N. 52 - Aprile 2012
(LXXXIII)
Le vicende dello zolfo in Sicilia
STORIA E RIVALUTAZIONE DI UN MONUMENTO DEL LAVORO
di Ghiselda Pennisi
“Ci
ammazziamo
a
scavarlo
(lo
zolfo),
poi
lo
trasportiamo
giù
alle
marine,
dove
tanti
vapori
inglesi,
americani,
tedeschi,
francesi,
perfino
greci,
stanno
pronti
con
le
stive
aperte
come
tante
bocche
ad
ingoiarselo:
ci
tirano
una
bella
fischiata
e
addio!...E
la
ricchezza
nostra,
intanto,
quella
che
dovrebbe
essere
la
ricchezza
nostra,
se
ne
va
via
così
dalle
vene
delle
nostre
montagne
sventrate,
e
noi
rimaniamo
qui,
come
tanti
ciechi,
come
tanti
allocchi,
con
le
ossa
rotte
dalla
fatica
e le
tasche
vuote.
Unico
guadagno:
le
nostre
campagne
bruciate
dal
fumo”.
(Pirandello,
il
Fumo)
Lo
zolfo
gioca
un
ruolo
molto
importante
nelle
grandi
industrie.
Si
tratta
di
un
elemento
presente
in
natura
allo
stato
solido
di
colore
giallo
ed è
insolubile
in
acqua.
Vasti
giacimenti
di
questo
minerale
sono
stati
rinvenuti
in
Sicilia,
infatti
questa
regione
godette
la
condizione
di
fornitore
primo
(85
%della
produzione)
in
Italia
fino
al
1890.
Lo
zolfo
siculo
era
infatti
conosciuto
fin
dal
II
sec.
ai
tempi
in
cui
erano
attive
alcune
miniere
imperiali
(I
Romani
furono
i
primi
ad
usare
questo
materiale
per
scopi
bellici.).
Nel
medioevo
veniva
sfruttato
dagli
alchimisti
per
la
preparazione
di
alcuni
prodotti,
esso
ha
in
oltre
avuto
vasto
uso
in
campo
medico.
Lo
sfruttamento
delle
miniere
di
zolfo
in
Sicilia
rappresentò
un
momento
importante
(ma
non
proprio
felice)
che
permise
di
risollevare
l’economia
depressa
dell’entroterra
siciliano
della
fine
dell’ottocento
e
degli
inizi
del
novecento.
Lo
sfruttamento
su
base
industriale
delle
miniere
di
zolfo
inizia
intorno
al
1740
anno
in
cui
si
mette
a
punto
un
procedimento,
per
la
produzione
dell’acido
solforico,
composto
chimico
che
serviva
in
una
serie
numerosa
di
utilizzi
industriali.
Non
bastavano
più
quelle
poche
tonnellate
che
venivano
estratte
per
usi
“diretti”
come
in
agricoltura
o
nella
produzione
di
fiammiferi
o
polvere
da
sparo
etc.
Un
ulteriore
incremento
e
sviluppo
dell’estrazione
dello
zolfo
siciliano
si
ebbe
alla
fine
del
XVIII
secolo
e si
può
attribuire
alla
scoperta
di
un
metodo
per
la
produzione
della
soda
artificiale
per
decomposizione
del
sale
comune
mediante
acido
solforico
per
produrre
solfato
di
sodio.
Tutti
conoscono
il
famoso
sapone
di
Marsiglia
ma
pochi
sanno
che
la
città
fu
scelta
per
la
produzione
della
soda
sintetica
per
la
vicinanza
delle
saline,
del
calcare
e di
un
buon
porto
cui
fare
attraccare
le
navi
provenienti
dalla
Sicilia.
Alla
fine
dell’800
in
Sicilia
erano
attive
circa
800
miniere
che
arrivano
ad
occupare
circa
40.000
operai
con
una
produzione
di
oltre
540.000
tonnellate
(
nel
1860
erano
140.000).
La
produzione
durante
i
secoli
comunque
ha
subito
rallentamenti
e
riprese,
come
il
caso
del
calo
e
poi
della
successiva
ripresa
a
causa
della
comparsa
nei
vigneti
di
un
parassita
debellabile
solo
attraverso
l’erogazione
di
zolfo.
Intorno
al
1830
vi
fu
un
rallentamento
dell’industria
estrattiva
dello
zolfo,
dovuta
ad
un’offerta
maggiore
della
domanda
e
dalla
ricerca
di
nuovi
metodi
meno
dispendiosi
di
estrazione
del
materiale.
Nel
1963
venne
creato
l’Ente
Minerario
Siciliano
che
doveva
salvare
le
miniere
di
Sicilia
contro
la
concorrenza
americana.
L’industria
solfifera
fu
definitivamente
chiusa
negli
anni
‘80
del
‘900.
La
Miniera
Floristella
è
sita
in
località
Floristella
nel
comune
di
Enna.
Essa
è
allacciata
con
una
strada
privata
della
lunghezza
di 3
km
alla
rotabile
Valguarnera-
Bivio
Piazza
Armerina-
Enna
e
dista
dalla
città
di
Enna
27
km,
da
Piazza
Armerina
18
km e
da
Valguarnera
6
km.
La
stratificazione
mineralizzata,
che
ha
dato
luogo
alla
coltivazione
costituisce
una
fascia
che
attraversa
nella
parte
mediana
la
concessione
e
che
ha
direzione
N-
E/
S-O,
essa
confina
e
prosegue
a
S-O
nella
concessione
della
miniera
Grottacalda
dalla
quale
è
divisa
da
una
serie
di
faglie
di
cui
le
due
più
importanti,
con
rigetto
di
oltre
1000
m.,
passano
l’
una
per
il
ponte
sul
torrente
Floristella
e l’
altra
al
confine
fra
le
due
concessioni.
Essa
confina,
inoltre,
e
prosegue
a
N-E
nel
gruppo
delle
miniere
Gallizzi
delle
quali,
pur
essendoci
una
continuità
stratigrafica,
è
divisa
da
una
vasta
zona
non
mineralizzata.
Già
dal
1800
la
famiglia
Pennisi,
proprietaria
vicino
Enna
del
feudo
“Floristella”,
coltivato
in
superficie
ad
agrumi,
estraeva
in
maniera
artigianale
modeste
quantità
di
zolfo.
I
fratelli
a
seguito
di
successioni
ereditarie
non
divisero
l’attività
mineraria,
ma
si
costituirono
in
“condominio”.
La
data
di
inizio
dello
sfruttamento
industriale
si
pone
al
1825,
le
coltivazioni
dell’epoca
interessarono
le
parti
alte
costituite
da
serie
di
sinclinali
con
asse
N-E/S-O
tagliate
fra
loro:
la
Pecoraro,
la
Calì,
la
Paino
e la
Pilleri
che
diedero
luogo
alle
sezioni
più
importanti
delle
coltivazioni.
Il
periodo
più
produttivo
la
miniera
lo
raggiunge
tra
il
1860
e il
1870
con
30.000
tonnellate
all’
anno
di
Zolfo
fuso
prodotto.
Dopo
quell’epoca
la
miniera
declinò
per
l’esaurirsi
di
tutta
la
sezione
che
non
aveva
continuazione
né
in
direzione,
perché
fagliate,
né
in
sviluppo
perché
le
anticlinali
successive
alle
sinclinali
coltivate
erano
erose.
Pertanto
la
miniera
Floristella
ridusse
nel
periodo
1870-
1900
costantemente
la
sua
produzione
fin
quasi
a
zero.
In
questo
periodo
furono
eseguite
ulteriori
ricerche
importanti
per
lungo
tempo
dirette
dall’
ingegnere
Mottura,
geologo,
che
non
diedero
i
risultati
sperati.
Alla
fine
di
questo
periodo
fu
scoperta
la
sezione
S.
Agostino
che
venne
messa
subito
in
coltivazione
e
che
costituisce
il
proseguo
della
sezione
Calì.
La
stratificazione
era
raggiunta
dall’
estremo
a
mezzo
di
due
pozzi
e di
due
discendenti.
Il
pozzo
1,
ubicato
al
centro
della
stratificazione
utile
a
tetto
degli
strati,
è
scavato
nell’
argilla
è
rivestito
in
muratura
di
pietra
calcarea
e
malta
idraulica
per
uno
spessore
di m
0,7
di
luce
libera
è di
m. 3
di
diametro.
Esso
costituisce
la
via
d’entrata,
di
estrazione
del
minerale
e di
discesa
degli
operai
nel
sotterraneo.
Il
pozzo
2,
uguale
all’1,
ubicato
all’
estremo
S-O
della
stratificazione
con
inizio
a
q.12
m.
più
alta
del
pozzo
1,
costituisce
la
via
di
riflusso
e di
discesa
dei
materiali
di
ripiena.
Le
due
discenderie
parallele
costituiscono
l’
una
la
via
d’uscita
di
sicurezza
degli
operai
dal
sotterraneo,
la
seconda
il
riflusso
indipendente
della
stessa.
Esse
erano
preziose
in
caso
di
emergenza,
da
una
interruzione
prolungata
di
energia
elettrica
ad
un
accidente
minerario.
Non
fa
parte
dei
beni
dell’
azienda
a
conferire
il
palazzo
dove
ha
sede
per
lungo
periodo
la
direzione
e la
strada
privata
che
allaccia
i
piazzali
della
miniera.
I
fabbricati
di
pertinenza
dell’
azienda
sono
costituiti
dalla
costruzione
sui
piazzali
della
miniera
e
dalle
case
operaie.
Sui
piazzali,
infatti,
si
trovano
due
complessi
di
locali
coperti
facenti
corpo
tra
loro.
Uno
adibito
a
sala
montaggi
e
carbonaia,
l’
altro
adibito
ad
uffici
per
i
sorveglianti
e ad
abitazione
degli
stessi,
comprende
ancora
la
falegnameria
e la
carpenteria.
Le
case
degli
operai
sono
costruite
in
muratura
in
pietra
calcarea
e
malta
di
cemento,
copertura
con
capriate
di
legno.
Per
quanto
riguarda
i
trasporti,
all’
esterno
venivano
eseguiti
con
vagonetti
a
carello
deccuville
(Ferrovia
a
scartamento
ridotto
( da
0,40
a
0,60
m).
Le
rotaie
veniveno
chiotate
a
traverse
metalliche
e la
linea
risultava
facilmente
smontabile
e
trasportabile
per
tronchi
rettilinei
o
curvi.
)e
parte
con
moto-furgoni
e
moto-traini,
per
cui
esisteva
una
rete
di
strade
ferrate
di
mm
50
di
scartamento
dal
pozzo
e
che
andava
dov’era
la
stazione
di
partenza
agli
impianti
di
trattamento
e
delle
discariche
per
un
complesso
circa
di 3
km.
Con
il
decreto
legge
del
10
aprile
del
1936,
dall’
allora
“MINISTERO
DELLE
CORPORAZIONI”
venne
concessa,
ai
sensi
degli
articoli
54 e
60
del
regio
decreto
del
29
luglio
1927
n°
1443,
ai
condomini
della
miniera
di
zolfo,
denominata,
“Floristella”,
la
facoltà
di
coltivare
in
perpetuo
la
miniera
e,
pertanto,
ai
sensi
del
successivo
articolo
81
della
stessa
legge,
questi
erano
tenuti
alla
costituzione
di
una
società.
Nello
stesso
decreto
veniva
inoltre
precisato
che
l’area
della
concessione
risultava
estesa
425,73
ettari.
L’ 1
ottobre
1956
sopraggiunse
la
legge
regionale
siciliana
che
decretava
la
disciplina
della
ricerca
e
coltivazione
delle
sostanze
minerali
nella
regione.
Questa
apportò
un
limite
temporale
alle
concessioni
anteriormente
accordate
in
perpetuo,
disponendo
con
l’articolo
n°
80
che
i
titolari
della
predetta
concessione,
che
risultassero
in
regolare
esercizio,
potevano
ottenere
la
conferma
per
la
durata
di
trent’anni,
prescrivendo
inoltre
che
se
essa
fosse
comune
a
più
titolari,
questi
dovessero
costituirsi
in
società.
I
condomini
della
miniera
Floristella
chiesero
la
conferma
della
concessione
e si
costituirono
in
società
con
l’
atto
dell’
1
novembre
1957
in
Acireale
con
il
nome
di
“Zolfi
Floristella
s.p.a.”.
L’esercizio
sociale
avrà
luogo
dall’
1
Gennaio
al
31
Dicembre
di
ogni
anno
a
partire
del
1958.
La
società
aveva
per
oggetto
l’
impianto
e la
gestione,
nella
Regione
Siciliana,
di
aziende
minerarie
Zolfifere,
tecnicamente
organizzate
per
la
ricerca,
l’
estrazione,
la
lavorazione
e l’
ultimazione
del
minerale
zolfifero
e
più
in
particolare
la
gestione
della
miniera
Floristella,
della
quale
la
società
rimane
concessionaria
ai
sensi
dell’articolo
80
della
legge
regionale
81
dell’
1
Ottobre
1956
n°54.
Essa
può
comparire
anche
in
tutte
le
operazioni
commerciali,
industriali
e
finanziare,
mobiliari
ed
immobiliari,
ritenute
dagli
amministratori
necessarie
e
utili
per
il
conseguimento
dell’
oggetto
sociale.
Con
un
decreto
del
1967,
l’allora
presidente
della
Regione
Siciliana
disponeva
la
revoca
della
concessione
per
gravi
motivi
di
interesse
pubblico
consistente
nella
“esigenza
di
attuare
in
forma
globale
il
processo
di
verticalizzazione
delle
miniere
di
zolfo”
e
nel
fatto
che
la
miniera
Floristella
costituiva
“un’
aliquota
indispensabile
per
assicurare
nel
tempo
la
produzione
globale
atta
a
rifornire
le
industrie
chimiche
del
processo
di
verticalizzazione”.
Così
l’
Assessorato
per
l’Industria
ed
il
Commercio
della
Regione
Siciliana
invitò
il
distretto
minerario
di
Caltanissetta
a
prendere
in
consegna
la
miniera
e le
sue
pertinenze
per
conto
e
nell’interesse
dell’
amministrazione
regionale
ai
sensi
del
combinato
disposto
degli
articoli
42 e
52
della
legge
regionale
mineraria.
La
consegna
avvenne
il
17
ottobre
1967
e fu
così
che
si
spensero
i
riflettori
su
questa
miniera.
Stessa
sorte
subirono
tutte
le
altre
per
entrare
a
far
parte
di
un
settore
che
adesso
definiamo
archeologia
industriale.
La
miniera
di
Floristella
conserva,
meglio
di
tante
altre
miniere,
i
tratti
salienti
del
paesaggio
tipico
delle
zolfare.
Esistono
ancora
quasi
intatte
le
gallerie,
le
calcarelle,
i
forni,
i
pozzi,i
castelletti
e i
calcaroni.
Il
paesaggio
è
dominato
dall’imponente
palazzo
“Pennisi”,
costruito
nei
primi
anni
dell’800
e
residenza
estiva
della
famiglia
del
barone
acese.
In
seguito
il
palazzo
divenne
la
sede
degli
uffici
amministrativi
della
miniera,
per
divenire
infine
uno
dei
tanti
ruderi
sventrati,
che
dovrebbero
essere
testimoni
dello
sviluppo
dell’
uomo
e
dell’evoluzione
civile.
“Eredità
storiche
che
riempiono
il
paesaggio”(Turri).
“Si
mosse
sotto
il
carico
enorme,
che
richiedeva
anche
uno
sforzo
d’equilibrio.
Si,
ecco,
si,
poteva
muoversi,
almeno
finché
andava
in
piano.
Ma
come
sollevar
quel
peso,
quando
sarebbe
cominciata
la
salita?”
Questo
monumento
della
fatica
e
del
lavoro
dell’
uomo
è
rimasto
abbandonato
fino
a
quando,
nel
1991,
fortunatamente,
forse,
è
stato
costituito
il
parco
minerario
di
Floristella-
Grottacalda
che
si
sarebbe
dovuto
occupare
parzialmente
del
recupero
di
questa
area
che
doveva
costituire
un’
itinerario
turistico.
Il
progetto
di
valorizzazione
dovrebbe
prevedere
a
visita
guidata
alle
“discenderie”
e i
“calcheroni”
della
vecchia
miniera,
ai
castelletti
dei
pozzi
di
Grottacalda
e
Floristella,
e
ai
forni
“Gill”
di
quest’ultima,
ancora
in
buone
condizioni,
e
testimoni
tangibili
di
epoca
e di
un
sistema
di
produzione
ormai
abbandonato.
Il
percorso
della
miniera
dovrebbe
fare
perno
intorno
a
Palazzo
Pennisi,
un
vero
e
proprio
capolavoro
di
architettura
patrizia
ottocentesca,
ancora
da
ristrutturare.
Il
palazzo,
a
mio
avviso,
si
presterebbe
bene
alla
realizzazione
di
un
polo
museale,
di
un
centro
di
accoglienza
per
i
turisti,previsto,
perché
no,
di
foresteria
e di
tutti
quei
servizi
che
renderebbero
ancora
più
piacevole
la
permanenza
in
questo
luogo
della
memoria.
Andrebbe
collegato
inoltre
al
parco
letterario
di
Pirandello,
perché
è
anche
luogo
di
emozioni
letterarie.
Infatti,
l’Ente
Parco
dovrebbe
avviare
tutta
una
serie
di
iniziative
mirate
al
recupero
e
alla
fruizione
di
alcune
“discenderie”,
alla
valorizzazione
di
tutta
l’area,
al
restauro
del
Palazzo,
al
ripristino
della
tratta
ferroviaria
a
scartamento
ridotto
Floristella
-
Grottacalda,
alla
costruzione
di
una
“Casa
Natura”,
alla
riscoperta
della
sorgente
sulfurea
di
Floristella
e di
quella
“calda”
di
Grottacalda.
L’
aspetto
a
cui
si
mira
è
quello
della
realizzazione
di
un
vero
e
proprio
polo
culturale
e
turistico
intorno
ad
una
delle
zolfatare
più
grandi
della
Sicilia.
L’obiettivo
è di
creare
un
sistema
museale
all’aperto,
ricco
e
complesso
per
iniziative
ed
attività.
Sarà
possibile
quindi
un
giorno
(non
lontano,
auspichiamo),
fare
un’esperienza
culturale
per
toccare
con
mano
tutti
i
segni
“d’u
veru
nfernu”
della
solfara
siciliana,
lì
dove
operavano
“i
dannati
del
sottosuolo”
che
hanno
ispirato
tante
pagine
della
nostra
letteratura.
Intanto
l’edificio
tace
e
attende
di
rivivere
per
raccontarci
la
storia
di
un
evoluzione
e i
sentimenti
di
tanti
uomini
per
trasformare
quella
che
una
volta
“era
una
sinfonia
di
suoni
cupi,
quasi
un
dipinto
futurista
dalle
sfumature
e
dalle
esalazioni
infernali
e
maleodoranti” (C.
La
Bella,
il
paesaggio
dell’
archeologia
industriale.
Itinerari
dello
zolfo.in
Nunzio
Famoso,
Mosaico
Sicilia)
in
qualcosa
di
nuovo
che
proietti
nel
futuro
ma
non
dimentichi
il
passato.