A PROPOSITO DI
zuccHE
SIMBOLOGIA,
Credenze, usanze
E
tradizioni
di Giulia
Cesarini Argiroffo
Il nome “zucca” comprende varie
specie di piante erbacee annuali
appartenenti alla famiglia delle
Cucurbitaceae delle zone tropicali e
temperate. Si coltivano
principalmente per il loro frutto e
sono uno dei vegetali domestici più
antichi. Per secoli nel Vecchio
Mondo esisteva solo quella del
genere Legenaria. In particolare la
specie Legenaria siceraria
era già utilizzata ad esempio dagli
Antichi Egizi, Greci, Etruschi,
Romani e Celti.
Mentre le altre specie più grandi,
appartenenti al genere Cucurbita,
hanno origine nel Centro-Sud America
da cui si importarono, dopo la
scoperta del Nuovo Mondo, prima in
Europa e in Asia e poi gradualmente
nel resto del globo.
Oggigiorno di zucche, ne esistono
svariate specie, che si coltivano in
varie parti del mondo e hanno forme
diverse, spesso bizzarre. Possono
essere lisce, con protuberanze,
tonde, oblunghe o semilunghe. Sin
dall’Antichità si usavano per
ricavarne oggetti decorativi, quali
cestini da tavolo, scatole,
sopramobili e utensili vari. Inoltre
svuotate si utilizzavano per
trasportare vino, acqua o sale, ma
anche come galleggianti a uso di
persone inesperte nel nuoto.
Dall’usanza Antica, tipica delle
famiglie contadine più povere che
trasportavano o tenevano il sale in
una zucca svuotata, nacquero alcune
locuzioni italiane. Ad esempio
“Zucca senza sale”, “Aver poco sale
in zucca”, “Non è cattivo ma è una
zucca vuota” per indicare una
persona con poco senno. Al
contrario, “Avere sale in zucca”,
significa avere assennatezza.
La zucca ed i suoi semi sin
dall’Antichità simboleggiano, in
Occidente e in Oriente, la
resurrezione dei morti. Ad esempio
nelle Antiche tombe del Württenberg,
in Germania, si rinvennero zucche,
considerate eccellenti viatici per
rinascere, per salire al Cielo.
La stessa simbologia si riscontrava
anche nella zona tra Messico e
Bolivia. Infatti si ritrovarono semi
di zucca in tombe pre-incaiche,
oltre a fedeli riproduzioni nella
ceramica degli ultimi cinquemila
anni.
Questa Antica simbologia si ritrova
nella festa di Halloween, che si
celebra la notte fra il 31 ottobre
ed il 1 novembre. Per l’occasione si
svuotano le zucche e, dopo averle
trasformate in mostruose teste ed
illuminate da un lumino acceso al
loro interno, si sistemano sui
davanzali o agli angoli delle vie.
Inoltre quella sera è tradizione che
i ragazzi si mascherino da
scheletri, fantasmi ed altre
creature spaventose per mimare il
ritorno dei morti sulla terra
girando di casa in casa per chiedere
piccoli tributi minacciando, se non
li ottengono, di giocare qualche
scherzo, pronunciando appunto la
frase “dolcetto o scherzetto”.
Tutto ciò rappresenta l’arrivo dei
morti. Questo è un Antico retaggio
celtico (inteso come capo d’anno
agrario), infatti in quella stessa
notte si credeva che i Defunti
tornassero sulla terra.
I Celti celebravano il Capodanno in
quel periodo perché in quella fase
dell’anno finiva la stagione agraria
ed iniziava la nuova. Infatti il
raccolto seminato da poco, era
“sceso negli inferi”, nel cuore
della terra e cominciava il suo
lento cammino verso la futura
germinazione. La vita si rinnovava
anche se sottoterra: “vita e morte
si con-fondono nel ciclo cosmico”.
Questo era il momento in cui i Celti
pensavano che ci fosse un
rimescolamento di vita e morte, una
“con-fusione” da cui nasceva il
cosmo pieno di vita.
In particolare i Celti festeggiavano
il Capodanno recandosi ai cimiteri e
trascorrendovi la notte fra canti e
libagioni perché erano convinti –
credenza tipica di ogni periodo di
passaggio da un anno all’altro – che
in quelle ore i morti ritornassero
sulla terra entrando in comunione
con loro. Il giorno seguente poi,
durante la festa di Samain in cui si
celebrava l’inizio del nuovo anno
era tradizione mangiare ad esempio
zucche.
In seguito la Chiesa cristianizzò il
Capodanno celtico stabilendo due
festività religiose. Nello
specifico, s’istituirono la Festa di
Ognissanti e quella della
Commemorazione dei Defunti. Siccome
per secoli le varie chiese
cattoliche godevano di una certa
autonomia da Roma inizialmente
queste due festività si celebrarono
solo in Francia, a partire dal 998
d. C. e poi gradualmente si
diffusero in tutta Europa. A Roma
giunsero soltanto nel XIV secolo.
Nel 1475 Papa Sisto IV le rese
obbligatorie per la Chiesa
Universale.
Infatti il termine “Halloween”,
deriva da “Hallow e-en” ed è
l’abbreviazione di All Hallow Even,
“Vigilia di tutti i Santi”.
In Irlanda le tradizioni celtiche
sono in parte sopravvissute non
soltanto con Halloween, ma anche con
alcuni proverbi e con l’usanza di
recarsi nelle notti del 31 ottobre e
del 1 novembre nei cimiteri portando
tanti lumini. A tal proposito Yeats
scriveva: “In Irlanda il mondo dei
morti non è tanto distante da quello
dei vivi. Essi sono a volte così
prossimi che le cose del mondo
paiono soltanto ombre dell’aldilà”.
Tuttora in Italia nonostante la
cristianizzazione, in alcune
regioni, rimane qualche residuo del
Capodanno celtico. Ad esempio
durante la ricorrenza dei Defunti,
si crede che i morti ritornino a
casa una volta l’anno e mangino il
cibo che si è preparato loro. Così
fin dal Medioevo si pensava che le
zucche fossero simbolicamente uno
dei cibi adatti per i morti. Ad
esempio in Friuli e in Veneto il
“ritorno dei morti” si crede che
avvenga nella notte fra il 1 e 2
novembre quando si consumano zucca e
frutti secchi.
A tal proposito Coltro scriveva:
«Il ‘piato dei morti’ in cucina o il
bicchiere di acqua posto sul bufeto
della camera dove sono morti i
genitori e i parenti ha un valore
simbolico preciso, come la candela
sulla tomba, come i fiori. Significa
che si crede nella loro vita
ultraterrena: cibo vuol dire vita e
se uno è ‘capace’ di mangiare vuol
dire che è vivo».
Nell’Antica Grecia, Ateneo riferiva
che nella città greca di Sicione si
adorava una dea delle zucche sotto
il nome di Kolokasía Athenāi.
Atena era un altro nome della Luna e
tutto ciò indicava come la zucca,
consacrata alla Grande Madre, andava
a simboleggiare: abbondanza,
fecondità, prosperità e buona
salute.
Dopo la scoperta dell’America, come
notava Guigoni, giunsero la maggior
parte delle varietà di zucche
presenti oggigiorno nel mondo. In
Mesoamerica le zucche si coltivavano
già nel 5000 a.C. e si usavano per
la preparazione di minestre e zuppe,
i loro semi entravano nella
preparazione di salse ridotti in
farine o si aggiungevano all’impasto
di mais, come avviene ancora in
Centro-Sud America. Nella cucina
italiana le zucche entrarono a far
parte dell’alimentazione in modo
sistematico dal Settecento in poi,
quando diventarono maggiormente
disponibili i semi delle Americhe
che producevano frutti più grossi.
Le zucche di specie diverse, che si
trovavano in varie parti del
continente americano, non si
incontrarono mai prima dell’epoca
preispanica. Per secoli gli ortolani
in Europa e in Asia si dedicarono a
creare nuove varietà ma non in
America.
Nella cosmogonia dell’America
centrale la zucca ha assunto un
ruolo affine a quella dell’uovo
cosmico orfico o bramanico, come
testimoniano delle leggende. Ciò è
riscontrabile anche in altre
culture, come quella indiana e
indocinese.
In Europa la zucca americana, senza
ostracismi, fu uno dei primi tra i
vegetali del Nuovo Mondo a
guadagnarsi quest’onore e a entrare
nelle cucine e nelle tavole
nobiliari europei.
L’acclimatazione in Europa avvenne
facilmente, forse per il suo aspetto
imponente e maestoso che suscitò
fiducia, idoneità per persone
elevate e possenti. Inoltre era un
frutto costoso e quindi proibitivo
per la maggior parte della
popolazione, era un bene di lusso,
accessibile solo alle classi alte e
ricche. Così la zucca entrò subito
nei famosi ricettari di Messisburgo,
Scappi e Latini. Gradualmente prese
posizione sempre maggiore nelle
ricette dei grandi cuochi di corte e
nei loro piatti.
La zucca, per la sua rotondità ed il
fascino della dimensione, si prestò
anche a forme allusive e sensuali.
Così apparve con sempre maggior
frequenza nei quadri barocchi che,
quasi con scopi propiziatori o
apotropaici, richiamavano nel
simbolico passaggio degli oggetti un
eco al comico o al grottesco
suggerendo una relazione tra materia
e sessualità.
Nell’iconografia tradizionale la
zucca poteva essere emblema della
Brevità della vita oppure della
Felicità breve. Ad esempio Cesare
Ripa, nella sua Iconologia, la
descrive: «[...] Nelle quali cose
la breve e vana Felicità consiste
assomigliandosi alla zucca, la quale
in brevissimo spatio tempo altissima
diventa, in pochissimo tempo poi
perde il suo vigore e cade a terra».
In Europa la zucca di forma
tondeggiante ha da sempre evocato la
testa umana. Infatti in italiano si
suole dire: “Fa freddo, copriti
la zucca”, oppure “Si
grattava la zucca”, ed altri.
Inoltre ha suggerito anche epiteti
come: “Zuccone”, “Zucca vuota”, o la
frase “Cos’hai in quella zucca”.
Da zucca, nell’accezione di capo,
deriva pure la “Zuccata”, un colpo
dato con la testa. Anche il modo di
dire “Fare alle zucche col muro”,
nel senso di ostinarsi a lottare
contro difficoltà eccessive o contro
persone troppo potenti.
La zucca ha ispirato anche simboli
ed emblemi negativi perché alla sua
bellezza e grossezza non corrisponde
un altrettanto valore nutritivo,
essendo povera di protidi e lipidi
oltre che poco zuccherina ed
insipida, così si considera sinonimo
di alimento senza sapore. Per questo
è pure simbolo dell’Insipida
nullità. Infatti si suol dire: “Quella
donna è una zucca al vento”
oppure “È una cocuzza”,
infine “È uno zuccone”,
quando ci si riferisce a una persona
sciocca e poco intelligente.
Anche nel gergo dei liutai si chiama
spesso “zucca” un violino o un altro
simile strumento di nessun pregio.
Tuttavia la zucca contiene vitamine
e numerosi oligoelementi che
presentano proprietà benefiche e
funzioni curative. Inoltre è un
alimento molto digeribile. I semi
sono tossici per i vermi piatti come
la tenia e per gli ascaridi, mentre
sono innocui per l’Uomo. Ad esempio
si mangiano abbrustoliti e salati (i
cosiddetti “bruscolini o
brustolini”). Inoltre è in uso
ricavarne un olio, anch’esso
benefico.
Esiste poi l’esclamazione “Zucche!”,
che esprime un diniego vivace e
anche risentito, nel senso di “Fossi
matto!”, “Neanche per sogno!”.
In conclusione quando nella cucina
italiana questo vegetale si installò
non se ne andò più ma anzi il suo
uso si incrementò. Questo anche
perché le zucche americane
gradualmente si ridussero di prezzo
e dunque divennero accessibili pure
alle classi meno abbienti. È uno dei
prodotti orticoli di maggior
versatilità, si presta a ogni
trasformazione gastronomica: la si
usa sia per piatti salati che dolci.
Nella fiaba di Cenerentola la fata
madrina trasformò con la sua
bacchetta magica una zucca in
carrozza. Questo per consentire a
Cenerentola di andare al gran ballo.
Per Cattabiani, questa fiaba è
l’allegoria di una rinascita dagli
inferi al cielo, o del passaggio
dalla luna nera o cenerina alla luna
piena. Questo riflette il simbolismo
della zucca e dei suoi semi che fin
dall’Antichità si consideravano
simboli di resurrezione alla vita.
Riferimenti bibliografici:
Aleotti, Attilio Angelo, Le
Caravelle dell’abbondanza, Robin
Edizioni, Torino 2022.
Cattabiani, Alfredo, Florario,
Mondadori editore, Milano 2016.
Cattabiani, Alfredo, Il Lunario,
Mondadori editore, Milano 2002.
Centini, Massimo, Simboli. Celti,
Red Edizioni, Como 2001.
Pastoureau, Michel, Verde. Storia
di un colore, Ponte delle
Grazie, Milano 2008.
Guigoni, Alessandra, Antropologia
del mangiare e del bere,
Edizioni Altravista, Milano 2009.
Went, Fritzs W., Le Piante,
Mondadori, Milano 1965.