N. 11 - Aprile 2006
IL LUNGO CONFLITTO TRA IRAN ED IRAQ
La prima guerra del Golfo Persico
di
Matteo Liberti
La
guerra tra Iran ed Iraq ebbe iniziò nel settembre del
1980, quando l'Iraq di Saddam Hussein invase lo stato
confinante.
Terminò quasi dieci anni più tardi, dopo che entrambi
le parti in lotta accettarono una tregua patrocinata
dall'ONU.
Fu
inutile.
L’Iraq intraprese quella guerra per consolidare il suo
crescente potere all’interno del mondo arabo e
sostituire l’Iran come stato dominante sul Golfo
Persico. Il conflitto fu tra i più lunghi e
distruttivi del XX secolo, ma nonostante la sua durata
ed i suoi costi, sia umani che economici, nessuno dei
due paesi fece significativi guadagni politici o
territoriali.
I
problemi e le questioni che li dividevano rimasero
irrisolti.
l
confini tra i due paesi erano da secoli oggetto di
contesa, sia diplomatica che militare. A ciò si
aggiungevano le storiche rivalità tra Sanniti e Scià,
tra elementi arabi e persiani e quello che sarà
l’astio personale tra Saddam Hussein e l’Ayatollah
Khomeini.
Dopo la fine della prima guerra mondiale, Iraq ed Iran
si trovarono in pesante disaccordo circa i loro
confini nella zona dello Shatt al Arab, un
canale che costituisce il solo sbocco dell’Iraq verso
il mare, sul Golfo Persico. Nel 1937 i due stati
trovarono un accordo che stabiliva il controllo dello
Shatt da parte dell’Iraq.
Nonostante tale accordo, però, le relazioni tra Iran
ed Iraq continuarono a soffrire di periodiche crisi.
Fu
con lo Scià Muhammad Reza Pahlavi chel’Iran percepì di
poter ri-affermare la sua autorità nell’area
mediorientale, anche per via dei buoni rapporti tra lo
Scià e gli Stati Uniti d’America.
L'Iraq da parte sua, sotto il governo del nazionalista
arabo Ahmed Hassan al-Bakr, cercava di unire e
fortificare il mondo arabo sotto la sua sfera,
rifiutando costantemente l'influenza occidentale.
La
rivalità tra i due paesi vicini si stava nutrendo di
nuovi stimoli internazionali.
Nel gennaio del 1979 l’ Ayatollah Khomeini guidò un
tentativo rivoluzionario per destituire lo Scià, per
poi farsi largo, nei mesi successivi, all’interno del
nuovo governo. Ad aprile un referendum popolare
decretò il nuovo potere di Khomeini e l’instaurazione
di una Repubblica Islamica.
La
rivoluzione avvenuta nello stato vicino apriva nuove
prospettive per la politica dell’Iraq, ora nelle mani
di Saddam Hussein.
Già dalla fine dell'anno Saddam lanciò una escalation
propagandistica contro l'Iran, particolarmente contro
il fondamentalismo sciita: si proponeva ai paesi
arabi ed a quelli occidentali come il baluardo contro
il possibile dilagare del komeinismo.
La
presenza nel territorio iraqeno di una maggioranza
sciita potenzialmente infiammabile dai successi dei
vicini fratelli costituiva un serio pericolo sociale e
politico per Hussein, che attaccando l'Iran avrebbe
invece potuto provocare un clima di unità nazionale
contro il nemico, a scapito dei particolarismi
dell'identità sciita, impedendo così a questa
componente esclusa dalla gestione della società fin
dai tempi degli ottomani, di poter rivendicare un
proprio spazio.
Di
supporto all’invasione dell’Iran vi era poi una
ragionamento politico-militare: si immaginava che
l'indebolimento della struttura militare iraniana
causata dalla rivoluzione avrebbe consentito di
acquisire un rapido vantaggio sul vicino rivale.
Evento determinante nell’anamnesi del conflitto fu il
sequestro di ostaggi americani nel novembre del 1979,
espressione della volontà di liberare il paese da ogni
presenza straniera. La liberazione avvenne nell’aprile
dell’anno seguente, ma il nuovo Iran si trovò presto
isolato e sotto condanna.
L’Iraq poteva approfittare dello stato di debolezza e
vulnerabilità del vicino, che intanto non faceva
segreto del desiderio di fare da traino affinché anche
gli altri paesi musulmani seguissero il suo esempio di
rivoluzione islamica.
La
crisi tra Iran ed Iraq aumentò nel 1980, quando i due
paesi iniziarono ad accusarsi di vicendevoli
violazioni di confine, fino a che l’Iraq non ripudiò
il trattato del 1975 che permetteva l’accesso iraniano
allo Shatt al Arab.
Il
22 settembre l'Iraq procedette all'invasione diretta
dell’Iran, con una modalità assai simile a quella che
verrà adottata dieci anni più tardi nei confronti del
Kuwait.
L’attacco militare avvenne, ovviamente, sulla linea di
confine dello Shatt. Tra i primi obbiettivi
iraqeni, la regione occidentale del
Khuzestan, preziosa per il suoi grandi giacimenti
petroliferi.
Si
trattò senza dubbio di un’aggressione unilaterale,
contraria ad norma di diritto internazionale, ma
nonostante ciò né le Nazioni Unite né alcuna grande
potenza vollero prendere una qualche seria iniziativa
per impedire lo svolgersi del conflitto.
In
fondo, tutti stavano guardando con favore ad un
eventuale ridimensionamento dell’Iran.
L’offensiva ebbe immediato successo: già alla fine
dell’anno fu conquistata la città portuale di
Khorramshahr. Molto presto però
la
resistenza iraniana si dimostrò forte e determinata,
con Khomeini che dichiarò che non avrebbe mai firmato
alcuna resa fino alla caduta si Saddam Hussein...
Il
cosiddetto Occidente, gli Stati Uniti e le nazioni
europee, si coinvolsero in maniera attiva nei fatti di
guerra solo dal 1987, in risposta ad alcuni attacchi
iraniani in Kuwait contro le petroliere transitanti
nel Golfo Persico.
Gli USA e le altre potenze occidentali, fra cui
l’Italia, mandarono allora la propria marina militare
in difesa delle petroliere che caricavano il greggio
nei terminali dell’Arabia Saudita e dei vari emirati
arabi.
Proprio nel momento in cui le sorti della guerra
sembrano volgere a favore dell’Iran, questo intervento
internazionale, formalmente neutrale, si rivelò un
utile sostegno al Governo di Baghdad.
Il
20 luglio 1987 venne infine approvata la risoluzione
598 del Consiglio di sicurezza dell’ONU, che imponeva
il cessate il fuoco senza peraltro distinguere,
come chiedeva l’Iran, tra la posizione di Stato
aggredito e quella di Stato aggressore.
Nel
luglio dell'anno successivo
un aereo di linea iraniano, con dentro quasi trecento
passeggeri civili, venne abbattuto da un missile
partito da un incrociatore americano. Non vi furono
superstiti.
Il
comando statunitense si scusò, attribuendo il tragico
evento ad un improbabile errore dei (sofisticatissimi)
sistemi di puntamento.
Nonostante le ovvie insistenze del Governo iraniano,
né le Nazioni Unite, né alcun altro organismo
internazionale pronunciò una condanna esplicita
dell'accaduto.
L’isolamento del Governo di Teheran non poteva ormai
essere maggiore: un mese più tardi, il 20 di agosto
scatterà il definitivo cessate il fuoco.
La
guerra stava finalmente terminando.
La
stima sarà di circa
un milione e mezzo di morti, quasi equamente
distribuiti.
Durante il conflitto l’Iran fu sostenuto dalla Siria e
dalla Libia, ricevendo molto del suo armamento dalla
Corea del Nord e dalla Cina, così come alcuni
rifornimenti d’armi tramite operazioni invisibile
dagli Stati Uniti.
L’Iraq potè invece godere di un appoggio molto più
ampio, sia fra le nazioni arabe che tra quelle
occidentali; l'Unione sovietica fu il suo più grande
sostenitore.
Durante l'evolversi del conflitto, la forza militare
iraqena si allargò notevolmente, passando da circa
250.000 unità a più di un milione... Il paese,
nonostante i suoi morti ed i gravi danni subiti alle
sue infrastrutture, era pronto per tuffarsi in un
nuovo conflitto, in una nuova invasione
ed in una nuova battaglia difensiva, contro la
prevedibile reazione delle forze internazionali.
Luogo dello scontro
sarà il Kuwait, per l'ennesimo conflitto d'oriente. |