[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 202 / OTTOBRE 2024 (CCXXXIII)


ambiente

A PROPOSITO DI zuccHE

SIMBOLOGIA, Credenze, usanze E tradizioni
di Giulia Cesarini Argiroffo

 

Il nome “zucca” comprende varie specie di piante erbacee annuali appartenenti alla famiglia delle Cucurbitaceae delle zone tropicali e temperate. Si coltivano principalmente per il loro frutto e sono uno dei vegetali domestici più antichi. Per secoli nel Vecchio Mondo esisteva solo quella del genere Legenaria. In particolare la specie Legenaria siceraria era già utilizzata ad esempio dagli Antichi Egizi, Greci, Etruschi, Romani e Celti.

 

Mentre le altre specie più grandi, appartenenti al genere Cucurbita, hanno origine nel Centro-Sud America da cui si importarono, dopo la scoperta del Nuovo Mondo, prima in Europa e in Asia e poi gradualmente nel resto del globo.

 

Oggigiorno di zucche, ne esistono svariate specie, che si coltivano in varie parti del mondo e hanno forme diverse, spesso bizzarre. Possono essere lisce, con protuberanze, tonde, oblunghe o semilunghe. Sin dall’Antichità si usavano per ricavarne oggetti decorativi, quali cestini da tavolo, scatole, sopramobili e utensili vari. Inoltre svuotate si utilizzavano per trasportare vino, acqua o sale, ma anche come galleggianti a uso di persone inesperte nel nuoto.

 

Dall’usanza Antica, tipica delle famiglie contadine più povere che trasportavano o tenevano il sale in una zucca svuotata, nacquero alcune locuzioni italiane. Ad esempio “Zucca senza sale”, “Aver poco sale in zucca”, “Non è cattivo ma è una zucca vuota” per indicare una persona con poco senno. Al contrario, “Avere sale in zucca”, significa avere assennatezza.

 

La zucca ed i suoi semi sin dall’Antichità simboleggiano, in Occidente e in Oriente, la resurrezione dei morti. Ad esempio nelle Antiche tombe del Württenberg, in Germania, si rinvennero zucche, considerate eccellenti viatici per rinascere, per salire al Cielo.

La stessa simbologia si riscontrava anche nella zona tra Messico e Bolivia. Infatti si ritrovarono semi di zucca in tombe pre-incaiche, oltre a fedeli riproduzioni nella ceramica degli ultimi cinquemila anni.

 

Questa Antica simbologia si ritrova nella festa di Halloween, che si celebra la notte fra il 31 ottobre ed il 1 novembre. Per l’occasione si svuotano le zucche e, dopo averle trasformate in mostruose teste ed illuminate da un lumino acceso al loro interno, si sistemano sui davanzali o agli angoli delle vie. Inoltre quella sera è tradizione che i ragazzi si mascherino da scheletri, fantasmi ed altre creature spaventose per mimare il ritorno dei morti sulla terra girando di casa in casa per chiedere piccoli tributi minacciando, se non li ottengono, di giocare qualche scherzo, pronunciando appunto la frase “dolcetto o scherzetto”.

 

Tutto ciò rappresenta l’arrivo dei morti. Questo è un Antico retaggio celtico (inteso come capo d’anno agrario), infatti in quella stessa notte si credeva che i Defunti tornassero sulla terra.

 

I Celti celebravano il Capodanno in quel periodo perché in quella fase dell’anno finiva la stagione agraria ed iniziava la nuova. Infatti il raccolto seminato da poco, era “sceso negli inferi”, nel cuore della terra e cominciava il suo lento cammino verso la futura germinazione. La vita si rinnovava anche se sottoterra: “vita e morte si con-fondono nel ciclo cosmico”. Questo era il momento in cui i Celti pensavano che ci fosse un rimescolamento di vita e morte, una “con-fusione” da cui nasceva il cosmo pieno di vita.

 

In particolare i Celti festeggiavano il Capodanno recandosi ai cimiteri e trascorrendovi la notte fra canti e libagioni perché erano convinti – credenza tipica di ogni periodo di passaggio da un anno all’altro – che in quelle ore i morti ritornassero sulla terra entrando in comunione con loro. Il giorno seguente poi, durante la festa di Samain in cui si celebrava l’inizio del nuovo anno era tradizione mangiare ad esempio zucche.

 

In seguito la Chiesa cristianizzò il Capodanno celtico stabilendo due festività religiose. Nello specifico, s’istituirono la Festa di Ognissanti e quella della Commemorazione dei Defunti. Siccome per secoli le varie chiese cattoliche godevano di una certa autonomia da Roma inizialmente queste due festività si celebrarono solo in Francia, a partire dal 998 d. C. e poi gradualmente si diffusero in tutta Europa. A Roma giunsero soltanto nel XIV secolo. Nel 1475 Papa Sisto IV le rese obbligatorie per la Chiesa Universale.

 

Infatti il termine “Halloween”, deriva da “Hallow e-en” ed è l’abbreviazione di All Hallow Even, “Vigilia di tutti i Santi”.

 

In Irlanda le tradizioni celtiche sono in parte sopravvissute non soltanto con Halloween, ma anche con alcuni proverbi e con l’usanza di recarsi nelle notti del 31 ottobre e del 1 novembre nei cimiteri portando tanti lumini. A tal proposito Yeats scriveva: “In Irlanda il mondo dei morti non è tanto distante da quello dei vivi. Essi sono a volte così prossimi che le cose del mondo paiono soltanto ombre dell’aldilà”.

 

Tuttora in Italia nonostante la cristianizzazione, in alcune regioni, rimane qualche residuo del Capodanno celtico. Ad esempio durante la ricorrenza dei Defunti, si crede che i morti ritornino a casa una volta l’anno e mangino il cibo che si è preparato loro. Così fin dal Medioevo si pensava che le zucche fossero simbolicamente uno dei cibi adatti per i morti. Ad esempio in Friuli e in Veneto il “ritorno dei morti” si crede che avvenga nella notte fra il 1 e 2 novembre quando si consumano zucca e frutti secchi.

 

A tal proposito Coltro scriveva: «Il ‘piato dei morti’ in cucina o il bicchiere di acqua posto sul bufeto della camera dove sono morti i genitori e i parenti ha un valore simbolico preciso, come la candela sulla tomba, come i fiori. Significa che si crede nella loro vita ultraterrena: cibo vuol dire vita e se uno è ‘capace’ di mangiare vuol dire che è vivo».

 

Nell’Antica Grecia, Ateneo riferiva che nella città greca di Sicione si adorava una dea delle zucche sotto il nome di Kolokasía Athenāi. Atena era un altro nome della Luna e tutto ciò indicava come la zucca, consacrata alla Grande Madre, andava a simboleggiare: abbondanza, fecondità, prosperità e buona salute.

 

Dopo la scoperta dell’America, come notava Guigoni, giunsero la maggior parte delle varietà di zucche presenti oggigiorno nel mondo. In Mesoamerica le zucche si coltivavano già nel 5000 a.C. e si usavano per la preparazione di minestre e zuppe, i loro semi entravano nella preparazione di salse ridotti in farine o si aggiungevano all’impasto di mais, come avviene ancora in Centro-Sud America. Nella cucina italiana le zucche entrarono a far parte dell’alimentazione in modo sistematico dal Settecento in poi, quando diventarono maggiormente disponibili i semi delle Americhe che producevano frutti più grossi.

 

Le zucche di specie diverse, che si trovavano in varie parti del continente americano, non si incontrarono mai prima dell’epoca preispanica. Per secoli gli ortolani in Europa e in Asia si dedicarono a creare nuove varietà ma non in America.

 

Nella cosmogonia dell’America centrale la zucca ha assunto un ruolo affine a quella dell’uovo cosmico orfico o bramanico, come testimoniano delle leggende. Ciò è riscontrabile anche in altre culture, come quella indiana e indocinese.

 

In Europa la zucca americana, senza ostracismi, fu uno dei primi tra i vegetali del Nuovo Mondo a guadagnarsi quest’onore e a entrare nelle cucine e nelle tavole nobiliari europei.

 

L’acclimatazione in Europa avvenne facilmente, forse per il suo aspetto imponente e maestoso che suscitò fiducia, idoneità per persone elevate e possenti. Inoltre era un frutto costoso e quindi proibitivo per la maggior parte della popolazione, era un bene di lusso, accessibile solo alle classi alte e ricche. Così la zucca entrò subito nei famosi ricettari di Messisburgo, Scappi e Latini. Gradualmente prese posizione sempre maggiore nelle ricette dei grandi cuochi di corte e nei loro piatti.

 

La zucca, per la sua rotondità ed il fascino della dimensione, si prestò anche a forme allusive e sensuali. Così apparve con sempre maggior frequenza nei quadri barocchi che, quasi con scopi propiziatori o apotropaici, richiamavano nel simbolico passaggio degli oggetti un eco al comico o al grottesco suggerendo una relazione tra materia e sessualità.

 

Nell’iconografia tradizionale la zucca poteva essere emblema della Brevità della vita oppure della Felicità breve. Ad esempio Cesare Ripa, nella sua Iconologia, la descrive: «[...] Nelle quali cose la breve e vana Felicità consiste assomigliandosi alla zucca, la quale in brevissimo spatio tempo altissima diventa, in pochissimo tempo poi perde il suo vigore e cade a terra».

 

In Europa la zucca di forma tondeggiante ha da sempre evocato la testa umana. Infatti in italiano si suole dire: “Fa freddo, copriti la zucca”, oppure “Si grattava la zucca”, ed altri. Inoltre ha suggerito anche epiteti come: “Zuccone”, “Zucca vuota”, o la frase “Cos’hai in quella zucca”.

 

Da zucca, nell’accezione di capo, deriva pure la “Zuccata”, un colpo dato con la testa. Anche il modo di dire “Fare alle zucche col muro”, nel senso di ostinarsi a lottare contro difficoltà eccessive o contro persone troppo potenti.

 

La zucca ha ispirato anche simboli ed emblemi negativi perché alla sua bellezza e grossezza non corrisponde un altrettanto valore nutritivo, essendo povera di protidi e lipidi oltre che poco zuccherina ed insipida, così si considera sinonimo di alimento senza sapore. Per questo è pure simbolo dell’Insipida nullità. Infatti si suol dire: “Quella donna è una zucca al vento” oppure “È una cocuzza”, infine “È uno zuccone”, quando ci si riferisce a una persona sciocca e poco intelligente.

Anche nel gergo dei liutai si chiama spesso “zucca” un violino o un altro simile strumento di nessun pregio.

 

Tuttavia la zucca contiene vitamine e numerosi oligoelementi che presentano proprietà benefiche e funzioni curative. Inoltre è un alimento molto digeribile. I semi sono tossici per i vermi piatti come la tenia e per gli ascaridi, mentre sono innocui per l’Uomo. Ad esempio si mangiano abbrustoliti e salati (i cosiddetti “bruscolini o brustolini”). Inoltre è in uso ricavarne un olio, anch’esso benefico.

 

Esiste poi l’esclamazione “Zucche!”, che esprime un diniego vivace e anche risentito, nel senso di “Fossi matto!”, “Neanche per sogno!”.

 

In conclusione quando nella cucina italiana questo vegetale si installò non se ne andò più ma anzi il suo uso si incrementò. Questo anche perché le zucche americane gradualmente si ridussero di prezzo e dunque divennero accessibili pure alle classi meno abbienti. È uno dei prodotti orticoli di maggior versatilità, si presta a ogni trasformazione gastronomica: la si usa sia per piatti salati che dolci.

 

Nella fiaba di Cenerentola la fata madrina trasformò con la sua bacchetta magica una zucca in carrozza. Questo per consentire a Cenerentola di andare al gran ballo. Per Cattabiani, questa fiaba è l’allegoria di una rinascita dagli inferi al cielo, o del passaggio dalla luna nera o cenerina alla luna piena. Questo riflette il simbolismo della zucca e dei suoi semi che fin dall’Antichità si consideravano simboli di resurrezione alla vita.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Aleotti, Attilio Angelo, Le Caravelle dell’abbondanza, Robin Edizioni, Torino 2022.

Cattabiani, Alfredo, Florario, Mondadori editore, Milano 2016.

Cattabiani, Alfredo, Il Lunario, Mondadori editore, Milano 2002.

Centini, Massimo, Simboli. Celti, Red Edizioni, Como 2001.

Pastoureau, Michel, Verde. Storia di un colore, Ponte delle Grazie, Milano 2008.

Guigoni, Alessandra, Antropologia del mangiare e del bere, Edizioni Altravista, Milano 2009.

Went, Fritzs W., Le Piante, Mondadori, Milano 1965. 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]