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N. 42 - Giugno 2011 (LXXIII)

La Russia dello zar Nicola II

tra guerra e rivoluzione
di Giuseppe Cursio

 

La penetrazione commerciale della Russia in Manciuria sul finire dell’Ottocento fu ostacolata dal progetto coloniale giapponese che ebbe tra le sue priorità l’annessione della Penisola di Corea destinata a essere al centro dei suoi interessi economici e geo-strategici in Asia Orientale. Per l’imperatore Meiji (1867-1912), inoltre, i possedimenti oltremare erano il simbolo della crescente potenza militare del Paese del Sol Levante.

 

La realizzazione della tratta ferroviaria Harbin-Port Arthur quale prolungamento nella Penisola del Liaodong della Transiberiana (i lavori erano iniziati nel 1891) avrebbe permesso alla Russia di assicurarsi le risorse del sottosuolo della Manciuria oltre a garantirle un secondo sbocco al mare (Mar Giallo) dopo quello di Vladivostok (Oceano Pacifico).

 

D’altra parte, il Giappone fece subito capire quali erano le sue intenzioni riguardo alla Corea sconfiggendo la Cina nella guerra del 1894-5. La stipulazione del trattato di Shimonoseki (17 aprile del 1895), consentì al Giappone di ottenere, peraltro, una cospicua indennità di guerra e la cessione dell’isola di Taiwan (Formosa) con le Pescadores.

 

Dal canto suo, la Russia, che ambiva ad avere una sua sfera d’influenza nel Nord-Est asiatico, adottò una politica estera più assertiva. Tuttavia, il governo di San Pietroburgo nel tentativo di promuovere in questo modo lo sviluppo economico del Paese si imbatté nelle mire espansionistiche del Giappone che nell’ultima decade del XIX aveva avviato un rapido programma di riarmo su vasta scala.

 

Così, all’inizio del XX secolo l’ostilità tra i due Paesi aveva raggiunto il suo apice. Mentre l’influenza politico-economica sulla Corea del Giappone era notevolmente aumentata, la Russia aveva consolidato la sua posizione nella vicina Manciuria.

 

La concessione dell’imperatore coreano Kojong (1863-1907) a favore di un privato, di nome A. M. Bezobrazov, per tagliare il legname sulle rive dello Yalu e del Tumen, mise in allarme il Giappone che propose al governo di San Pietroburgo un accordo che riconosceva la predominanza degli interessi economici russi in Manciuria in cambio del suo controllo de facto della Corea; e all’inizio del 1904 il Giappone esercitò pressioni sul governo russo per avere una risposta immediata che, però, non ci fu. Pertanto, il 26 gennaio attaccò le basi navali russe di Port Arthur e Chemulpo.

 

La guerra russo-giapponese del 1904-5 fu più sanguinosa del precedente conflitto sino-giapponese. Circa 200.000 giapponesi e 300.000 russi persero la vita o rimasero feriti nei combattimenti che ebbero luogo in Manciuria. Le truppe giapponesi guidate dal generale Nogi Maresuke (1849-1912) avrebbero avuto la meglio sulle forze russe. Esse erano meglio equipaggiate e i servizi informativi molto più efficaci di quelli russi.

 

Dal momento dell’attacco del 26 gennaio 1904, la Russia avrebbe subito una sconfitta dietro l’altra, sia in mare che su terra ferma. Dapprima nel gennaio del 1905 conquistarono dopo sette mesi d’assedio la roccaforte russa a presidio di Port Arthur, poi costrinsero alla resa le forze russe di stanza nella città di Mukden, situata nella Manciuria centrale. Il Giappone, inoltre, ottenne una memorabile vittoria nella battaglia navale in prossimità dell’isola di Tsushima (maggio 1905). La flotta giapponese agli ordini dell’ammiraglio Togo Heihachiro (1848-1934) intercettò e distrusse, infatti, le navi russe giunte in soccorso.

 

Il presidente americano Theodore Roosevelt (1901-1909) si propose come mediatore nei negoziati di pace fra Russia e Giappone (ciò gli valse l’assegnazione del Premio Nobel per la Pace nel 1906). Con il trattato di Portsmouth (New Hamshire) del 5 settembre 1905 la Russia cedette le Sakhalin meridionali e Port Arthur, insieme al territorio circostante costituito dalla Penisola del Liaodong, al Giappone. Mentre la Corea divenne un protettorato giapponese (sarebbe stata annessa formalmente nel 1910). Le due potenze riconobbero, inoltre, la sovranità sulla Manciuria della Cina.

 

Il successo del Paese del Sol Levante fu duplice: la dura lezione impartita sul piano militare alla Russia e il riconoscimento internazionale della sua sfera d’influenza nel Nord-Est asiatico.

 

Il governo dello zar Nicola II (1894-1917) aveva erroneamente sottovalutato le capacità militari del Giappone così come l’abilità e il coraggio delle sue truppe. L’opinione pubblica in Russia cominciò a insorgere. Molti cittadini russi non solo contestavano l’opportunità della guerra, ma mettevano persino in discussione la legittimità dell’intero sistema politico. In effetti, i primi fermenti rivoluzionari si registrarono in Russia nel 1905 che fu per lo zar Nicola II un anno tragico per la sconfitta nella guerra con il Giappone e a causa di una serie di rivolte interne che misero in pericolo la longevità del suo regime dispotico.

 

A San Pietroburgo, a un anno esatto dall’attacco giapponese a Port Arthur e Chemulpo, in una domenica di gennaio del 1905, ribattezzata come la domenica di sangue, un grande corteo di lavoratori guidato dal prete Georgy Apollonovich Gapon si diresse verso il Palazzo d’Inverno, residenza dello zar, per manifestare pacificamente il proprio dissenso politico: le truppe intervennero e uccisero molte centinaia di dimostranti.

 

Nel giugno successivo, poi, un altro avvenimento colpì l’opinione pubblica: l’ammutinamento dell’equipaggio dell’incrociatore Potëmkin. Infine a esso seguì una catena di scioperi che nell’ottobre dello stesso anno avrebbe coinvolto anche i ferrovieri.

 

Ma conclusa la pace con il Giappone e rientrate le truppe dal fronte, la corona e il governo passarono risolutamente alla controffensiva facendo arrestare quasi tutti i membri dei soviet (termine russo che significa «consigli», cioè rappresentanze popolari elette sui luoghi di lavoro) costituitisi a San Pietroburgo e schiacciando con durezza le rivolte scoppiate in seguito nella capitale e a Mosca.

 

La sconfitta nella guerra con il Giappone aveva fatto dunque esplodere le contraddizioni della società russa, che era rimasta immobile sotto il piano politico di fronte alle rivendicazioni della società civile (maggiori libertà politiche e interventi atti ad alleviare il disagio delle classi popolari) trasformata dallo sviluppo industriale per la nascita della borghesia imprenditoriale e lo sviluppo di consistenti nuclei di classe operaia, limitatamente alle zone industriali del Paese (San Pietroburgo, Mosca, gli Urali, la regione petrolifera di Baku sul Mar Caspio).

 

E allo zar Nicola II non restò che concedere l’istituzione di un Parlamento (Duma) o assemblea rappresentativa che avrebbe dovuto promuovere le riforme. Essa, in realtà, risultò un ostacolo troppo pericoloso sulla via della restaurazione assolutista e fu sciolta dopo poche settimane.

 

Identica sorte toccò a una seconda Duma eletta nel febbraio del 1907 e rivelatasi meno governabile della prima per la presenza di esponenti politici appartenenti al Partito Socialista Rivoluzionario nato nel 1900 dalla confluenza di gruppi anarchici e populisti. Per disporre di un’assemblea più docile, il governo modificò in senso classista la legge elettorale (il voto di un grande proprietario contava cinquecento volte quello di un operaio).

 

Gli strascichi della rivoluzione del 1905, le cui agitazioni si erano intensificate man mano che giungevano le notizie sull’esito catastrofico della guerra con il Giappone, potevano considerarsi liquidati e la Russia rimaneva un regime assolutistico. Sebbene solo per poco. Una nuova rivoluzione, scoppiata nel marzo del 1917, avrebbe infatti posto fine al regime autocratico dello zar Nicola II.

 

Tra le cause del fallimento della trasformazione in senso liberal-democratico delle istituzioni dell’ancien régime in Russia nel corso della rivoluzione del 1905 vi è certamente l’assenza di un fronte comune tra i cadetti (costituzionali-democratici) e i socialisti rivoluzionari contrari a qualsiasi forma di collaborazione con la monarchia zarista che impedì l’esercizio di una pressione simultanea più efficace sul governo autoritario dello zar Nicola II. Mentre la sconfitta militare russa nella guerra del 1904-5 fu dovuta alla evidente superiorità militare del Giappone.



 

 

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