentatori iniziano il conteggio del regno
di Guglielmo e attribuiscono a quella vittoria
l'emergente fama di magistrale guerriero del duca.
Solo
ora Guglielmo è un sovrano d’importanza ormai
acquisita che si concretizza ed ufficializza nel
concilio di Caen, seguito alla Tregua di Dione
dell'ottobre 1047. Il giovane principe otteneva anche
l’appoggio di tutta la nobiltà laica ed ecclesiastica:
l'arcivescovo Mauger rafforzava il crescente potere
del nipote imponendo sanzioni ecclesiastiche contro le
guerre private.
Dopo
aver rafforzato il ducato internamente, Guglielmo
doveva iniziare a confrontarsi, negli anni 1051-1052,
con i pericoli esterni e quindi con i confinanti e
quelli in espansione: la contea d'Angiò, sorta dalle
rovine della marca robertingia di Neustria, si era
insediata ad Angers alla fine del IX secolo, allo
scopo di contribuire alla difesa della valle della
Loira contro le penetrazioni nella Francia centrale di
Vichinghi e Bretoni.
La
casa d'Angiò prosperò e intorno al 1040, mentre il
giovane Guglielmo lottava per la propria
sopravvivenza, il conte Goffredo Martello (1040-1060)
aveva portato avanti, in accordo col re Enrico, una
distruttiva, ma vantaggiosa guerra contro i conti di
Blois Chartres, riuscendo a conquistare la città e la
contea di Tours.
Goffredo Martello, conte di Angiò, ormai troppo
pericoloso, occupava il Maine, scatenando, alla fine
degli anni '40, l’ira del re di Francia, il quale
chiamava il duca di Normandia che obbedientemente si
univa alla reale sortita nell'Angiò.
Il
valore dimostrato dal contingente normanno e dal suo
duce nella conquista del castello di Mouliheme,
dimostrando una straordinaria maestria nell'arte del
combattimento a cavallo, gli valsero il plauso del
nemico meravigliato dallo straordinario uso della
cavalleria con manovre talmente perfette tanto da
avere la meglio su turme assai superiori che gli
portarono la presa di due fortezze del rivoltoso,
Alencon e Domfront.
L'immagine del sigillo che egli imprimeva sui
documenti lo ritraeva a cavallo, in equipaggiamento da
guerra con armatura, lancia e scudo declamava il
proprio potere fondato sulla forza e radicato nella
cultura bellica della cavalleria.
Secondo Guglielmo di Poitiers, il re Enrico,vecchio
leone della generazione del padre del duca, provò
invidia per l'innata abilità del giovane guerriero, al
punto di concepire per lui, da quel momento in poi, un
odio particolare.
Per
questo, già nel 1052 il re iniziò ad allacciare
rapporti amichevoli con il duca d’Angiò e ad
inimicarsi Guglielmo. Sin dal tempo di Guglielmo
Lungaspada, i Franchi Capetingi e Normanni erano stati
alleati fedeli l’uno dell’altro, traendone vantaggi
vicendevoli: per oltre un secolo i ducati
filocapetingi e i re di Francia erano protetti dalle
incursioni scandinave e potevano contare su un forte
appoggio militare nei confronti dei potentati a est e
sud di Parigi, viceversa i Normanni avevano un formale
riconoscimento del ducato con analoghi aiuti contro i
rivali.
Rompendo quest’alleanza, utile per entrambi, Parigi
scartava Rouen dai ducati favoriti, indebolendo il
regno e molto anche se stessa, perché Guglielmo, uomo
tenace, non avrebbe dimenticato l'azione a lui
contraria del re Enrico.
La
discutibile decisione del re diede inizio a un secolo
e mezzo di intermittente guerra tra Rouen e Parigi,
che non si sarebbe conclusa finché la Normandia non si
fosse estinta come principato indipendente nel 1204.
L'errore del re fu però quello di non considerare che
la Normandia era da decenni un'alleata stabile e poco
esigente.
L'arcivescovo Mauger iniziò un’opera di opposizione
pubblica al nipote già nel 1052, mentre Guglielmo d'Arques
si ribellava apertamente nel 1053, con il sostegno del
cognato, Enguerrand conte di Ponthieu. Il “Normanno”
reagiva allora come doveva per mantenere la propria
credibilità di duca e cinse Arques d'assedio, ma la
grande fortezza, eretta su un promontorio sopra Dieppe,
non cadde per le sue abilità militari.
La
questione si risolse solo in ottobre, quando una
colonna in sostegno di Arques venne guidata
sfrontatamente nel ducato dal re Enrico in persona. Il
duca si mostrò all'altezza della situazione: seppur
sovrastato in numero, riuscì a dividere le forze
nemiche e ad attirarle in un agguato, annientandole e
uccidendo il conte Enguerrand. Il re, vedendo che
l'equilibrio di forze si era inaspettatamente spostato
a favore del duca, si ritirò dopo aver recato
vettovaglie alla fortezza alleata. Guglielmo d'Arques
si arrese poco dopo recandosi in esilio volontario
presso la corte del conte di Boulogne. L'arcivescovo
Mauger venne trattato con clemenza.
Nei
primi anni '50 Enrico aveva intenzione di ripetere
l'azione della campagna di Mouliheme del 1049:
radunare una potente armata sotto il comando regio per
intimidire un pericoloso vicino. Ammassò le sue armate
al confine nel 1054, con l'evidente intenzione di
guidare una schiera in Normandia per rovesciare
Guglielmo.
Nel
ducato penetrarono due colonne, una a nord e una a sud
della Senna. Il re in persona, insieme a Goffredo d'Angiò,
attaccò Evreux. Il duca Guglielmo decise di affrontare
personalmente il re e d'inviare la principale armata
normanna, guidata dal cugino Roberto, conte di Eu,
contro l'altra colonna settentrionale, al cui comando
si trovava Oddone, fratello del re.
Roberto di Eu trovò i Francesi nell'atto di
saccheggiare la città di Mortemer, nel Vexin normanno,
e inflisse loro una disastrosa disfatta. Goffredo di
Mayenne decise di offrire ufficialmente al ducato la
propria alleanza, presentando addirittura omaggio
formale al duca normanno.
Enrico rimaneva esterrefatto dalla sconfitta subita e
si preparava per una nuova campagna nel 1057
raccogliendo mezzi ed uomini per una spedizione
definitiva che avrebbe dovuto sottomettere la
Normandia per sempre. L’esercito venne radunato a sud
del confine normanno nell'agosto del 1057.
L’odio di Enrico per il giovane duca raggiunse livelli
inauditi con un opera di devastazione della campagna
dall’interno alla costa. Nell’attraversamento del
piccolo fiume Dives l’armata venne colta di sorpresa
dall'innalzamento della marea e venne così tagliata in
due. La maggior parte della spedizione francese venne
massacrata di fronte agli occhi del re: la sconfitta
di Varaville rappresenta una disfatta che pone un
sigillo di parità tra i due sovrani.
La
Normandia otteneva la consegna di Tillières dalla
Francia, quella di Ambrières dall’Angiò e infine, nel
1063, dopo l'ascesa al trono del giovane re Filippo I
e la morte di Goffredo Martello, il riconoscimento dei
suoi diritti sul Maine. Nonostante il re Enrico fosse
morto nel 1060, lasciando come erede un bimbo di otto
anni, e nonostante Goffredo Martello d'Angiò morisse
in quello stesso anno, non doveva esserci pace alle
frontiere Guglielmo.
A
questa serie di vittorie risale la fama della
superiorità militare normanna avallata dalla scelta
del duca di impersonare il Cesare. Il suo ritratto
fisico contenuto nell'Arazzo di Bayeux, dov'è
celebrata l'impresa della conquista dell'Inghilterra,
benché stilizzato, mostra un personale che viene
definito non affascinante, con un viso privo di tratti
preponderanti ma di corporatura imponente.
La
massa fisica ed il viso semplice vestiti troppo
stretti rispecchiano una iconologia, casuale o meno,
di un individuo imponente, di forza fuori del comune e
con molti tratti che rispecchiano la semplicità da una
parte e la pragmaticità dall’altra. Questa
rappresentazione in realtà ricorda molto la
rappresentazione dei Costantinidi, primi imperatori
cristiani dell’Impero Romano e tale è rappresentato
Guglielmo, come neo-Costantino, con la spada e con il
globo crocifero.
Il
primo elemento simbolico richiamava nella sua figura
la sfrenatezza e l’efferata ferocia nel valore
bellico, con quel piglio tipico del dominatore di
esporsi in prima linea, giudizioso nell'accogliere
suggerimenti altrui. Accanto ad atteggiamenti così
duri, se ne riscontravano altri di notevole
tolleranza, quali il non infierire contro il nemico
vinto, il perdonare chi si sottometteva senza secondi
fini, la prudenza nell'agire, un certo solido senso
della famiglia (sposò a 26 anni Matilde, figlia di
Baldovino conte di Fiandra e ne ebbe quattro figli
maschi), che lo rendevano crocifero e pio nei riguardi
della cristianità, tanto da incarnare i valori più
nobili della temporalità religiosa.
Già
prima del 1060 esistono riferimenti a composizioni in
versi e cantate che celebravano le gesta del duca
Guglielmo, rivolte a un pubblico più vasto e meno
colto. In ambito ecclesiastico, la Normandia iniziò a
popolarsi di illustri immigranti. Lanfranco, rinomato
insegnante di Pavia aveva cercato la solitudine e
un'autentica vocazione monastica nelle oscure e remote
regioni della Gallia già negli anni '40 conduceva una
delle più celebri scuole dell’Europa settentrionale,
che, nel 1059, aveva attirato l'astro intellettuale
del giovane Sant'Anselmo.
Restii a identificarsi completamente con la Francia, i
Normanni iniziavano a percepire l'appartenenza a un
mondo più ampio. Per decenni avventurieri normanni
avevano viaggiato a sud ed est, alcuni di essi
sicuramente incoraggiati dal fermo ed efficace governo
di Riccardo II.
Forse già prima del 1016, essi erano stati attirati
dalle ricchezze e opportunità dell'Italia meridionale,
dove Longobardi, Greci e Arabi erano in perenne
conflitto. Rainolfo, che divenne conte di Capua e
Aversa intorno al 1030, era normanno. Nel 1059,
Roberto il Guiscardo membro di un'oscura famiglia
d'emigrati originaria di uno dei luoghi chiamati
Hauteville (Altavilla) nel Cotentin fu investito duca
di Puglia dal papa. Nel decennio successivo un membro
dell'aristocratica dinastia normanna dei Giroie,
Guglielmo di Montreuil, divenne capitano della
cavalleria mercenaria del papa.
Negli anni '60 i conquistatori normanni si trovavano
in Italia e i loro confratelli della Francia
settentrionale dopo essere sopravvissuti a pericolosi
attacchi da parte dei paesi confinanti iniziavano a
considerarsi anch'essi "imprenditori" militari. Una
sorta di euforia normanna si diffondeva nell'aria.
Negli anni '50 i Normanni di Normandia si sentivano
più sicuri e decisi della propria identità di popolo
rispetto a mezzo secolo prima. La rottura della lunga
alleanza con i Capetingi, nel 1052, aveva forse a che
fare con questa nuova situazione.
I
Normanni del 1060 trovarono in Guglielmo il un duca in
grado di tenere unito un saldo principato minacciato.
Egli aveva ereditato un ducato colmo di risorse; e,
nonostante le vicissitudini vissute durante la minore
età e le incursioni dei nemici. Al tempo di Guglielmo
l'economia della Francia settentrionale era in via
d'espansione, le città iniziavano a crescere e ad
attirare popolazione. Non solo Rouen, ma anche Bayeux
e Caen, personale progetto urbano di Guglielmo, dove
egli fondò un'abbazia nel 1059, erano città
considerevoli, con nuovi insediamenti satelliti.
La
cospicua ricchezza di Rouen ricevette da questo
commercio un nuovo e potente impulso. Ed è
significativo che, intorno al 1060, iniziò a
stabilirsi in città una comunità ebraica: in quest'epoca
infatti gli ebrei svolgevano un ruolo importante quali
commercianti e artigiani.
Il
duca Guglielmo era senza dubbio più ricco dei suoi già
ricchi predecessori, e questa prosperità filtrava
anche verso la sua nobiltà. Questo eccesso di
ricchezza doveva trovare degli sbocchi. In
parte,confluì in progetti di prestigio, quali le nuove
abbazie benedettine che vennero fondate in tutto il
ducato negli anni centrali del secolo: le abbazie
ducali gemelle di Santo Stefano e della Santa Trinità
a Caen, le due abbazie di San Pietro e San Léger a
Préaux di Ruggero di Beaumont, le fondazioni di Lyre e
Cormeilles di fitz Osbem, la fondazione di Conches di
Tosny,l'abbazia di St Georges de Boscherville di
Tancarville.
Inoltre, per sottolineare il proprio ruolo di principe
fra gli uomini, il duca Guglielmo si serviva di un
lessico materiale di ostentazione e splendore
secolari. Quando frequentava le grandi chiese poste
sotto il suo patronato, Guglielmo godeva forse di un
trattamento pari quasi a quello di un re. Al suo
ingresso alla messa nei giorni festivi, il clero
intonava delle laudes (lodi) in latino, come
quelle cantate dinanzi ai re di Francia e Germania. |